Asia

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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Per il medoto di ricerca ed analisi adottato

Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

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domenica 21 dicembre 2014

Orizzontecina: Sommario

 
Bentornati alla newsletter OrizzonteCina (ISSN 2280-8035). Con l'ultimo numerodiventa bimestrale e sfoggia una nuova grafica! All'interno articoli su:
• Il Mediterraneo nella strategia globale della Cina
• La strategia cinese in Medio Oriente: interessi e politiche
• La nuova strategia cinese in Africa
• Il ruolo della Cina nel dopoguerra libico
• La relazione speciale tra Cina e Grecia: intervista a Vassilios Costis, ambasciatore della Grecia presso la Rpc
• Da vassalli a signori: la grande strategia della Cina secondo Edward Luttwak
• I giovani cinesi d’Italia e la questione della loro “cinesità”
• La lunga ombra dell’inquinamento sul cielo di Pechino
• L’internazionalizzazione delle università cinesi: una questione globale
• Sviluppo sostenibile e Cina. Le sfide sociali e ambientali nel X XI secolo 
(recensione)
info: geografia2013@libero.it

mercoledì 3 dicembre 2014

Turchia: confronto a tutto tondo per il gas.

ispute marittime 
Turchia contro tutti nel Mar di Levante 
Fabio Caffio
28/11/2014
 più piccolopiù grande
Nuovo confronto tra Turchia e Cipro nel Mar di Levante. L’oggetto della crisi? Il gas della Zona economica esclusiva (Zee) e le attività di ricerca e soccorso (Sar).

Egitto, Israele e Grecia sono i partner marittimi di Cipro che si vedono sullo sfondo. Anche l'Unione europea (Ue) si schiera con Nicosia, auspicando che la soluzione della crisi debba essere giuridica, oltre che politica.

Intromissioni turche nelle acque esplorate da Eni-Kogas
Un ulteriore capitolo si è aperto nella disputa turco-cipriota che si consuma nell'estremità orientale del Mediterraneo.

A ottobre Ankara ha annunciato che una propria nave avrebbe svolto attività di ricerca nella parte meridionale della Zee di Cipro, proprio dove, nel block 9, sono state concesse licenze di esplorazione al consorzio Eni-Kogas. Navi da guerra turche hanno eseguito esercitazioni in zona, in prossimità della nave di perforazione "Saipem 10000".

Aree concessioni Zee cipriota (fonte World Bulletin).

In questo modo, Ankara, forte anche del sostegno statunitense, cerca di affermare il principio che lo sfruttamento delle risorse debba essere a beneficio della popolazione dell'autoproclamata Repubblica turca di Cipro del Nord (Rtcn).

Atene ha tuttavia ammonito Ankara a non persistere nella violazione dei diritti sovrani ciprioti, pena l’abbandono delle aspirazioni europee.

Anche se la Rtcn è considerata priva di soggettività internazionale, la Turchia ha delimitato con essa il confine meridionale della propria ipotetica Zee, venendo duramente contestata da Nicosia.

Non tenendo conto delle pretese turche, Cipro ha definito con la Grecia il limite orientale della zona di ricerca e soccorso (Sar), che è area di responsabilità, non di diritti sovrani.

Quella della Sar è infatti un'antica spina nel fianco della Turchia che da decenni protesta contro la grande estensione della Sar dell'Egeo rivendicata dalla Grecia sulla base di criteri, simili a quelli seguiti da Malta, di coincidenza con la sovrastante area di sicurezza della navigazione aerea.

Diplomazia marittima
Sfruttando la sua posizione geografica e la sua vocazione marittima, Cipro si è proposta come il motore politico di una rete di relazioni con i Paesi vicini dedicate al tracciamento dei confini delle Zee, allo sfruttamento dell'offshore, alla cooperazione nel Sar e nel contrasto ai traffici marittimi illeciti.

Qualcosa di analogo era stato fatto lo scorso anno, quando era stata lanciata, nell’ambito della politica energetica dell’Ue, la proposta di una dichiarazione congiunta della Zee greco-cipriota-maltese, senza concertarla con l’Italia.

Partita energetica nel Mar di Levante
Nel Mar di Levante si gioca il futuro dei rifornimenti di gas dell'Europa, ma anche di Egitto e Israele.

Non sono al momento definite le relative vie di trasporto, ma sembrano ipotizzabili pipelines con l’Europa (via Cipro) e con la sponda meridionale.

Il paradosso è che anche la Turchia potrebbe entrare nella partita acquisendo idrocarburi della Zee israeliana. Se adottassero un approccio economico, anche Libano e Siria - attualmente fuori dal gioco - avrebbero da guadagnarci.

Per ora, dopo la scoperta di riserve nel block 12 adiacente la Zee di Israele, Cipro pianifica la costruzione di un impianto di liquefazione a Valikos.

Ipotetiche pipelines del Mar di Levante (fonte NBL).

Dopo il rifiuto di Nicosia di portare avanti le trattative con la Rtcn finché Ankara continua nella tattica del confronto in mare, l’isolamento turco è aumentato dopo la risoluzione del Parlamento europeo del 13 novembre.

Questa condanna la Turchia per le azioni illegali e provocatorie adottate nella Zee cipriota, invitandola a ratificare la Convenzione del diritto del mare del 1982 (Unclos).

Moratoria trivellazioni?
La ferma posizione Ue indica due vie da seguire. Da un lato la soluzione politica - da sempre auspicata dalle nazioni Unite - dell’equa spartizione delle risorse energetiche tra le due comunità dell'Isola.

Dall'altro, il ricorso ai mezzi di risoluzione delle controversie marittime previsti dall'Unclos ove non si raggiungano intese sui confini e sull'esercizio dei relativi diritti sovrani.

Sembra quindi il momento che la Turchia abbandoni le posizioni di diffidenza verso il moderno diritto del mare che nel 1974, durante la controversia con la Grecia per l'Egeo, l'avevano indotta a recedere dalla soluzione giurisdizionale.

I principi dell'Unclos le consentono inoltre di far valere adeguatamente le pretese a spazi di Zee proporzionali al proprio sviluppo costiero.

Una moratoria sulle trivellazioni nelle Zee contese del Mar di Levante potrebbe avere effetti positivi: allenterebbe la tensione, eviterebbe alle società petrolifere di essere coinvolte in contenziosi internazionali, faciliterebbe successivi accordi finalizzati alla crescita economica di tutto il Mediterraneo orientale vagheggiata dalla Ue.

Utopia? Forse, ma come avviene nell'Egeo dal 1974, in certe crisi è d'obbligo adottare misure di confidenza reciproca.

Fabio Caffio è Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto di diritto internazionale marittimo.
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Cina: un approccio diverso verso il continente nero

Cina
La nuova strategia cinese in Africa
Xiaojie Xu
24/11/2014
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Le relazioni fra Cina e Africa hanno notoriamente origini molto antiche, risalendo ai tempi della prima Via della seta, fra il II secolo a.C. e il II secolo d.C. sotto la dinastia Han.

Più recentemente, l’approccio cinese ai paesi africani è cambiato: se durante la Guerra fredda Pechino elargiva aiuti in cambio di sostegno diplomatico, a partire dagli anni Ottanta è venuta sviluppandosi una più pragmatica ricerca di reciproco vantaggio (soprattutto in termini economici).

Da allora la politica cinese nei confronti del continente africano ha continuato a evolvere fino a inserirsi nel più recente e ampio contesto della nuova “Strategia della via della seta”.

Fin dai primi anni Novanta la Cina ha fatto leva su investimenti e commercio per consolidare i rapporti con i paesi dell’Africa e del Medio Oriente ricchi di idrocarburi.

Strategia della via della seta
L’obiettivo principale perseguito dalla dirigenza cinese è di assicurarsi risorse energetiche sufficienti ad alimentare la crescita economica del paese. I risultati sono notevoli: nel 2013 la Cina ha importato 1,3 milioni di barili al giorno di petrolio dall’Africa (il 23% del totale), mentre gli investimenti cinesi in Africa hanno superato i 25 miliardi di dollari Usa.

In generale, è stato calcolato che mentre il consumo di energia in Cina crescerà mediamente del 2,2% l’anno fra il 2011 e il 2035, la produzione interna crescerà di poco meno del 2%.

Si stima che le risorse energetiche importate dall’estero arriveranno a costituire il 26% dell’energia consumata in Cina nel 2020, per poi assestarsi attorno al 15% negli anni successivi, quando grazie a oleodotti e gasdotti che collegheranno la Cina ai paesi vicini arriveranno petrolio e gas principalmente da Africa e Medio Oriente (1).

Anche se gli investimenti cinesi hanno determinato un aumento della capacità produttiva e di stoccaggio nei paesi destinatari, esperti cinesi e occidentali hanno opinioni diverse circa gli effetti di tali investimenti per la popolazione locale.

Due casi specifici, l’ingresso della China National Petroleum Corporation (Cnpc) in Sudan nel 1995 e il modus operandi della Shell in Nigeria nel 1953 mostrano come un differente approccio verso le istanze della popolazione locale abbia prodotto effetti diversi sulla crescita economica e lo sviluppo.

La popolazione sudanese ha beneficiato sia della ricchezza prodotta dall’estrazione ed esportazione del petrolio sia di una maggiore attenzione alle popolazioni locali da parte del consorzio guidato da Cnpc. Il consorzio ha quindi conseguito ottimi risultati economici e mantenuto un buon rapporto con la popolazione e il governo locale.

Al contrario, Shell si è concentrata esclusivamente sull’esplorazione e l’esportazione del petrolio, trascurando esigenze delle popolazioni locali, con il risultato che sia i suoi guadagni sia le sue relazioni con il governo e la popolazione nigeriana si sono deteriorati sensibilmente.

Nonostante ciò, l’opinione generale sull’operato delle aziende cinesi in Africa rimane negativa: in un rapporto di Revenue Watch del 2011 vengono accusate di scarsa trasparenza se non addirittura di neo-colonialismo.

Nuovo approccio cinese in Africa
Inizialmente le società e il governo cinesi hanno respinto le accuse, preferendo non modificare la propria strategia africana. Tuttavia, per evitare il rischio che queste denunce compromettessero le relazioni politiche ed economiche nel lungo periodo il governo cinese ha deciso di elaborare una strategia più diversificata negli obiettivi e negli approcci, dando maggior peso alla cooperazione in settori economici diversi da quello energetico.

La visita del premier Li Keqiang in Africa a inizio maggio 2014, e il discorso che ha pronunciato presso il quartier generale dell’Unione africana (Ua) e quello al World Economic Forum on Africa sono da interpretare nell’ottica di un rinnovamento generale della strategia cinese nel continente africano.

La Cina sta tornando in qualche modo all’approccio degli anni Settanta e Ottanta, privilegiando attività che possono avere un effetto positivo sull’economia e la popolazione del paese ospite. Questo dovrebbe avvenire rafforzando la cooperazione e gli investimenti in vari settori: dall’agricoltura all’industria manifatturiera, dalle telecomunicazioni ai trasporti e aprendo zone sperimentali per lo sviluppo economico.

Grazie alle ingenti riserve di valuta estera, Pechino è in grado di fornire ai paesi africani risorse economiche per progetti in questi settori. Ad esempio, una parte dei 20 o 30 miliardi di dollari che la Cina ha deciso di stanziare come aiuti andrà alle piccole e medie imprese locali.

Oltre al fattore economico, è la sicurezza il secondo elemento-chiave della nuova strategia di Pechino in Africa. Come dichiarato sempre da Li Keqiang a maggio, la Cina sarebbe pronta ad allargare il proprio contributo per il mantenimento della pace oltre alle operazioni di peacekeeping già in atto sotto l’egida delle Nazioni Unite.

La protezione dei cittadini e degli interessi economici cinesi in Africa è sempre più una priorità per Pechino, che ha anche una speciale responsabilità come membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Queste novità si inseriscono, come detto, nella più ampia “Strategia della via della seta”. In termini geopolitici, la Cina intende guardare sia alla situazione africana in generale sia ai vari contesti sub-regionali, in modo da poter affrontare con la necessaria flessibilità i problemi diversi da zona a zona. Infine, anche se l’approccio verso i paesi africani è stato finora di carattere bilaterale, Li ha lasciato intendere che la Cina presterà maggiore attenzione alla cooperazione multilaterale.

Tutti questi cambiamenti saranno comunque introdotti con prudenza, valutandone di volta in volta le ripercussioni sia sui rapporti con i paesi africani che con quelli occidentali.

(1) Xiaojie Xu, Shijie nengyuan Zhongguo zhanwang (2013-2014) (Prospettive cinesi sull’energia nel mondo), Pechino, Shehui kexue wenxian chubanshe, 2014, p. 9-10.

Articolo pubblicato su OrizzonteCina, rivista online sulla Cina contemporanea a cura di Torino World Affairs Institute e Istituto Affari Internazionali.

Traduzione dall’inglese di Andrea Ghiselli
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Xiaojie Xu è chair fellow, World Energy, Institute of World Economics and Politics, Chinese Academy of Social Sciences (CASS).
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