Asia

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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Per il medoto di ricerca ed analisi adottato

Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

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mercoledì 26 marzo 2014

Nucleare: summit 2014

Vertice nucleare all'Aja
Il turno dell’Europa per la sicurezza nucleare
Carlo Trezza
23/03/2014
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Nel quadro dei risultati complessivamente deludenti del disarmo nucleare, vi è un settore, quello della sicurezza nucleare, in cui vi è un interesse da tutti condiviso a fare dei passi in avanti. La sicurezza nucleare è questione diversa dalla"safety", cioè dalla sicurezza fisica delle centrali nucleari volta ad evitare incidenti (in inglese "accidents") come quelli di Černobil o Fukushima.

Nel caso della sicurezza si tratta di prevenire "incidents" ossia atti di violenza, furti, traffici clandestini provocati dall'uomo, in primis da parte di gruppi terroristici. Dopo la strage delle torri gemelle, il terrore che tali gruppi si potessero impossessare di armi di distruzione di massa èsalito alle stelle. Se episodi di vero e proprio terrorismo nucleare non si sono sinora verificati, lo si deve in buona parte alla rigorosa, spesso poco conosciuta e riconosciuta, azione preventiva della comunità internazionale.

Riduzione armamenti nucleari e non proliferazione
Gli strumenti a disposizione sarebbero essenzialmente tre. Anzitutto la riduzione del numero degli armamenti nucleari. Meno armi vi sono e meno rischio vi è di incidenti o furti. Dalla fine della guerra fredda, il numero di testate atomiche si è ridotto di due terzi, ma i paesi possessori dell'arma atomica rimangono restii a privarsi di tale strumento bellico.

Vi è poi la non proliferazione che mira a non far crescere il numero di paesi in possesso dell'arma nucleare. In questo caso sono i paesi non possessori a fare resistenza. Ad esempio non desiderano rinunciare all'arricchimento dell'uranio (vedi il caso dell'Iran) che serve per scopi energetici, ma anche a fini bellici.

Obama a Praga
Meno controverso è il ricorso a misure volte a rafforzare la sicurezza nucleare. L’inserimento della sicurezza nucleare ai primi posti dell'ambizioso programma di controllo degli armamenti enunciato dal presidente Barack Obama al Castello dei Praga nel 2009 fu una buona idea.

L'idea statunitense fu quella di portare all'attenzione dei i massimi dirigenti mondiali una materia sinora appannaggio di ermetici “iniziati”. Si trattava anzitutto di applicare nei fatti e non solo a parole le norme esistenti sulla soppressione del terrorismo nucleare e di contrastare fenomeni quali i traffici clandestini e l'impiego ingiustificato di materiale pericoloso, di favorire una cultura della sicurezza nucleare ed il recupero, messa in sicurezza e conversione del materiale fissile disseminato nel mondo.

Un primo vertice si tenne a Washington nel 2010. I leader di 43 paesi approvarono un “Piano di lavoro” divenuto il principale termine di riferimento cui si ispira questa iniziativa. Nel secondo incontro a Seoul nel 2102 si pose l’accento sulla necessità di minimizzare anzitutto l’uso dell’uranio altamente arricchito.

Iran e Corea del Nord assenti all’Aja
È ora venuto il turno dell'Europa. Il prossimo vertice si terrà all'Aja il 24 e 25 marzo. ll numero dei partecipanti crescerà: dai 43 di Washington si arriverà a 58. La composizione rimarrà eterogenea: potenze nucleari riconosciute dal Trattato di non proliferazione (Tnp) siederanno a fianco di stati cui il Tnp non riconosce lo status nucleare (India ,Pakistan, Israele). Paesi schierati in alleanze nucleari si affiancheranno a membri del movimento dei non allineati.

Mancherà all'appello, pur avendo capacità nucleari belliche, la Corea del Nord. Nonostante l'avvio delle trattative nucleari con l'Iran, Teheran non è stata invitata neppure questa volta. La presidenza olandese, paese che ospita il principale impianto di arricchimento dell'uranio in Europa, intende focalizzare l'attenzione sul problema del plutonio.

Debutto di Renzi al vertice sul nucleare 
Pur avendo voltato le spalle al nucleare civile, l'Italia ha sempre partecipato a questi incontri. Le sue capacità scientifico-tecnologiche e il fatto che sia paese di schieramento Nato, la rendono un interlocutore significativo. Si tratterà del primo vertice nucleare cui parteciperà il nostro nuovo Presidente del Consiglio. Sarà affiancato dalla titolare della Farnesina, Federica Mogherini, che sui temi nucleari ha padronanza ed esperienza a livello internazionale e i cui collaboratori lavorano da tempo alla preparazione del vertice.

È inevitabile che in incontri di questo genere si parli anche dei maggiori temi scottanti. A Seoul si parlò molto di Corea del Nord, all'Aja non si potrà non parlare di Ucraina la quale è tra i membri del club. Un incontro G7 sull'Ucraina si terrà ai margini del vertice.

Il prossimo appuntamento sulla sicurezza nucleare è previsto a Washington nel 2016. Con ogni probabilità, quest’ultimo chiuderà il cerchio di questi vertici che hanno il merito di aver portato periodicamente all'attenzione delle massime istanze e dell'opinione pubblica problemi di grande portata e di aver trovato alcune soluzioni.

Attuale Presidente del Missile Technology Control Regime (MTCR) l'Ambasciatore Carlo Trezza è stato Rappresentante Permanente per il Disarmo e la Non Proliferazione a Ginevra e Ambasciatore d'Italia a Seoul.
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lunedì 17 marzo 2014

Taiwan: incontro tra le due Cine


cina taiwan

L’11 febbraio si è tenuto a Nanjing, capoluogo della provincia cinese di Jiangsu, l’incontro tra il Ministro taiwanese per gli Affari Continentali, Wang Yu-chi, e il vice Ministro degli Esteri cinese, Zhang Zhijun, al termine del quale è stato istituito il primo dialogo inter-governativo ufficiale tra i due Paesi dalla fine della guerra civile del 1949. Tale storico avvenimento rappresenta il culmine di un lento e graduale processo di avvicinamento e normalizzazione delle reciproche relazioni iniziato nel 2008, anno dell’elezione del Presidente taiwanese Ma Ying-jeou, la cui agenda politica internazionale non era fortemente incentrata sull’ottenimento dell’indipendenza da Pechino. Appare importante sottolineare come, fino ad ora, i rappresentanti dei due Paesi hanno avuto contatti solo attraverso organizzazioni non ufficiali o rappresentanti diplomatici in pensione: il governo di Pechino ha infatti evitato qualsiasi azione che avrebb! e implicato il riconoscimento, anche implicito, della sovranità di Taiwan. I colloqui hanno gettato le basi per l’ipotetica costituzione di reciproche e vicendevoli rappresentanze politiche, secondo forme e modalità non ancora illustrate. Inoltre, l’incontro ha ribadito l’importanza dell’interscambio commerciale, aprendo alla possibilità di un suo futuro rafforzamento. Appare evidente quali siano i benefici che Pechino e Taiwan potrebbero trarre da una normalizzazione delle relazioni: Taiwan, grazie ai flussi di capitale cinese migliorerebbe la propria performance economica, mentre la Cina potrebbe eventualmente usufruire di una posizione taiwanese più morbida nel contesto delle rivendicazioni marittime del Mar Cinese Meridionale e Orientale.

Fonte CESI.

giovedì 13 marzo 2014

Corea del Sud: programma di acquisto di 40aerei F 35A


corea del sud 60
La Corea del Sud ha in programma di finalizzare l'acquisto di 40 F-35A entro la fine del 2014, stando a quanto riferito dalla Defense Acquisition Program Administration del governo di Seoul.
La notizia giunge alla fine di un percorso che, inizialmente, aveva visto le autorità sudcoreane selezionare, per una commessa del valore di 7,7 miliardi di dollari, 60 Boeing F15SE, destinati a sostituire gli ormai vetusti F-4 e F-5 dell'Aeronautica. L'esito della gara, però, era stato successivamente messo in discussione, poiché i cacciabombardieri di Boeing, sebbene fossero gli unici a soddisfare i criteri economici fissati dal bando di gara e costituissero un upgrade semi-stealth del modello originale, mancavano di quelle caratteristiche full-stealth ritenute fondamentali dai vertici delle Forze Armate. Il bando era quindi stato riaperto e opportunamente modificato nei requisiti tecnici ed economici, in modo da agevolare la selezione del Lightning II di Lockheed Martin.
Il ripensamento è stato giustificato sia alla luce dei probabili scenari operativi, laddove ad esempio diventi necessario penetrare in profondità lo spazio aereo nordcoreano, sia in virtù del fatto che Cina e Giappone si stanno dotando di aerei stealth.
Gli F-35A dovrebbero entrare in servizio tra il 2018 e il 2022 ed è prevista un’opzione per altri 20 velivoli, per i quali, almeno formalmente, rimangono in lizza sia il Silent Eagle che l'Eurofighter Typhoon. Non si può escludere, però, che l'opzione venga esercitata per l'acquisto dell'F-35B, a decollo corto e ad atterraggio verticale, la stessa di cui disporrà l'Italia per l’impiego sulla portaerei Cavour. Il programma navale sudcoreano, infatti, prevede la costruzione di due portaerei di stazza simile alla Cavour, di circa 30 mila tonnellate, pensate appunto per imbarcare elicotteri e cacciabombardieri STOVL.

mercoledì 12 marzo 2014

Pakistan: aperture alla insorgenza talebana

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Mercoledì 5 marzo, il governo pachistano ha ripreso i negoziati con Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP), nella città nordoccidentale di Akora Khattak, nella provincia di Khyber-Pakhtunkhwa. I colloqui tra i Talebani Pakistani e Islamabad, iniziati ufficialmente lo scorso 7 febbraio, erano stati sospesi la scorsa settimana in seguito alla rivendicazione, da parte del gruppo, dell’esecuzione di 23 Rangers pakistani lo scorso 16 febbraio. L’incontro è avvenuto nelle ore successive all’annuncio, da parte del portavoce del TTP Shahidullah Shahid, della disponibilità di sospendere ogni ostilità per un mese.
Nonostante la riapertura del tavolo negoziale, la politica di distensione nei confronti dell’insorgenza talebana, promossa dal Primo Ministro Nawaz Sharif, non sembra al momento produrre i risultati sperati. Nei giorni successivi alla dichiarazione del cessate il fuoco, infatti, un attentato contro una corte ad Islamabad e un’esplo! sione contro un convoglio di militari nel distretto di Hangu, nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa, hanno causato la morte di circa 17 persone, tra cui sei militari. I due episodi sono stati rivendicati, rispettivamente, da Ahrar ul-Hind, gruppo di recente formazione apparentemente indipendente dal network talebano pakistano, e dal gruppo Ansar ul-Mujahideen, affiliato al TTP. L’eterogeneità del panorama insurrezionale talebano e il perdurare degli scontri tra miliziani e Forze Armate rappresentano il principale ostacolo alla politica di dialogo promossa da Sharif. L’Esercito, infatti, che nelle settimane passate aveva iniziato una campagna aerea contro alcuni rifugi dei militanti nei territori nordoccidentali delle Agenzie Tribali, ha sempre espresso il proprio scetticismo sull’efficacia della soluzione diplomatica per contrastare la minaccia dell’insorgenza nel Paese.

Cina: attentato a Kunming

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Un gruppo di 8 uomini armati di coltelli ha attaccato, sabato 1 marzo, una stazione della metro a Kunming, nella provincia meridionale cinese dello Yunnan, provocando 29 morti, tra cui 4 assalitori e circa 140 feriti. Tra i fermati nelle ore successive alle violenze, c’è anche il capo della banda, Abdurehim Kurban, membro alla comunità locale degli Uiguri, la minoranza musulmana presente nella regione occidentale del Xinjiang. L’attacco, benché non rivendicato, rischia di peggiorare i rapporti tra minoranza uigura e maggioranza han, già molto tesi a causa dell’insorgenza dei primi nella regione occidentale dello Xinjiang. Frequenti, infatti, sono stati i casi di violenze attribuiti alla minoranza turcofona, che da anni lotta per istituire lo Stato indipendente del Turkestan Orientale nel Xinjiang. Ad esempio, lo scorso novembre, le autorità cinesi hanno attribuito al Movimento Islamico per il Turkestan Orientale, afferente alla minora! nza, l’attentato a Piazza Tianmen che ha causato la morte di cinque persone. Il secessionismo della comunità uigura rappresenta un fattore critico per la sicurezza del Paese, come testimoniato dai frequenti attacchi che i gruppi estremisti hanno sferrato contro le forze di polizia cinesi e la popolazione civile di etnia han.

China.

The annual session of China's National People's Congress, the closest it has to a legislature, opened this week. The announcement that the GDP growth target for 2014 will be "about 7.5%" was keenly awaited, and comes in at the top end of what we think is sustainable. The government is rightly keen to rein in credit growth, amid worries about bad loans, local government debt and a possible housing bubble, but doing that will put the brakes on growth. This target sets up a tough choice for 2014: miss the target or stop cleaning up the financial system. Given the importance of the latter, we expect the government to have to accept a lower growth rate. We are currently forecasting 7.2% growth, but we will nudge this up to 7.3%, because the Chinese Communist Party has a good track record of not being too far off target, at least as far as the official statistics go. While growth in China is slowing, even if the target is met, it is worth remembering that it still has one of the fastest growth rates in the world: quite an achievement for an economy of its size.
How does the changing nature of Chinese growth impact on you? Please let me know at simonjbaptist@eiu.com or via Twitter at @Baptist_Simon.
Best regards,

Simon Baptist
Chief Economist and Asia Regional Director

China: Premier sets a goal of 7.5% growth in 2014


Event
Speaking at the annual session of the National People's Congress (NPC, China's legislature), the premier, Li Keqiang, declared that the government target for economic growth in 2014 would be "about 7.5%".
Analysis
The official GDP growth target sets the scene for a difficult choice between a politically embarrassing failure to meet the goal or an economically risky strategy of allowing credit to continue to expand at an unsustainably fast pace. Economic growth in the last quarter of 2013 averaged 7.7% and there are signs that it has slowed significantly in the months since then. The Economist Intelligence Unit had already expected that the government would be forced to introduce another mini-stimulus in the second half of this year in order to prevent GDP growth falling to unacceptable levels, but we had assumed that growth would still ease to an average of 7.2% across the year as a whole.
Sustaining an average economic growth rate close to 7.5% would require the government effectively to suspend its efforts to rein in credit growth and borrowing by local authorities. While this remains a possibility, we believe that it is more likely that the government will instead break with precedent by allowing GDP growth to fall moderately below its target.
The Ministry of Finance also presented the government's budget at the NPC session, forecasting an 8% increase in revenue and a 9.5% rise in expenditure over 2013 levels. It was notable that officials plan to lift defence spending by 12.2%. Double-digit growth in defence expenditure has been the norm for many years; since 1989 growth has fallen to single digits in only one year, 2007. However, if actual spending follows the plans laid out in the budget 2014 would mark the first year since 2006 that defence expenditure rose faster than total public spending. Nonetheless, China's budget goals tend to be flexible, and the breakdown of spending and income by categories is hazy, so the figures should only be taken as a broad-brush indication of fiscal plans.
Impact on the forecast
We expect to raise our GDP growth forecast for 2014 from 7.2% to 7.3% in recognition that the mini-stimulus is likely to come earlier in the year than we had previously anticipated. We also expect to lower our forecasts for public spending and revenue growth slightly from their current levels of 10.8% and 10.7%, respectively.

giovedì 6 marzo 2014

Afganistan: alla vigilia di grandi eventi

Afghanistan 
Tutti pronti per il risiko su Kabul
Eleonora Ardemagni
04/03/2014
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La fine della missione Nato apre nuovi spazi di confronto geopolitico tra le potenze regionali in Afghanistan. In attesa di scoprire se Kabul, dopo le elezioni presidenziali previste per il 5 aprile, saprà riappropriarsi di una politica estera autonoma, lo snodo afghano è oggetto delle attenzioni del Golfo e dell’asse russo-cinese.

L’Arabia Saudita (tramite il Pakistan) e l’Iran cercano di condizionare gli assetti etno-confessionali del futuro governo, mentre Russia e Cina tentano - in seno alla Shanghai Cooperation Organization (Sco) - di arginare l’islamismo militante e la criminalità transnazionale. A sorpresa, il dossier Afghanistan potrebbe diventare, per Washington e Teheran, un terreno di riavvicinamento politico.

Arabia-Pakistan vs Iran
Riyadh ha due obiettivi: la nascita di un governo afghano ancorato all’Islam sunnita (e all’etnia pashtun) e il contenimento dell’influenza iraniana nel paese. I forti legami economici fra il regno degli Al-Sa‘ud e i servizi di intelligence militare del Pakistan forniscono ai sauditi un canale di accesso privilegiato all’arena politica di Kabul. È stata proprio la “saudizzazione” dell’Islam pakistano - iniziata negli anni settanta - ad accentuare l’estremismo religioso nell’area Af-Pak, fino a generare il movimento dei talebani.

Per l’Iran, influenzare l’Afghanistan significa poter giocare un’ulteriore carta al tavolo della comunità internazionale, rimarcando quanto la risoluzione dei conflitti regionali passi per Teheran.

Inoltre, la repubblica islamica teme, lungo il suo confine, la proliferazione di narcotraffico, jihadismo e conflitti tribali per l’acqua. Oltre che sulla crescente interdipendenza commerciale, gli iraniani possono fare leva sui legami religiosi e linguistico-culturali con le due minoranze afghane, gli hazara (sciiti, forse di discendenza mongola) e i tagiki, in prevalenza sunniti che parlano un dialetto persiano, il dari; non è casuale che l’Iran spinga affinché il governo di Kabul sia rappresentativo delle diversità etno-confessionali.

Russia e Cina
Vi sono almeno tre ragioni per cui Russia e Cina perseguono una politica assertiva sull’Afghanistan. Esse condividono, nella macroregione euroasiatica, la lotta all’Islam militante e alle pulsioni separatiste, due fattori-minaccia che si intrecciano in Nord Caucaso e nella regione dello Xinjiang (dove vivono gli uiguri, i musulmani cinesi turcofoni). In più, il territorio afghano rappresenta il naturale viatico verso le coste commerciali del mar Arabico; da qui, si prosegue per l’Africa orientale, dove la Cina investe in materie prime.

La Sco - organismo multilaterale che comprende Russia, Cina e repubbliche centroasiatiche - ha attivato un “gruppo di contatto” sull’Afghanistan. Nel 2012, Kabul è divenuta membro osservatore della Sco (dopo Pakistan, India e Iran).

La sicurezza delle frontiere e il contrasto alla criminalità sono al centro di questo esperimento di regionalismo che ora si propone però di intervenire nella riconciliazione afghana: dopo il dialogo Af-Pak-Cina del dicembre scorso, sarà Shanghai a ospitare il prossimo incontro dell’Istanbul Process, inaugurato in Turchia tre anni fa come occasione di confidence-building tra le comunità dell’Afghanistan.

Alleanze multiple di Teheran
Sull’Afghanistan, l’Iran dispone di un set di alleanze multiple che lo pongono al centro delle reti negoziali. Nella Sco (che non produce però decisioni vincolanti per i membri), Teheran gioca di sponda con Russia e Cina, le potenze con diritto di veto in Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Nonostante la diffidenza reciproca, gli iraniani e i pakistani cooperano sull’Afghanistan (per esempio costruendo infrastrutture) anche perché condividono un problema: la sicurezza in Baluchistan. La regione, ricca di idrocarburi, si estende in entrambi i paesi: la metà dei baluci è di etnia pashtun e l’assemblea tribale (shura) di Quetta è il cuore ideologico dell’insorgenza talebana.

Tuttavia, Islamabad guarda ancora con sospetto all’Iran: il rivale dell’alleato saudita è anche un grande fornitore di petrolio all’India, primo competitor regionale del Pakistan. Vi è poi la Turchia, unico membro Nato e partner Sco, che importa gas dall’Iran; la guerra civile siriana e l’Iraq hanno però deteriorato i rapporti fra Ankara e Teheran, schierate sui due versanti contrapposti di Damasco e oggi riluttanti a collaborare per il futuro dell’Afghanistan.

Usa e Iran vicini su Kabul?
Gli investimenti in infrastrutture energetiche sul territorio afghano necessitano di una precondizione: la sicurezza. L’energia rischia pertanto di trasformarsi in un’occasione di interdipendenza regionale perduta. Con il ritiro della Nato dal paese sarà interessante osservare quale ruolo giocherà il forum a trazione russo-cinese, soprattutto se vi sarà una presenza militare Usa dopo il 2014, come prevede l’accordo bilaterale di sicurezza approvato dalla loya jirga ma che il presidente Karzai non ha firmato.

In questo quadro, le alleanze multiple intessute dall’Iran potrebbero allora rivelarsi cruciali: in più, la Casa Bianca ha un’idea del futuro governo afghano più somigliante ai desideri di Teheran (esecutivo rappresentativo delle minoranze) che a quelli dell’alleato saudita (governo a forte connotazione islamico sunnita). Dunque, a complicare la visita che a fine marzo il presidente statunitense compirà in Arabia Saudita c’è anche il nodo di Kabul.

Eleonora Ardemagni, analista in relazioni internazionali, collaboratrice di Aspenia, Ispi, Limes. Autrice di “Frammentazione della sovranità e nuove sfide di sicurezza: Yemen e penisola del Sinai dopo il 2011”, Ispi Analysis, 2014.
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Tagikistan: Rapporto IsAG n. 23

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Elezioni presidenziali e diga di Rogun: Mesi cruciali per il ilTagikistan
N ° 23 - Febbraio 2014
Autore:  Davide Lunelli Lingua: Italiano Parole chiave:  presidenza di Emomali Rahmon  Rogun Dam  tagiko-uzbeko privatizzazione Download (PDF) / Scarica (PDF)
 
 (traduzione automatica dall'inglese)
recenti elezioni presidenziali in Tagikistan ha confermato Emomali Rahmon come presidente per la quarta volta. Gli osservatori internazionali hanno accusato l'elezione come mancanza di un'effettiva possibilità di scelta e il pluralismo. Russia, Cina e Stati Uniti mirano ad accrescere la loro influenza in Tagikistan perseguendo la stabilità e la sicurezza regionale. Tagikistan rimane ancora la più debole e più povero tra le cinque repubbliche dell'Asia centrale. Rahmon ha elevato il progetto della diga di Rogun come l'obiettivo principale del suo governo a sviluppare l'economia del Tagikistan trasformare il paese in un grande esportatore di energia. Ma il Tagikistan ha rapporti tesi con l'Uzbekistan, la principale potenza regionale e Stati Uniti e alleato strategico della NATO, che si oppone ferocemente al progetto Rogun. Gli attori internazionali sono disposti a sostenere lo sviluppo del Tagikistan, ma non vogliono inimicarsi Uzbekistan. Rahmon rielezione sarà difficile migliorare i rapporti con l'Uzbekistan.

Cina: rapporti con le industrie indiane

Drago Assetato, elefante che dorme

30 gennaio 2014|

(traduzione automatica dall'inglese)
Sottodimensionato aziende energetiche indiane si lotta per migliori campioni cinesi nel concorso per attività estere. 
Molta attenzione  è  stata data  la competizione tra India e Cina per  africane lontane risorse.  , ma p orse le fonti di energia più allettante per  ogni mentire  più vicino a casa, nella regione del Caspio e in Russia. E 'qui che  gran parte della recente rivalità è stata messa in scena. Diversi recenti  indiani  fallimenti, in cui  le imprese del sub-continente perduto ad  aziende cinesi  in  offerte in Russia e Asia Centrale, sottolineano  l'entità del disallineamento tra di loro.  
Negli ultimi anni, le imprese petrolifere e di gas nazionali cinesi hanno fatto incursioni in profondità in Russia e il Mar Caspio, firmando  a lungo termine  del petrolio e del gas  accordi. Le esportazioni attraverso l'oleodotto Kazakistan-Cina sono in aumento (dal 14% nel 2013), lo sperone cinese della Siberia orientale dell'Oceano Pacifico (ESPO) gasdotto rende la Cina un mercato di milioni di barili di greggio russo, e la Cina ha superato la Russia come la principale cliente per il gas naturale del Turkmenistan. Il successo della Cina nel blocco nell'accesso a tali risorse deve alla  geopolitica accoppiato con incidenti semplici di geografia, i suoi vantaggi infrastrutturali,  così come superiore  forza finanziaria e la grande e crescente portata del proprio fabbisogno energetico.  
Confini comuni con la Russia e l'Asia centrale,  e le relazioni stabili con questi stati, alla base di piombo della Cina l'India (anche se India, troppo, gode di forti legami con la Russia).  Questa è incarnata nella dell'Organizzazione di cooperazione di Shanghai (SCO), la Pechino- sede, gruppo di protezione-concentrato che riunisce Stati dell'Asia centrale, Russia e Cina in un unico forum, in cui l'India è un semplice osservatore (come il Pakistan, che vuole diventare un membro a pieno titolo). Confrontate questo con la situazione di fronte India che cerca l'accesso al petrolio e al gas russo e del Mar Caspio. 
Bloccando il percorso di eventuali condotte raggiungono India dall'Asia centrale o la Russia è il Pakistan e,  oltre a questo, Afghanistan. Così, rivalità dell'India con il Pakistan, e l'instabilità in Afghanistan, erigono barriere elevate  una Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India (TAPI)  gas  gasdotto, il percorso lungo discusso progettato per portare gli idrocarburi del Mar Caspio verso l'India. Ma le major petrolifere straniere è improbabile che investire nel progetto  dato il clima politico e di sicurezza presente;  riluttanza del Turkmenistan per consentire alle aziende estere di prenotare riserve onshore  . ulteriormente scoraggia  Per le stesse ragioni, una recente proposta di stabilire un oleodotto dalla Russia all'India che corre parallela alla TAPI la stessa probabilità di fondatore. 
Questioni di denaro
In  spiegare perché la Cina detiene il sopravvento nella sua rivalità energetica con l'India, superiore  cinese  potenza di fuoco commerciale è  almeno altrettanto importante quanto la politica. Con i  forzieri più gravi rispetto alle loro controparti indiane, e beneficiando di una migliore coordinato  governo  di supporto, le compagnie petrolifere cinesi  possono offrire  grandi e migliori  condizioni. Questi includono incentivi extra, come prestiti e l'accesso al mercato cinese. 
Il grafico mostra la Cina imorts petrolio superando quelli dell'India nel 2000-11China National Petroleum Corporation (CNPC)  e la società petrolifera nazionale del Turkmenistan, Turkmengas, per aumentare cinesi  importazioni 65m metri cubi / anno entro il 2020. Questo è stato legato al finanziamento per lo sviluppo delle risorse di gas nel paese, e  seguito almeno US $ 8 miliardi in prestiti legati a forniture di gas a lungo termine negli ultimi anni. Simili accordi  con la Russia  sono presenti clausole di "pre-pagamento" e altri finanziari doni. Ad esempio, marzo 2013 la China Development Bank (CDB), una gigantesca banca di politica statale, ha accettato di prestare US2bn a  Rosneft, compagnia petrolifera statale russa. 
La Cina ha portato il suo arsenale finanziario a sopportare due volte l'anno scorso a briscola  India in gare per due mega-progetti.  Nel settembre 2013  la CNPC ha visto la concorrenza indiana di acquistare una  quota dell'8%, del valore di US $ 5 miliardi, massiccia ma travagliata Kashagan del Kazakistan giacimento. (Pochi mesi prima, ammiraglia India  compagnia petrolifera nazionale,  Oil and Natural Gas Corporation (ONGC), aveva cercato di acquistare la quota direttamente da ConocoPhillips, una società statunitense, invece, ministero del petrolio del Kazakistan è intervenuto per acquisire l'interesse in sé, prima di venderlo di CNPC.) L'esistenza del oleodotto Kazakistan-Cina, facilitando le esportazioni, spiega in parte perché il Turkmenistan ha scelto CNPC su ONGC. Ma il fattore decisivo è stato sicuramente la capacità di CNPC di garantire sostegno finanziario di Pechino,  per la somma di US $ 3 miliardi, per lo sviluppo della seconda fase del progetto. 
Una disfatta simile era avvenuto nel giugno 2013, quando CNPC inventata  l'offerta di ONGC per una quota del 20% nel progetto LNG US $ 20 miliardi Yamal nell'Artico, dove collaborerà con Novatek e Total.  Novatek  dopo  firmato un accordo di fornitura di GNL di 15 anni con CNPC per  almeno 3m tonnellate / anno  dopo Yamal è online nel 2017.  Ancora una volta,  capitale cinese, piuttosto che muscolare geopolitica o di competenze tecniche, sembra aver fatto la differenza: la scelta  CNPC  apre la strada a sollecitare di credito da CDB e diversi commerciali cinesi istituti di credito.
Lo stato indiano, d'altra parte, non ha saputo o voluto offrire tali condizioni preferenziali. Infatti, le sue compagnie petrolifere e di gas, tra cui  ONGC,  lottano per elevarsi capitali. Nel corso degli ultimi cinque anni, hanno riferito speso soli US $ 13.6bn per l'acquisto di beni all'estero up,  contro  esborsi cinesi di US $ 107bn, secondo i dati pubblicati in ottobre 2013 da Bloomberg, una testata giornalistica. 
La concorrenza del mercato 
Infine, la decisione fornitori esteri di vendere alla Cina, non l'India, equivale a una scommessa sulle prospettive per il  cinese  della domanda di energia. Stimiamo la Cina ha consumato più di due volte-e-un-metà tanto petrolio e gas nel 2013 come ha fatto l'India. Non sorprende, le importazioni di idrocarburi cinesi sono di gran lunga superiore dell'India (vedi tabella). 
Inoltre,  mercato del petrolio e del gas della Cina  è destinata a diventare ancora più allettante rispetto a quello dell'India. L'Economist Intelligence Unit prevede il consumo cinese di  petrolio e gas si espanderà di circa il 90% nel 2011-20, mentre India aumenterà di poco  meno del 50%. Questo è un altro motivo per cui le aziende energetiche e funzionari in Russia e il Mar Caspio continueranno a vedere la Cina come un cliente più favorevole rispetto India.
Se le compagnie petrolifere indiane hanno alcun bando di ottimismo, che deriva dalle recenti difficoltà politiche di CNPC. Uno scandalo di corruzione ha colpito le alte sfere della società, che è anche criticato per pagare troppo per le attività estere che portano poco beneficio diretto per il paese. (Gran parte della produzione di proprietà di stranieri di proprietà di compagnie petrolifere nazionali cinesi è venduto nel mercato globale, piuttosto che essere rispedito in Cina, e costituisce una porzione relativamente piccola del totale delle importazioni della Cina.)
Pechino continuerà a sottoscrivere acquisti di beni all'estero in nome di puntellare la sicurezza energetica della Cina. Ma il sostegno statale per i prestiti-per-olio pacchetti sembra destinata a vacillare un po ', dando altre major petrolifere e la possibilità di raccogliere le attività più internazionale. Se le imprese indiane raccogliere ricompense, non sarà a causa dei progressi nella loro propria competitività, ma piuttosto grazie ad un ritiro parziale cinese.
Fonte: Industria Briefing

India: nuove prospettive in economia.

India:- Domande sulla fattibilità del Terzo Fronte 

13 feb 2014


DAL Economist Intelligence Unit
Il supporto è piena di parlare di un 'Terzo Fronte' in via di sviluppo nella politica indiana. Il concetto non è nuovo e riflette sia scontento con i due partiti nazionali e dei cambiamenti più ampi nella politica federale. Ma le elezioni si avvicinano i commentatori stanno discutendo se questa entità - un blocco di partiti regionali, molti dei quali sono fondamentalmente diversi in termini di ordine del giorno e l'ideologia - può svilupparsi in qualcosa di più sostanziale una volta i risultati del sondaggio emergono.
Recentemente i leader dei 11 partiti, che tra di loro detengono quasi il 100 della Lok Sabha (Camera bassa) s '545 seggi, si sono riuniti per discutere la strategia. In vista delle urne, che devono essere in possesso maggio, al più tardi, questo è sorprendente e in genere raccogliere poca attenzione. Per queste elezioni tuttavia, la dinamica è diversa.
Trovare un'alternativa
Scarso rendimento del Congresso e la principale opposizione Bharatiya Janata Party (BJP) s 'periodo poco brillante in opposizione, insieme con seri interrogativi sul governo, hanno lasciato molti elettori sentirsi demotivati ​​e sondaggisti che suggerisce che i due principali partiti di fronte a una batosta durante le prossime elezioni. Le recenti elezioni Delhi, durante il quale il Congresso ha perso quello che molti considerato come uno dei suoi bastioni sicuri al anticorruzione Aam Aadmi partito, hanno rivolto l'attenzione sulla possibilità di politica nazionale che fascia di parti principali screditati.
Questo spiega l'attenzione focalizzata sulle attività della nuova Terzo Fronte.Storicamente, il Congresso e il Bjp hanno utilizzato i partiti regionali per sostenere i loro numeri parlamentari, con la più grande potenza presa alleanza. Ora, un gruppo di partiti regionali sta cercando di entrare nel governo senza che nessuno dei partiti nazionali.
I seguenti soggetti sono stati associati con il cosiddetto Terzo Fronte:
  • Samajwadi Party (partito socialista a base di Uttar Pradesh)
  • Janata Dal (United, centro-sinistra, con sede in Bihar)
  • All India Anna Dravida Munnetra Kazhagam (AIADMK, con sede nel Tamil Nadu e costituita per rappresentare gli interessi locali Tamil)
  • Biju Janata Dal (BJD, a base di Odisha, in particolare secolare e con una forte piattaforma anti-corruzione)
  • Asom Gana Parishad (con sede in Assam, in origine su una piattaforma anti-immigrazione)
  • Janata Dal (Secolare, JD (S), di centro-sinistra soggetto operante in Karnataka e Kerala)
Quattro partiti di sinistra sono inclusi anche. Il Jharkhand Vikas Morcha era stato segnalato come associato con il blocco, ma il suo leader ha questa settimana allontanato il suo partito dal gruppo.
Dubbi abbondano
Non sorprende, l'idea di un Terzo Fronte è stata accolta con una rapida condanna, in particolare dal BJP. Candidato premier del partito, Narendra Modi, ha criticato aspramente il Terzo Fronte, sostenendo che esso rappresenta un insieme di partiti che non sono riusciti a governare i loro stati e sarebbe, di conseguenza, rendere l'India un "paese terzo rate". Egli ha contestato che il gruppo è formato da sostenitori del Congresso ed è semplicemente uno stratagemma dal partito per assicurarsi un vantaggio alle urne. Pesatura nel dibattito di questa settimana, Moody,  l'agenzia di rating del credito, ha sostenuto che un governo di coalizione di piccoli partiti senza un'agenda comune di riforma economica aumenterebbe il rischio per rating di credito della nazione, probabilmente spingendo deflussi di capitale, aumentando il costo del denaro, e indebolire la valuta.
Essi possono essere corrette. Punti di storia per il fallimento in cui le alleanze di partito sono andati prima: il Bjp è salito al potere nel 1996, ma non è riuscito a proteggere gli alleati aveva bisogno di rivendicare una maggioranza parlamentare, e così è crollato come un governo entro pochi giorni. A seguito di questo, una raccolta di regionali, partiti di sinistra di centro-prese il potere, ma questo governo è sopravvissuto meno di due del suo mandato quinquennale. Il più recente 'terzo fronte' diventata la United Progressive Alliance (UPA): Congresso formò il blocco da oltre 20 partiti, dopo i sondaggi del 2004, ma le differenze politiche e controversie tra i partiti hanno visto questa alleanza si disintegrano al punto in cui il Congresso si trova ora di per sé un governo di minoranza.
Quello che inizialmente colpisce l'ultima incarnazione del Terzo Fronte è il mix di ideologia e interessi: quanto è realistico per queste parti a lavorare insieme? Per formare una alleanza praticabile a lungo termine, le parti devono adottare una ideologia di base e sostenere la stessa piattaforma politica. In questa fase, sembrano semplicemente di lavorare in opposizione al Congresso e il Bjp, che può portarli a giorno delle elezioni, ma non fornisce alcuna coesione di là di questo.
Inoltre, questi partiti non hanno la presenza nazionale e diffuso sostegno popolare che il Congresso e il Bjp godere. Anche se si raccolgono voti sufficienti per formare un governo di coalizione, non possono pretendere di rappresentanza a livello nazionale. Per tutti i loro difetti, i due principali partiti hanno una presenza nazionale, e attraverso le loro coalizione tie-up, rappresentano gli interessi di molti stati americani.
La strada da percorrere
Il gruppo contiene alcune grandi personalità che suggeriscono una crisi di leadership rapida.Tra i personaggi più colorati è Jayalalitha Jayaram (di seguito Jayalalitha), ex attrice e ora primo ministro del Tamil Nadu, che viene perseguitato da accuse di corruzione del passato e una condanna penale, e chi è desideroso di diventare primo ministro dovrebbe blocco successo . Snocciolato contro di lei è Naveen Patnaik, capo del BJD, che è il popolare primo ministro di Odisha, un ardente anticorruzione attivista ed è noto come il 'Mr Clean' di politica statale.
Il tempo dovrebbe rapidamente dire la robustezza del nuovo Terzo Fronte è. Il gruppo ha annunciato che il suo primo compito è quello di minare i tentativi del Congresso di approvare una legge in vista delle elezioni, che si è finora il raggiungimento. Che si può sviluppare là di questo è improbabile date le sfide. Nel frattempo però, continuerà a raccogliere l'attenzione a causa della situazione di stallo tra il Congresso e il Bjp, e l'aumento della popolarità dei partiti regionali.
Per quanto sprezzante come i partiti nazionali sono, dovrebbero imparare dalla situazione e notare l'ascesa di diversi partiti regionali. I più riusciti sono stati trasformazione a tutto il paese, offrendo trasparenza, responsabilità, rappresentazione fedele e cambiamento di politica efficace, che sono tutti in particolare mancano sulla scena nazionale.

mercoledì 5 marzo 2014

Vietnam: la crisi del debito europea vista dal Vietnam

a. Il debito pubblico e la crisi del debito pubblico
Il debito pubblico è un concetto relativamente complesso che la maggior parte degli approcci attuali concorda nel riferire alla somma del debito il cui obbligo di ripagare ricade sul governo di un Paese1. Secondo l’approccio della Banca Mondiale (BM), il debito pubblico è inteso come le passività di quattro principali gruppi di istituzioni: (i) le passività del Governo centrale, (ii) le passività dei governi locali, (iii) le passività della banca centrale, e (iv) le passività di organizzazioni indipendenti, aziende pubbliche il cui capitale è detenuto per più del 50% dallo Stato, o altre organizzazioni di cui il governo ha la responsabilità di saldare il debito se queste non fossero in grado di farlo2.
A causa della diffusa natura del debito pubblico e per il fatto che i Paesi possono facilmente incorrere in crisi del debito pubblico – soprattutto dagli anni ’80 del XX secolo – la comunità globale aveva elaborato una serie di criteri per sorvegliare e mettere in guardia i Paesi sul punto di incorrere in, o fossero già nel mezzo di, una crisi del debito pubblico3. In ogni caso, il criterio maggiormente usato per valutare la situazione del debito pubblico di un Paese è il debito pubblico in percentuale del Prodotto Interno Lordo (PIL). Questo dato riflette la dimensione del debito pubblico di un Paese come frazione del reddito dell’economia ed è calcolato a partire dal 31 dicembre di ogni anno.
Secondo una ricerca del 2010 dell’American National Bureau of Economic Research (NBER), uno studio condotto su più di 44 Paesi ha dimostrato che quando il rapporto debito pubblico/PIL eccede il 90%, avrà un impatto negativo sulla crescita economica e ridurrà il tasso di crescita economica del Paese in questione in media di circa il 4%. In particolare, per le economie emergenti più recenti come quella del Vietnam, una soglia sona del rapporto debito pubblico/PIL è del 60%, ed eccedere questa soglia provocherà lo stallo della crescita economica annua di circa il 2%. Tuttavia, il solo rapporto tra debito pubblico e PIL non è una valutazione esauriente della sicurezza o della rischiosità del debito pubblico di un Paese – abbiamo bisogno di esaminare il debito pubblico in una maniera più esaustiva, nella sua relazione con il sistema di criteri macroeconomici di un’economia nazionale4.
La crisi del debito pubblico si riferisce ad una situazione aggravata del debito pubblico – o peggio, fallimento pubblico – che danneggia l’economia, derivante da uno squilibrio tra entrate nazionali e spesa pubblica. Lo scenario tipico deriva da un eccesso della spesa pubblica sulle entrate, che costringe lo stato a prendere in prestito in molti modi come titoli di stato, obbligazioni o accordi di credito. Ciò si traduce nell’incapacità dello stato di ripagare il proprio debito. Persistendo con il debito di bilancio il debito pubblico aumenterà. Qualora lo stato non fosse capace di estinguere questi debiti in maniera tempestiva si avrà un accumulo di interessi, aggravando ulteriormente il problema.
Hyman Minsky (1986)5 ha dato una spiegazione a ciò che avrebbe causato la grave crisi del 2007, una crepa del sistema finanziario-creditizio. Secondo Minsky, il sistema finanziario-creditizio svolge un ruolo chiave in una crisi finanziaria: ha portato a un grande quantità di presiti rischiosi e speculativi da parte delle aziende e allo stesso modo da parte del pubblico (prestiti di gran lunga superiori alle loro disponibilità, per esempio) per cercare un profitto dall’apprezzamento dei loro asset. Tuttavia, se e quando gli asset si deprezzano (le bolle creditizie scoppiano), questi speculatori perderanno molto – se non tutto – della loro solvibilità, con conseguente fallimento di tutto il sistema finanziario-creditizio, conducendo a una crisi finanziaria6. Questo è accaduto perché non c’erano ancora i sistemi necessari per controllare e ridurre queste attività speculative ed altamente rischiose.
b. Causa della crisi del debito dell’UE
L’attuale crisi del debito pubblico nell’UE è iniziata in Grecia quando il primo ministro greco ha annunciato nel 2009 che il deficit di bilancio per l’anno sarebbe stato il 12.7% del PIL, il doppio del dato annunciato precedentemente (Lane, 2012), e che avrebbe cercato di salvare la Grecia dal fallimento. In realtà, il debito pubblico del Paese ha raggiunto il suo massimo a €300 miliardi (circa $440 miliardi), pari al 124% del PIL del Paese, due volte superiore al livello consentito dal Trattato di Maastricht. Immediatamente, il 22 dicembre 2009, Moody’s Investor Services ha abbassato il ranking del debito pubblico greco da A1 a A2 a causa del crescente disavanzo di bilancio. In precedenza, Ficth Group e Standard & Poor avevano ridotto l’affidabilità creditizia (credit rating) della Grecia al di sotto del grado di investimento. Nell’aprile 2010, il deficit di bilancio della Grecia è cresciuto fino al 13.6%, seguito da un picco nei tassi di interessi sui titoli di stato; Standard & Poor ha ridotto il rating della Grecia allo “status junk” – il livello più basso possibile7. L’Irlanda ha seguito la Grecia con un disavanzo di bilancio del 32% del PIL (settembre 2010), poi Portogallo (gennaio 2010), Spagna (giugno 2012), Italia (novembre 2012) e di lì a poco Cipro (marzo 2013), tutti sono caduti nella crisi del debito10. Perché questa crisi del debito è accaduta? Ci sono state diverse cause come di seguito riportato:
i. Le cause primarie:
In primo luogo, il problema deriva dalle inefficienze di un modello economico basato pesantemente sui servizi bancari e finanziari9 nonché dalle carenze nell’UE e del sistema di gestione dell’Eurozona. Ogni volta che si verifica una recessione economica o ha luogo un’elezione, il debito pubblico aumenterebbe poiché i governi non hanno avanzato soluzioni di lungo periodo per il problema del debito pubblico, concentrandosi invece su soluzioni di breve periodo. L’accumulo di questa gestione problematica e il fallimento di risolvere il problema alle sue radici si traduce in una eventuale perdita del controllo dell’onere del debito pubblico.
In secondo luogo, il problema è dovuto anche al rapido sviluppo dei servizi bancari e finanziari basato sullo sfruttamento delle inefficienze del mercato e basato pesantemente sulla speculazione e sugli investimenti speculativi dei primi anni ’90, che ha condotto a una “falsa prosperità”. Ciò ha causato molte instabilità nella struttura del lavoro, un grande divario di ricchezza, una disoccupazione crescente e dipendenze dal welfare. Questo sviluppo del sistema finanziario ha anche, paradossalmente, stabilizzato l’offerta del credito, rendendola più facile e promuovendo i prestiti e la rapida crescita del credito. Ciò ha contribuito enormemente all’aumento del debito pubblico.
In terzo luogo, la crisi finanziaria globale del 2008 è stata accolta con vecchie politiche – finanziamenti a fondi che erogano credito, supporto alle aziende e all’occupazione, mentre i titoli di stato arrivavano a scadenza. Ciò ha causato un sovraccarico poiché il valore del debito di molte decadi è ricaduto su questi governi nel peggior momento possibile. Sebbene i governi si siano accorti dell’insostenibilità di un’economia pesantemente inclinata verso i servizi finanziari, sono stati restii a rinunciare alle vecchie abitudini di una “falsa” economia, optando invece per soluzioni di breve periodo prendendo a prestito nuovi fondi per ripagare i vecchi debiti e mantenere le banche insolventi a galla.
In quarto luogo, a causa di problemi strutturali, l’Unione Europea è fortemente limitata nel gestire la sua economia nel suo complesso, essendo priva di meccanismi che consentano ai governi dei Paesi membri di ridurre i deficit di bilancio (Guillen, 2012). Ciò porta a politiche monetarie non coerenti con le politiche fiscali, in particolare riforme fiscali e politiche del lavoro. Sebbene l’UE abbia un limite per i disavanzi di bilancio e i debiti pubblici dei Paesi membri, le istituzioni direttive e di vigilanza sono deboli, rendendo facile per i Paesi prendere in prestito e molto più difficile per il gruppo controllare questo prestito. L’UE e la Banca Centrale Europea hanno risposto troppo lentamente quando la crisi ha colpito. Quando la politica di opposti interessi nazionali è messa nell’equazione, il meccanismo diviene perfino più complicato e controproducente (Bastasin, 2012).
In quinto luogo, questo è stato l’emergere dell’Euro (€). Ciò ha permesso ai Paesi più piccoli di attirare una gran quantità di investimenti esteri grazie alla moneta unica10. Tuttavia, ciò ha anche causato una sfida più importante: quando il flusso di capitale eccede la capacità di un’economia di assorbirlo in modo sostenibile, l’eccesso di capitale verrebbe facilmente sprecato in attività che non giovano efficientemente all’economia, conducendo all’aumento di crediti inesigibili tra le banche, provocando perfino un’esplosione più rapida di una crisi del debito. Questo è uno di modi in cui la crisi del debito sovrano è collegata alla crisi bancaria in Europa (Shambaugh, 2012).
In sesto luogo, i flussi monetari nelle economie più piccole della UE erano troppo consistenti, traducendosi in una smisurata offerta di moneta e in aumento del livello dei prezzi, comportando un tasso di inflazione di gran lunga maggiore nelle piccole economie rispetto alle grandi, a volte perfino maggiore del tasso di interesse (causando, tra le altre cose, che il valore dei debiti si riducesse con il tempo e comportando perciò che chi prendeva in prestito guadagnasse piuttosto che perdere). La conseguenza di approfittare di flussi monetari esterni è stato un deficit del saldo delle partite correnti di lungo periodo, che tuttavia i Paesi non erano in grado di controllare con le loro politiche monetarie a causa della moneta unica. Inoltre, l’uso di flussi monetari esterni incrementerebbe ulteriormente il deficit di bilancio (in mancanza dello stimolo alla produzione interna), eccedendo il 3% del PIL come consentito dall’UE. Questo deficit di bilancio di lungo periodo svolge un ruolo principale nell’aggravare il debito pubblico.
ii. Le cause dirette
In primo luogo, le cause relative alle caratteristiche interne dei Paesi in crisi.
Innanzitutto, tutti i Paesi che attualmente subiscono la crisi del debito pubblico hanno deboli politiche fiscali. La spesa realizzata a fine anno sarebbe sempre in eccesso rispetto alle decisioni di spesa dei loro rispettivi Parlamenti così come annunciate ad inizio anno. Inoltre, questi Paesi avevano perso l’opportunità di adottare politiche fiscali restrittive nella prima parte della scorsa decade, anche a causa del loro scarso quadro analitico (Lane, 2012).
In secondo luogo, la distribuzione di capitale, in molti casi, è influenzata più da obiettivi politici che da quelli economici (per esempio, spese per la difesa e la sicurezza, benessere sociale, fondo pensioni, abbuono di interessi alle banche per progetti di benessere sociale, protocolli o celebrazioni governativi e così via).
In terzo luogo, i progetti pubblici non sono generalmente completati in maniera tempestiva. Ciò causa un incremento dell’interesse passivo sui fondi presi in prestito.
In quarto luogo, bassa efficienza di utilizzo di capitale (spesso più bassa di quella dei progetti privati con prestiti commerciali), poiché chi prende in prestito nel settore pubblico non è direttamente responsabile per la sua restituzione. Questo per dire che la responsabilità di chi prende in prestito non è così elevata come quella dei responsabili del prestito non essendo necessariamente coloro che devono saldare il debito, specialmente se hanno una piccola chance di essere rieletti.
Infine, questi governi hanno la capacità di nascondere le problematiche della propria situazione del debito pubblico per un periodo prolungato (fino a dieci anni), rendendo impossibile la correzione in tempi opportuni. Infatti, la durezza della crisi può essere attribuita alla mancanza di iniziativa dei governi negli anni che hanno portato alla crisi, così come durante la “quiete” tra le crisi (Lane, 2012). Insieme con la complessa e sovrapposta natura di questa crisi (Shambaugh, 2012), questa inattività ha dimostrato di essere estremamente dannosa.
Secondo, cause relative a fattori esterni.
In primo luogo, le agenzie di rating e di analisi del rischio come Standard & Poor, Moody’s e Fitch Group sono un fattore che contribuiscono all’instabilità del mercato e alla crisi stessa, a causa dei loro annunci di abbassare il rating di questi titoli di Stato, perciò contribuendo alla diminuzione della fiducia degli investitori in questi mercati11.
In secondo luogo, la pressione politica dagli speculatori e dalle maggiori organizzazioni finanziarie ed economiche è riuscita a persuadere i governi a regolare piuttosto che riformare le loro istituzioni finanziarie. I governi dovevano spendere molti miliardi di euro per salvare le banche e per pacchetti di incentivi per salvare le banche e le economie dal collasso. Ciò avrebbe immancabilmente condotto ad un aumento del debito pubblico. Allo stesso tempo, le banche private hanno ricevuto fondi dalle banche centrali ad un basso tasso di interesse (circa l’un per cento) per finanziare le imprese produttive, ma invece li hanno usati per ricomprare i titoli di stato e le obbligazioni ad un tasso di interesse maggiore (4 o 5 per cento).
In terzo luogo, le attività di arbitraggio mirano ad aumentare il tasso di interesse dei titoli di Stato al livello massimo possibile per realizzare il massimo profitto da arbitraggio. In pratica, il debito pubblico è di solito negoziato tramite banche private e stimato da queste banche private. Istituzioni come Alpha Bank, Bank of America, Merrill Lynch, ING Group e così via hanno molte opportunità di aumentare artificialmente il tasso di interesse dei titoli di Stato12.
La crisi del debito pubblico nell’UE può avere una serie di conseguenze negative sull’economia del Vietnam, in aggiunta ai suoi problemi attuali:
Innanzitutto, una maggiore difficoltà ad esportare verso il mercato dell’UE. Secondo il General Office of Statistics del Vietnam, l’UE è stata il maggior marcato di esportazione (la sola UE ha consumato circa il 17,5% di tutti i prodotti fabbricati in Vietnam nel 2012, per un valore di US$20 miliardi)13. Nel 2012, le difficoltà delle economie dell’Eurozona (alta inflazione, bassi redditi, aumento della disoccupazione) si sono tradotte in una tendenza generale a ridurre la spesa tra i consumatori dell’UE, dando luogo ad una domanda di beni e servizi – inclusi quelli dal Vietnam – stagnante. Inoltre, i Paesi dell’UE hanno adottato crescenti misure protezionistiche per tutelare le industrie nazionali, con conseguenti maggiori difficoltà per le esportazioni del Vietnam, in aggiunta alla concorrenza da altri esportatori. Mentre le esportazioni di prodotti relativamente poco costosi come prodotti agricoli, forestali, ittici e alimentari hanno registrato una caduta della domanda, gli altri prodotti come mobili, artigianato, tessile e calzaturiero hanno subito un maggior crollo della domanda.
In secondo luogo, c’è stato un aumento della concorrenza sul mercato interno. Nel contesto della crisi del debito in corso e delle difficoltà che sfidano l’intera economia globale, le aziende vietnamite sono sotto pressione da parte degli investitori esteri che cercano di diversificare i loro mercati e proteggersi dai rischi. Inoltre, a queste aziende estere sono concesse tassi vantaggiosi per i prestiti (in molti Paesi esteri, i tassi di interesse per i prestiti commerciali per le loro aziende sono molto bassi) ed hanno una maggiore competenza e più forti trademarks dei prodotti vietnamiti, rendendo inevitabilmente le imprese vietnamite estremamente svantaggiate.
In terzo luogo, gli investimenti esteri e la fiducia degli investitori in Vietnam sono diminuiti. La crisi ha costretto le aziende europee a ridurre la produzione e a licenziare i lavoratori a causa della diminuzione dei consumi sia nella UE sia nel mondo. La contromisura più ovvia è la diminuzione degli investimenti esteri inefficienti. Di conseguenza, il flusso di investimenti esteri diretti sia dall’Europa sia dal resto del mondo è diminuito. Nel 2009, gli IDE dell’Europa in Vietnam erano pari al 18% del totale degli IDE. Questo dato si è ridotto all’11% nel 2011, è continuato a decrescere nel 2012, e sembra continuare lungo questo trend al ribasso nel 201314.
In quarto luogo, secondo la valutazione della Banca Mondiale, l’indice di business environment del Vietnam è in diminuzione (nel 2011, il Vietnam si classificava al 98° posto su 183 economie nel rankingdel business environment, facendo registrare una perdita di otto posizioni rispetto al 2010), mostrando una vacillante fiducia degli investitori esteri nel contesto economico vietnamita. La ragione principale dietro ciò è che la crisi del debito pubblico in Europa ha comportato che gli investitori e le agenzie di rating prestassero maggiore attenzione alla questione del debito pubblico. I tre gruppi di criteri principali usati come avvertimento iniziale sono: (i) debiti eccessivi, riflesso in un alto rapporto tra debito pubblico e PIL; (ii) spesa eccessiva, riflesso in un alto rapporto tra disavanzo di bilancio e PIL; (iii) un tasso di crescita del PIL in continua diminuzione. Nel 2011, il debito pubblico del Vietnam era il 106% del PIL (vedere tabella 1), il disavanzo di bilancio era il 4,9% del PIL ( vedere tabella 3), il tasso di crescita del PIL è sceso costantemente15 (vedere tabella 2), rendendo la sua economia la più rischiosa dell’intera regione dell’ASEAN, con il rating di Standard & Poor di BB- (un peggioramento dal BB all’inizio dell’anno). Ciò non solo ha avuto un impatto negativo sulla capacità di attrarre IDE e prestiti, ma ha anche aumentato il costo del prendere a prestito dalle organizzazioni finanziarie internazionali a causa di più alti interessi.
Tabella Vietnam 1
Infine, c’è stato un aumento del rischio del tasso di cambio. Nel breve periodo, l’apprezzamento del USD contro EUR farà diminuire le esportazioni del Vietnam verso l’Eurozona perché le esportazioni del Vietnam sono valutate in dollari. Inoltre, recentemente il dollaro statunitense si sta apprezzando anche contro il VND (valuta vietnamita) a causa dell’alta inflazione in Vietnam dal 2008 al 2011 (vedere tabella 3), creando una pressione per l’aggiustamento del tasso di cambio; tuttavia il Vietnam ha mantenuto lo stesso tasso di cambio. Ciò provoca il rischio di due tassi di interesse esistenti e il rischio potenziale di importazioni di contrabbando a causa di importazioni più economiche, mettendo una maggiore pressione sulle riserve in valuta estera del Vietnam.
a. Attuali difficoltà dell’economia del Vietnam
La ragione principale alla base delle attuali difficoltà del Vietnam ha iniziato ad emergere nel 2006 ma aveva messo le radici prima di quella data. Per promuovere un’alta crescita, il Vietnam aveva incoraggiato fortemente gli investimenti e per un lungo periodo ha avuto un rapporto investimenti – Pil secondo solo a quello della Cina (vedere tabella 2). Il tasso di crescita dell’offerta di moneta e di credito è stato anch’esso tra i più alti del mondo e di conseguenza il tasso di inflazione ha fatto registrare valori record a livello mondiale. Ciò può essere chiaramente visto quando si confronta il rapporto eccessivamente alto tra investimenti e risparmio dal 2005 al 2011.
Tabella Vietnam 2
Il tasso di investimento era molto più alto del tasso di risparmio, in alcuni anni fino al 16-17% del PIL (vedere tabella 2). Ci sono stati solo due modi per raggiungere questa situazione: (i) prendere in prestito dall’estero, o (ii) ampie (eccessive) emissioni di linee di credito, che si sono tradotte in crediti inesigibili e in un’inflazione molto alta a partire dagli ultimi anni (vedere tabella 3). Come conseguenza dell’alta inflazione, nel periodo in cui il governo non aggiustava il tasso di cambio tra VND e USD, le importazioni erano intensamente stimolate, determinando un deficit della bilancia commerciale senza precedenti, alcuni anni pari all’enorme cifra di USD 18 miliardi (vedere tabella 3). Questi eccessivi investimenti, con una bassa efficienza, si sono tradotti in un eccessivo debito pubblico (vedere tabella 3). Come indicato nella tabella 1, il debito pubblico del Vietnam ha raggiunto USD 129 miliardi, pari al 106% del PIL nel 2011, di cui il debito delle aziende pubbliche era di USD 62,1 miliardi (vedere tabella 1).
Tabella Vietnam 3
b. Lezioni e suggerimenti per prevenire crisi del debito pubblico in Vietnam
i. Linee guida base
Affinché l’economia vietnamita eviti gli impatti negativi derivanti dalle crisi del debito pubblico, occorre esaminare i fattori intrinseci propri dell’economia del Vietnam così come le cause della crisi del debito pubblico nella UE e il suo attuale impatto sul Vietnam, come analizzato in precedenza. Ci sono una serie di suggerimenti:
In primo luogo, per gestire e impedire la crisi del debito, il requisito più urgente è un meccanismo di regolamentazione governativo efficace per controllare le attività finanziare e i flussi di risorse finanziarie. Ciò include la trasparenza delle informazioni, l’efficace mantenimento di un meccanismo di revisione a livello macro, pur garantendo nello stesso tempo le necessità del benessere sociale e mobilitando e combinando le risorse per sviluppare il Paese in modo sostenibile.
In secondo luogo, è necessario gestire appropriatamente e migliorare l’efficienza degli investimenti pubblici. Nel lungo periodo, gli investimenti pubblici devono essere attivamente ridotti mentre gli investimenti da fonti non di bilancio devono aumentare rispetto all’investimento sociale totale; si deve spostare l’attenzione degli investimenti pubblici al di fuori delle attività economiche, in modo da concentrarsi su investimenti sociali e infrastrutturali. Nello stesso tempo, vi è anche la necessità di riformare e standardizzare il processo degli investimenti pubblici in una maniera appropriata, in modo da fungere come criteri di selezione e standardizzazione per i progetti pubblici16.
In terzo luogo, devono cessare le società e le imprese pubbliche che diversificano i loro investimenti al di fuori del loro business principale. Le imprese pubbliche dovrebbero essere concentrate sui settori chiave dell’economia nazionale, e in particolare quelli concernenti le infrastrutture socio-economiche, i servizi pubblici e quelli relativi alla stabilità macroeconomica.
Infine, dovrebbe essere assicurata la stabilità sistemica, la prevenzione di effetti collaterali e di “trappole” del debito e l’efficienza pratica nella ristrutturazione sia delle aziende pubbliche sia del settore finanziario-bancario. Allo stesso tempo, una particolare attenzione dovrebbe essere prestata per gestire efficacemente questioni come acquisizioni e fusioni aziendali, assicurazione contro la disoccupazione e benessere sociale.
ii. Suggerimenti in dettaglio e aree di attenzione
Sulla base delle linee guida precedentemente discusse, possiamo trarre una serie approfondita di lezioni e suggerimenti per la prevenzione delle crisi del debito pubblico in Vietnam.
In primo luogo, ci sono una serie di questioni relative alle aziende pubbliche, come indicato di seguito: (i) porre fine ad investimenti eccessivi nelle aziende pubbliche e mantenere solo un numero minimo e gestibile di aziende di stato (tra una e due dozzine)17; (ii) mettere fine alla diversificazione al di fuori delle proprie competenze (in particolare permettendo ad un’azienda pubblica di possedere una banca o viceversa)18; (iii) ogni decisione di costituire nuove aziende pubbliche deve essere discussa attentamente e approvata dall’Assemblea Nazionale. Il governo deve cessare di spendere più del budget precedentemente approvato dall’Assemblea Nazionale (in particolare, in alcuni Paesi, ciò è considerato illecito)19.
In secondo luogo, non dovrebbe continuare a far emettere moneta alla Banca di Stato per la spesa e la distribuzione del credito, in particolare per le aziende pubbliche in quanto avanguardia dello sviluppo, a causa sia della mancanza di efficienza sia del grande disavanzo di bilancio esistente (dal 5% al 7% del PIL, mentre di questi tempi un disavanzo del 3% del PIL è già considerato come una soglia pericolosa in alcuni Paesi). Lo stimolo della domanda attraverso il disavanzo di bilancio è solo una soluzione temporanea e dovrebbe essere usata solo quando non ci sono altre opzioni, quando l’economia – per qualsiasi ragione – entra in crisi a causa del crollo della domanda. Non dovrebbe mai essere usato come metodo per stimolare la crescita economica perché condurrà ad un’alta inflazione e a una perdita di stabilità, perché il disavanzo di bilancio sarebbe costantemente risolto stampando nuova moneta. La ragione per l’attuale situazione economica del Vietnam è lo stimolo della domanda attraverso la crescita del credito (che è aumentato dal 35% al 125% del PIL tra il 2007 e il 2011), tuttavia senza un buon controllo dell’utilizzo del flusso di credito.
In terzo luogo, è necessario aumentare la quota di patrimonio netto (capitale versato o di rischio) sia nelle aziende private sia nelle aziende pubbliche per assicurare uno sviluppo stabile. Attualmente, il rapporto tra debito e patrimonio netto è 1.77, molto più alto che negli Stati Uniti o in Europa (circa lo 0.7%). Questo elevato rapporto del debito può condurre molto rapidamente a difficoltà finanziarie e di insolvenza qualora il tasso di interesse dovesse aumentare.
In quarto luogo, vi è la necessità di concentrare le risorse per gli investimenti per lo sviluppo in sette regioni del Vietnam anziché su base provinciale al fine di evitare sprechi a causa della sovrapposizione degli investimenti, in modo tale da ridurre l’influenza delle realtà locali sugli organi centrali situati nelle province20. Inoltre, la gestione del territorio, delle foreste, dei fiumi e dei mari deve essere ripartita tra governo centrale, regionale e locale in modo da concentrare le risorse sullo sviluppo infrastrutturale. Ai governi locali non dovrebbe essere consentito di emettere i loro titoli sui mercati esteri. Inoltre, i titoli dei governi locali dovrebbero essere strettamente regolati in modo tale da evitare stratificazioni incontrollabili dei debiti.
In quinto luogo, è rilevante notare che l’eccessiva espansione del credito in Vietnam (vedere tabella 3) è dovuta alla mancanza di indipendenza della Banca di Stato secondo gli standard di una economia di mercato e di una banca centrale. Di conseguenza, non ha agito con il fine ultimo di mantenere la stabilità dei prezzi, ma secondo le direttive governative di stampare valuta per le aziende pubbliche affinché divenissero le punte di diamante dell’economia (che, in realtà, era piuttosto inefficiente), ma di fatto causando un danno all’economia. Le difficoltà in cui versa l’economia vietnamita si sono verificate quando il governo ha iniziato ad implementare pacchetti di stimolo senza supervisionarli attentamente. Perciò la maggior parte dei fondi non sono stati investiti sulla produzione, ma su azioni e immobili. Con lo scoppio della bolla, ciò ha causato gravi difficoltà al sistema finanziario-bancario con un rapporto crescente di crediti inesigibili21.
In sesto luogo, secondo la Credit Organizations Law (2010), non vi è distinzione tra banche commerciali e banche di investimento e molte banche a cui era stato dato il permesso per la costituzione avevano un unico scopo di aiutare i governi locali e le clientele a svolgere attività di ricerca di rendite. Secondo l’esperienza europea e statunitense, le banche commerciali usano i depositi dei clienti per il prestito, mentre le banche di investimento principalmente attuano investimenti di portafoglio utilizzando il proprio denaro, o assistono i clienti per investimenti di portafoglio per le service fees. Pertanto, al fine di evitare i rischi per il sistema finanziario-bancario e le crisi, c’è un urgente bisogno di emendare questa legge enfatizzando la differenza di ruolo e di funzioni tra queste due categorie di banche, così come pure di impedire alle banche di possedere imprese non finanziarie, o al contrario, a una impresa non finanziaria di costituire una banca per assistere se stessa.
Infine, la banca di Stato dovrebbe stabilire uno standard per il capitale minimo per ciascuna categoria di banca, e anche fornire e annunciare statistiche di base di ogni banca in particolare e del sistema finanziario-monetario in generale per servire sia i policy-makers sia gli utenti dei servizi finanziari. Il sistema finanziario-bancario del Vietnam ha (i) 101 banche e filiali di banche che includono (a) cinque banche commerciali nazionali, ognuna delle quali con più di USD 1 miliardo di capitale statutario e asset totali tra USD 15 miliardi e USD 25 miliardi, (b) 39 banche commerciali private, di cui solo alcune sono grandi come Eximbank con un capitale statutario di USD 630 milioni, Sacombank – USD 550 milioni, ACB – USD 470 milioni22; (c) 53 filiali di banche estere e banche con 100% di capitale estero; (d) 5 banche estere congiunte; (ii) 18 società finanziarie, 12 società di leasing finanziario e 1.202 fondi di credito pubblici; (iii) 105 società per azioni, 47 fondi investimento, 43 compagnie di assicurazione del ramo “danni” e 10 compagnie di assicurazione sulla vita23. Questo sistema finanziario è molto complicato, con sovrapposizioni che non è stato adeguatamente sorvegliato e controllato24.
Mentre la crisi del debito pubblico continua in Europa, gettando ulteriori dubbi in tutto il mondo sul già tumultuoso e traballante sistema macroeconomico e finanziario, due domande richiedono una risposta soddisfacente. La prima cosa dovrebbe essere fatta per salvare queste economie già travolte e per riportarle alla sostenibilità finanziaria. La seconda cosa dovrebbe essere fatto per le economie non ancora in crisi per evitare il suo effetto domino, o peggio, per evitare di essere coinvolti in una propria crisi. Questo lavoro cerca di dare una risposta adeguata alla seconda domanda in una maniera che sia rilevante per l’economia del Vietnam.
Come è stato discusso, la macroeconomia del Vietnam sta attualmente mostrando una serie di preoccupanti questioni e sintomi. La crisi ha colpito sulla scia del rapido cambiamento economico del Vietnam e ha esposto una serie di debolezza chiave nella macroeconomia del Paese come inflazione, disavanzo di bilancio e l’uso inefficiente delle aziende pubbliche come punto di forza dell’economia, solo per nominarne alcune. Questo articolo ha indicato una serie di suggerimenti per ristrutturare l’economia in modo tale da alleviare queste carenze alla radice, evitando una potenziale crisi del debito pubblico.
Mentre una serie di questioni alla base della crisi europea – uno potrebbe dire che le questioni chiave – sono inapplicabili al Vietnam, ossia la dipendenza da una moneta unica e politiche fiscali e i loro costi politici, la situazione in Europa ha dimostrato che le debolezze del bilancio pubblico, del sistema bancario e la bassa crescita sono inseparabili e non se ne può esaminare o risolvere uno senza gli altri. Considerando l’attuale stato del settore bancario e finanziario del Vietnam e le sue numerose questioni, un’importante area su cui i policy-makers e le future ricerche dovrebbero concentrarsi riguarda come questi tre problemi interagiscono e come affrontarli.
(Traduzione dall’inglese di Massimiliano Porto)

Dr. Nguyen Anh Tuan, Prof. Ass., è redattore capo del Journal of International Studies, Diplomatic Academy of Vietnam, Ministero degli Affari Esteri del Vietnam.
Nguyen Linh ha conseguito il Master of Financial Management, Australian National University. 


1 Il settore pubblico così come definito dall’United Nations System of National Accounting (SNA) comprende il servizio pubblico (governo) e le aziende pubbliche. Di conseguenza, il termine “debito pubblico” è anche inteso significare “debito governativo” (United Nations, System of National Accounts 2008, para. 22.15, http://unstats.un.org/unsd/nationalaccount/docs/SNA2008.pdf: “il settore pubblico comprende le amministrazioni pubbliche e le aziende pubbliche”). Tuttavia, il debito pubblico differisce dai debiti nazionali poiché i secondi si riferiscono ai debiti di un Paese nel suo insieme, inclusi sia il debito governativo sia il debito privato. In altre parole, il debito pubblico è solo una componente del debito nazionale.
2 Questa definizione è simile a quella del Debt Management and Financial Analysis System (DMFAS) dell’United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD).
3 I criteri di supervisione per il debito pubblico e il debito estero di un Paese includono: (i) il debito pubblico in percentuale del PIL, (ii) il debito estero in percentuale del PIL, (iii) il debito estero in percentuale del valore delle esportazioni lorde, (iv) il debito pubblico in percentuale delle entrate statali e così via.
4 Questi criteri sono: (i) tasso e qualità della crescita economica; (ii) produttività totale; (iii) efficienza dell’utilizzo del capitale (attraverso l’Incremental capital-output ratio – ICOR); (iv) rapporto tra bilancio e deficit; (v) tasso di risparmio nazionale e investimenti nazionali lordi; e (iv) una serie di altri criteri. Inoltre, tali criteri come la struttura del debito pubblico, il peso delle differenti classi di debito, la struttura dell’interesse e il periodo di pagamento richiedono anch’essi un’analisi più approfondita quando si affronta il tema della sostenibilità del debito pubblico. Per esempio, un debito pubblico del 100% del PIL della Grecia ha causato la sua bancarotta, mentre il debito pubblico del Giappone è circa il 200% del suo PIL ed è ancora considerato sostenibile. Un altro esempio, l’Argentina ha un debito pubblico meno del 60% del suo PIL ma patisce ancora la crisi del debito. Secondo il Trattato di Maastricht del 1992, i Paesi dell’Unione Europea non possono avere un debito pubblico superiore al 60% del loro PIL.
5 Hyman Minsky, 1986, Stabilizing an Unstable Economy, Yale University Press, Yale.
6 Minsky ha classificato i debitori in tre categorie: (i) hedge borrowers, che possono ripagare sia il capitale sia gli interessi dai loro flussi di investimento; (ii) speculative borrowers, che possono ripagare gli interessi ma devono regolarmente rinnovare il capitale per stare a galla; e (iii) Ponzi borrowers, che operano sulla base del denaro preso a prestito da un creditore per ripagarne un altro. La sua opinione è che una crisi accade se le ultime due categorie superano in numero la prima.
7 Il 2 maggio 2010, il primo ministro della Grecia ha accettato il pacchetto di aiuti del valore di €110 miliardi (US$143 miliardi) dall’Eurozona e dal FMI, che sarebbe entrato in vigore nei successivi tre anni.
8 Alla fine del 2009, tipici Paesi dell’UE avevano alti rapporti debito pubblico/PIL come la Grecia – 124%; Portogallo – 84,6%; Italia – 120,1%; Germania – 84,5%; Irlanda – 82,9%; Francia – 82,6%.
9 Le due crisi energetiche del 1973-74 e del 1979-80 hanno portato i Paesi in Europa e in America nella recessione. Quello è stato il tempo in cui l’Europa e l’America hanno ristrutturato e trasformato le loro economie dalla produzione industriale ai servizi bancari e finanziari con il boom degli investimenti di portafoglio.
10 Per esempio, ai piccoli Paesi dell’UE come la Grecia e l’Irlanda è stato consentito di prendere in prestito con tassi di interesse pari a quelli di Germania e Francia. In altre parole, i piccoli Paesi hanno approfittato dell’intera UE a loro beneficio.
11 All’inizio del 2009, il tasso di interesse di lungo periodo dei titoli di Stato dei Paesi dell’UE ha raggiunto il minimo storico quando i governi hanno emesso i nuovi titoli di Stato, ma nel giro di poche settimane il mercato dei titoli di Stato ha subito cambiamenti significativi. Quando Standard & Poor e Ficht hanno iniziato ad esaminare il debito greco e l’hanno classificato come spazzatura, il loro tasso di interesse ha iniziato a crescere notevolmente mentre l’indice del mercato azionario è crollato decisamente.
12 Per esempio, il rapporto del FMI del 22 aprile 2010 afferma che l’economia del Portogallo si stava deteriorando e sarebbe cresciuta meno del previsto e che non sarebbe stata capace di ridurre il proprio debito. Ciò ha causato un notevole incremento del tasso di interesse sui titoli di Stato a 10 anni del Portogallo, e attualmente Portogallo, Spagna, Grecia, Irlanda e Italia sono Paesi che quasi certamente incontreranno molte difficoltà nella riduzione dei loro debiti pubblici.
13 Nguyễn Sinh Cúc, “An overview on the economy of Vietnam in 2012 and a forecast for 2013”,Communist Magazine, Hanoi, Jan 2013, pp 69-73. L’impatto della crisi del debito pubblico europeo sulle esportazioni del Vietnam non è molto grande essendo le esportazioni del Vietnam principalmente beni di prima necessità. Nel 2012, la quantità di beni esportati non è decresciuta, ma non è aumentata come si prevedeva.
14 Inoltre, secondo un’analisi generale, gli IDE globali in generale e dell’UE in particolare in Vietnam, mettendo da parte la crisi attuale, sono soggetti a un numero di fattori limitativi: (i) una scarsa efficacia generale degli IDE, essendo principalmente ancora progetti di assemblaggio e di lavorazione con poco valore aggiunto e bassa capacità di partecipare alla catena del valore globale; (ii) basso rapporto tra capitale erogato e capitale sociale, progetti di piccola dimensione, di cui molti lenti ad essere realizzati; (iii) la maggior parte della tecnologia portata attraverso gli IDE non è moderna ed è solo media se paragonata al resto del modo; pochissime imprese portano alta tecnologia; (iv) il numero di posti di lavoro creati dagli IDE non è elevato, così come la qualità del livello di vita degli impiegati nelle aziende create attraverso IDE, e vi è un numero crescente di controversie di lavoro; (v) ci sono molti casi di transfer pricing ed evasione fiscale nelle imprese create da IDE con un livello crescente di sofisticazione (aumentando falsamente il valore del capitale, i costi di produzione, le spese generali, l’istruzione e così via) per creare “vero profitto, false perdite”; (iv) basso valore di diffusione ad altri settori economici; (vii) e una serie di progetti causa inquinamento ambientale e spreco di risorse.
15 Nel 2012 il tasso di crescita del PIL dell’economia vietnamita è stato solo del 5,03%, il più basso dal 2000 (Nguyễn Sinh Cúc, 2013, Ibid). Nel 2010, sebbene il tasso di crescita del PIL fosse del 6,8%, tale tasso era da attribuirsi alla bolla immobiliare e ai pacchetti di stimolo economico del 2009, la cui utilizzazione non è stata controllata e supervisionata attentamente, non venendo quindi utilizzati in modo opportuno.
16 In particolare, vi è la necessità di distinguere tra due classi di obiettivi e criteri per valutare l’efficienza degli investimenti pubblici (investimenti per scopo di lucro e non-profit), alleviare la confusione tra capitale per attività per scopo di lucro e per non-profit così come la responsabilità sociale delle aziende pubbliche.
17 Ciò può essere ottenuto attraverso la quotazione in borsa delle aziende pubbliche, riducendo il peso e il numero delle aziende pubbliche di cui lo stato detiene partecipazioni di controllo, mantenendo solo aziende pubbliche con un controllo del 100% solo in industrie o settori in cui lo stato necessita di mantenere il monopolio, o di detenere un ruolo chiave nell’economia, o in cui il settore privato non può o non vuole partecipare. Inoltre, ciò può essere fatto solo promuovendo società multi-proprietarie dove le aziende pubbliche svolgano un ruolo chiave assumendo il ruolo di direzione economica, pur operando secondo le leggi economiche, sulla base di accordi volontari e cooperazione tra entità legali indipendenti.
18 Attualmente, la Credit Law del Vietnam lo consente.
19 Dal 2007 il governo del Vietnam spende più dell’ammontare approvato dall’Assemblea Nazionale su base annuale: nel 2007, il 31% in più; 2008 – 29%; 2009 – 46%; e 2010 – 11% ( calcoli basati sulle statistiche delle stime di bilancio approvate dall’Assemblea Nazionale e sulla chiusura di bilancio alla fine di ogni anno).
20 In altre parole, tutte le sedi degli organi centrali come Banca Centrale, Ministero delle Finanze, Ministero della Pianificazione e degli Investimenti, Ufficio Generale di Statistica e così via sarebbero situati in una regione piuttosto che nelle province, come lo sono adesso.
21 Fino al 31 maggio 2012, il totale dei debiti insoluti del sistema bancario del Vietnam era di circa VND 2,5000 trilioni. Se si considera che il 10% di questa cifra è un credito inesigibile, avremmo un valore assoluto di 250 trilioni. Secondo l’esperto bancario, Nguyen Tri Hieu, i crediti inesigibili in Vietnam sono circa il 15% (VND 370 trilioni) di cui il 50% è irrecuperabile (in base ad avvenimenti internazionali precedenti), valore molto superiore rispetto ai previdenti fondi del sistema bancario (VND 70 trilioni). Allo stesso tempo, il governatore della Banca Statale del Vietnam Nguyen Van Binh ha insinuato che il tasso di debiti insoluti è solo del 4.47% (circa VND 117 trilioni) e l’84% di tutti i debiti hanno garanzie per un valore del 135% del totale dei debiti insoluti. D’altra parte, secondo l’organismo di vigilanza bancaria, il tasso dei crediti inesigibili è circa dell’8.6% dei debiti insoluti (VND 202 trilioni).
22 Secondo il decreto 141-ND-CP del 22 novembre 2006, fino al 31 dicembre 2010 ogni banca privata commerciale doveva avere un minimo di capitale statutario di VND 3 trilioni (più di USD 150 milioni). Tuttavia, a quel tempo c’erano 21 banche con un capitale statutario inferiore a VND 2 trilioni, 9 banche con un capitale statutario tra VND 2 e VND 3 trilioni, e solo 9 banche con un capitale statutario superiore a VND 3 trilioni. Al contempo, in media la banca commerciala globale ha un tipico capitale statutario tra USD 1 e USD2 miliardi.
23 Vũ Quang Việt, Crisis and the financial-credit system: Practical analysis in regard to the American and Vietnamese economy, Washington D.C., febbraio 2013.
24 Labor (Người lao động), Market-dominating financial group, 23/1/2013, (http://nld.com.vn/20130123104917462p0c1002/tap doan tai chinh lung doan thi truong.htm)

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