Asia

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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Per il medoto di ricerca ed analisi adottato

Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

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mercoledì 30 gennaio 2013

Afganistan. Dicembre 2012


AFGANISTAN. 2012. Dicembre 6. Violenza sulle donne
La Commissione  indipendente sui Diritti Umani in Afganistan segnala che nei primi sette mesi del 2012 si sono registrati 4010 casi di violenza contro le donne, ovvero si sono raddoppiati rispetto al 2011. In 16 delle 36 provincie afgane ove l’ONU è in grado di ottenere informazioni e dati, solo il 21% dei 470 responsabili di violenze contro le donne sono stati condannati.
Parole Chiave. Coesione Sociale. Religione. Violenza sulle donne. Etnie.


AFGANISTAN.2012.DICEMBRE 12.  Rapporto del Pentagono sulla sicurezza in Afganistan
Il Pentagono ha reso noto un rapporto, riferito al periodo aprile settembre 2012, secondo il quale delle 23 brigate del nuovo esercito afgano, solo una è in grado di operare in modo indipendente, senza l’assistenza delle truppe statunitensi o delle forze Nato. Il livello di violenza nel Pese è aumentato e superiore rispetto all’analogo periodo del 2011. I talebani restano una forte minaccia eil rapporto sottolinea come “ l’insurrezione guidata dai miliziani resta determinata e conserva la capacità di piazzare un numero consistente di ordigni esplosivi improvvisati e di condurre attacchi isolati di altro profilo. Il rapporto giunge nel momento in cui la Casa bianca sta valutando la tempistica del ritiro di 68.000 soldati statunitensi e mentre sta procedendo il processo di transizione in vista del disimpegno delle forze Nato previsto nel 2014, anno in cui in Afganistan si terranno le elezioni presidenziali.
Parole Chiave: Rischio paese. Sicurezza. Coesione Sociale. Spese Militari

venerdì 25 gennaio 2013

Subcontinente Indiano II


BANGLADESH. 2012 Dicembre 7. Violenti sommosse in Bagladesh.
Incidenti di notevole entità si sono verificati a Dhaka a seguito della degenerazione di uno sciopero nazionale antigovernativo organizzato dai partiti di opposizione, guidati dal partito nazionalista del Bagladesh ( BNP) sostenuto da gruppi islamici, che aveva lo scopo di chiedere le elezioni anticipate rispetto alla fine dell legislatura prevista per il 2014. Le proteste durano anche il antre citta del paese da oltre una settimana e il bilancio è di due morti ed oltre trecento feriti.
Il Governo, di centrosinistra, è guidato da Sheikh Hasina, è stato costretto a chiudere le scuole dopo che i manifestanti degli opposti schieramenti si sono affrontati a colpi di bastone e di mnachete e lancio di bombe molotv.
Parole Chiave. Etnia. Minoranze. Religione. Coesione Sociale. Violenza nelle Manifestazioni.  

lunedì 21 gennaio 2013

Subcontinente indiano


INDIA.2012. Dicembre. 13 : Elezioni legislative nello Stato Indiano del Gujarat
Elezioni legislative del Gujarat. 181 milioni di elettori per scegliere 846 candidati. Prima fase il 14 dicembre seconda fase il 21 dicembre.
I contendenti sono: Narenda Modi, primo ministro uscente, che potrebbe essere riconfermato. Rahul Gandhi, figlio di Sonia Gandi, Esponente del Partito del Congresso I.
Modi  è uno dei falchi dell’opposizione nazionale indù del Bharatya janata party (Bjp), che nel 2002 fu accusato di aver fomentato progrom antimussulmani. E’ anche indicato come candidato dell’opposizione alla carica di primo ministro alle prossime elezioni legislative del 2014. Da dieci anni alla guida dello Stato, ha molte probabilità di essere rieletto.
Per Roul Gandhi e per il suo partito è, invece,  un banco di prova, per saggiare lo stato di saluto del Partito del Congresso I
Lo stato del Gujarat è un modello per l’industrializzazione e la capacità di attirare investimetni dall’estero; è la roccaforte della destra Indù, anti mussulmana ed anti cristiana.
Parole Chiave. Induismo. Elezioni. India. Minoranze. Etnie

martedì 15 gennaio 2013

Corea del Nord. Dicembre Cronache 4 Tensione nella Penisola coreana

10.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.16. La Corea del Sud teme un test nucleare della Corea del Nord.

Dopo il successo del lancio del missile la Corea del Sud vede una elevata probabilità di un test nucleare da parte della Corea del Nord. La Corea del nord ha fatto due esprimenti nucleari nel 2006 e nel 2009 subito dopo il lancio di vettori balistici. Secondo Seoul l’obiettivo del lancio è stato quello di sviluppare un sistema capace di trasportare testate nucleari. All’inizio del 2011 i satelli avevano rilevato i lavori di costruzione di due gallerie in preparazione per un ipotetico test nucleare sotterraneo sul sito di Punggye-ri nella provincia nord coreana di Hamgyong, dove si sono tenute le due prove precedenti. Il successo del lancio rappresenta una svolta per il regime di Pyongyang che potrebbe aver acquisito quella padronanza dell’uso dei missili balistici che cercava da tempo. Negli Stati Uniti esperti in materia di armamenti chiedono misure più efficaci per contenre l’arsenale nordcoreano.

11.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.18. Commemorato Kimg Jong II
La Korean Central Televisioni (KCTV) ha trasmesso in diretta la cerimonia, svoltasi in un clima di euforia per il successo del lancio del missile, tenutasi in uno degli Stati di Pyongyang per rendere omaggio al “caro leadere” Kin Jong II, ad un anno dalla scomparsa avvenuta il 17 dicembre 2011 a cui hanno partecipato decine di migliaia di persone ed i vertici del regime, incluso Kim Jong Un, il “giovane generale” al potere dopo la morte del padre. Durante la manifestazione durata 70 minuti, Kim Yong Nam, il presidente del Presiudium del Popolo nel discorso ha sottolineato più volte il tema del “Songun”, la politica dei “militari prima di tutto” ed ha toccato le corde di tutti i temi della propaganda nordcoreana. La Corea del Nord deve essere, in sintesi, una potenza militare mondiale legittimata dalle armi nucleari.
Di fronte al Mausuleo di Kim Jong Sung centinaia di migliaia di persone hanno osservato un minuto di silenzio.

12.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.29.Tensione nella Penisola Coreana
Il regime di Pyongyang ha velocemente riparato i danni causati dalla ultime inondazioni nel centro atomico di Pungegye-ri che ha ripreso la sua funzionalità: Secondo il centro studi della Johns Hopkins University la Corea del Nord potrebbe nel giro di due-tre settimano procedere ad un esperimento nucleare. La tesi è suffragata dallo studio di immagini satellitari. Questo dato ha fatto salire notevolmente la tensione nella penisola coreana, già alta per il lancio del vettore nord coreano a metà dicembre.

Corea del Nord. Dicembre Cronaca 3 La reazione internazionale

7.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.13. Reazioni negative al lancio del missile da parte della Comunità Internazionale

La Comunità Internazionale ha reagito negativamente al lancio del mille nordcoreano. L’ONU, attraverso Ban Ki-monn, ha deplorato il lancio che è una chiara violazione della risoluzione 1874 del 2009 del Consiglio di Sicurezza. Gli Stati Uniti hanno annunciato azioni appropriate e si è parlato di atto alatamente provocatorio. Il Giappone ha chiesto la convocazione del Consiglio di Sicirezza dell’ONU, sottolineando che il lancio è totalmente inaccettabile, e si promette una dura risposta.
La Russia ha espresso profonda preoccupazione, facendo notare che il lancio ha reso considerevolmente più difficili i colloqui sul programma nucleare. Anche la Cina, ultimo alleato di Pyonyang, ha criticato l’iniziativa, affermando che se tutti hanno il diritto a sviluppare piani di esplorazione spaziale, quei devono essere svolti nell’ambito dell’ONU. L’india ha manifestato preoccupazione. L’Unione Europea ha minacciato nuove sanzioni alla Corea del Nord, mentre la Nato, tramite il Segretario generale Fogh Rasmussen, definisce il lancio un atto provocatorio che acuisce le tensioni nella regione e rischia di destabilizzare ulteriormente la penisola coreana.

8.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.14. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU condanna il lancio nordcoreano.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha condannato il lancio ed intende continuare la discussione su come rispondere alla violazioni della Corea del Nord alle risoluzioni dell’ONU. Discussioni a porte chiuse sono in corso, mentre gli Stati Uniti hanno fatto sapere che sono pronti per una risposta chiara e forte ed intendono lavorare con i patner internazionali per isolare ulteriormente la Corea del Nord. Di contro la Cina chiede di procedere con prudenza nella valutazione del lancio nordcoreano. Fonti di stampa cinesi affermano che la Cina porrà il veto a eventuali nuove sanzioni, onde evitare possibili escalation della situazione attuale nella penisola coreana

9.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.15. Pyongyang celebra il lancio del missile
Centinaia di migliaia di nordcoreani sono stati convocati in Piazza a Pyongyang per celebrare il successo del lancio del missile. L’immensa folla, allineata sulla piazza Kim Il Sung ha applaudito i discorsi pronunciati da alti esponenti dell’esercito e del partito che hanno canto le lodi del giovane leader Kim Jong Un. Nonostante che milioni di nord coreani soffrano di malnutrizione e necessitano di aiuti internazionali i dirigenti del partito hanno sottolineato il bisogno di lanciare in futuro altri missili per sviluppare la scienza, la tecnologia e l’economia del Pese.
Da Seoul si apprende che la marina sudcoreana ha recuperato frammenti del razzo che saranno analizzati al più presto per determinare e conoscenze scientifiche e il know how balistico della Corea del Nord. Poche ore prima dei recuperi Pyongyang aveva avvisato Tokyo e Seoul che ogni tentativo di recupero di resti sarebbe stato interpretato come “atto di guerra”

Corea del Nord. Dicembre Cronaca 2 Il missile è lanciato

4.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.11. Pyongyang rinvia il lancio

La Corea del Nord ha annunciato l’estensione al 29 dicembre della finestra per il lancio del missile intercontinentale fissata tra l’11 e il 22 dicembre, giustifanco il rinvio in quanto gli scienzati hanno individuato un difetto tecnico del modulo di controllo del motore del primo stadio. Nel contempo le autorità nordcoreano insistono dell’affermare che l’iniziativa è pacifica e destinata a porre in orbita un satellite per osservazione invece di un test mascherato come sostiene la Comunità Internazionale.

5.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.12. Offensiva diplomatica della Corea del Sud
La Corea del Sud ha lanciato una offensiva diplomatica per cercare di impedire il lancio da parte di Pyongyang. Il missile ha una gittata di 6.700 chilometri potenzialmente in grado di colpire gli Stati Uniti. Il Governo di Seul ha avuto colloqui con Cina e Russia, nel tentativo dell’ultimo minuto di far desistere le autorità nord coreano ad effettuare il lancio. L’inviato sudcoreano Lim Sung Nam dovrebbe incontrare a Mosca Igor Morgulov per discutere il modo migliore di prevenire l’azione nordcoreana. Successivamente incontrerà esponenti del governo cinese. Analizzando immagini satellitari esperti sudcoreani e statunitensi affermano che i nordcoreani stanno dissamblando il razzo pronto al lancio, che sarebbe dovuta ad una carenza tecnica del modulo del motore. Queste incertezze tecniche favoriscono l’iniziativa sudcoreana tesa a fermare il controverso lancio.

6.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.13. Pyongyang lancia il missile
La Corea del Nord ha lanciato un missile e messo in orbita un satellite malgrado le pressioni della Comunità Internazionale, e violando la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, completando per la prima volta una operazione del genere. Il lancio è stato effettuato alle 9.49 ( ora coreana l’1,49 ora italiana) del 13 dicembre 2013 su una rotta verso sud, con il primo stadio caduto sul mar Giallo ed il secondo nella acque del Pacifico ad est delle Filippine, dopo aver superato l’isola di Okinawa. Il Governo nord coreano ha ribadito il suo diritto legittimo di lanciare razzi ad uso civile ed ha assicurato che continuerà il suo programma spaziale.

Corea del Nord Dicembre Cronaca 1 Un giovane al potere

1. COREA DEL NORD. 2012. Dicembre. 4. Ciclo dei festeggiamenti per Kim Jomg II.

Si sono aperti gli eventi per la commemorazione del “Caro estinto” morto il 17 dicembre del 2011 a causa di un attacco cardiaco. Il momento più caldo della serie di eventi dovrebbe essere il lancio di un razzo per la messa in orbita , tra il 20 ed il 22 dicembre, di un satellite di osservazione terrestre. Queste le intenzioni del governo nordcoerano. In realtà in Occidente si è tenuti a pensare che questo esperimento nasconda un test di un vettore a lunga gittata potenzialmente in grado di montare una testata nucleare. La Cina ha espresso la propria preoccupazione e la Russia ha invitato la Corea del nord a non effettuare il lancio.

2.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.5. Condanna dell’ONU e della Comunità Internazionale al lancio del missile nordcoreano.
Il Segretario generale dell’ONU Ban-Ki-moon è “profondamente preoccupato” per il progetto della Corea del Nord che ha già installato sulla rampa tutti e tre gli stadi del razzo, in vista del lancio che avverrà tra il 20 ed il 22 dicembre.
Anche l’Unione Europa, oltre a Cina e Russia, ha chiesto di annullare l’esperimento, mentre Stati Uniti e Corea del Sud hanno espresso una severa condanna. Il Giappone ha iniziato a dislocare le batterie di missili intercettori “Patriot”(Pac-3) nelle prefetture di Okinawa, le più a rischio per la traiettoria di lancio scelta, mentre a Tokyo saranno protetti i punti strategici e simbolici.
Il Segretario di Stato americano Hilary Clinton ha esortato Nato e Russia affinchè facciano pressioni sulla Corea del Nord per farla desistere dal lancio del razzo, che ormai tutti sospettano essere un missile balistico.

3.COREA DEL NORD. 2012. Dicembre.6. La complessa partita di Kim Jong Un
Kim Jong Un pare intenzionato a giocare una complessa partita sul piano interno con i Militari. Pochi giorni fa a defenestrato quattro militari di vertice. Tra questi il ministro della Difesa Kim Jong Gak, rimosso dopo sette mesi e sostituito da Kim Kyok Sik, l’ideatore del bombardamento di novembre 2010 sull’isola coreana di Yeonpyong, in cui persero la vita quattro persone. Questa mossa è stata vista come un consolidamento del potere di Kim Jong Un, dopo le purghe dei mesi precedenti, per il fallimento del lancio nell’aprile 2012, considerata una vera e propria onta per l’onore militare della Corea del Nord. Ora, grazie all’aiuto di tecnici stranieri, il programmato lancio del razzo dovrebbe avere successo, e questo laverebbe l’onta dei quattro precedenti fallimenti. I militari non possono sbagliare.

per contatti: ricerca23@libero.it

venerdì 11 gennaio 2013

L'Iran nella scacchiera internazionale:funzionalità al sistema o elemento deviante

( si ripropone l'articolo già pubblicato di Maurizio Cocianch per gli studenti di Sociologia)

Maurizio Cocianch
 1.     Premessa
Il ruolo del processo democratico interno all’Iran è una chiave di lettura di centrale importanza per l’analisi e la pianificazione della politica estera di molti importanti attori dello scenario internazionale.
Gli Stati Uniti, Israele, l’Unione Europea, la Cina e la Russia sono coinvolti in un processo a diversi livelli che si prefigge come obiettivo il blocco della proliferazione nucleare a fini bellici in Iran. La complessità del proposito si evidenzia nella difficoltà che si incontra nel trovare un accordo strategico che possa permettere all’Iran di ottenere i suoi obiettivi strategici[1] ed alle potenze occidentali di evitare una deviazione dal Trattato di Non Proliferazione. Il mancato rispetto da parte dell’Iran del TNP andrebbe sicuramente a significare la proliferazione di armi nucleari.
Gli interessi in gioco dei diversi attori coinvolti sono molteplici. La Russia, l’India e la Cina hanno goduto in modo diverso di questa instabilità andando a rafforzare la loro posizione energetica a livello globale ed assicurandosi rapporti privilegiati con la seconda riserva mondiale di gas ed uno dei più grossi produttori di petrolio del pianeta. Gli Stati Uniti manifestano un maggiore interesse nella stabilità regionale e nella tutela del TNP. Israele mantiene le distanze in quanto si sente minacciato direttamente dall’Iran nucleare. L’Europa non unita vuole affermarsi come attore globale mediate la risoluzione della crisi. Sul tavolo ci sono troppi attori e l’unico che beneficia di questa situazione è il regime iraniano che può sfruttare l’incertezza nella mediazione e le diverse posizioni dei mediatori.
Una cosa è sicura, la deviazione dell’Iran dalle disposizioni dal TNP comporterebbe ulteriori tensioni nel quadrante mediorientale, che potrebbero sfociare anche in azioni militari dirette verso gli impianti di arricchimento dell’uranio localizzati sul territorio iraniano e nel suo sottosuolo.
L’azione militare sarebbe un fallimento per tutti. Il processo di cambiamento interno subirebbe un arresto immediato a fronte di un compattamento sulle posizioni di regime. L’instabilità nel quadrante sarebbe alimentata dal nazionalismo iraniano e nello scenario in cui si entrerebbe le soluzioni sarebbero ancora più complesse e dolorose.
La comprensione delle modalità evolutive della società iraniana diventa sempre più importante in un contesto dove il compromesso sembra sempre più difficile.

Le evoluzioni interne alla Repubblica islamica andranno ad influenzare pesantemente lo scenario internazionale. Si può prevedere che l’orientamento di politica internazionale dell’Iran andrà a modificarsi nel medio periodo in quanto la maggioranza della popolazione, composta da giovani con meno di trent’anni, manifesta una forte insoddisfazione nei confronti dello Stato e delle istituzioni. Questa insoddisfazione e la mancanza di libertà potrebbero portare ad un soft regime change,  e, quindi, all’avvicinamento dell’Iran alla comunità internazionale ed alle sue regole.
L’Iran è pervaso da un forte nazionalismo e le metodologie di approccio che hanno gli altri Stati nel processo di mediazione ne dovrebbero tener debitamente conto. Inoltre, la popolazione ha un’accentuata sensibilità verso gli stimoli esterni e le pressioni mediatiche a cui viene sottoposta. Per questa ragione le azioni intraprese nel processo di mediazione devono essere calibrate in modo da non alimentare il fuoco della Repubblica islamica, permettendo all’attuale regime di mantenersi in vita mediante la strumentalizzazione della percezione di pericolo esterno e della volontà di potenza regionale.
In questo momento si sta assistendo chiaramente ad un processo di rivoluzione sociale. Una tipologia di rivoluzione sicuramente con effetti a lungo termine, che è caratterizzata dall’apparente immobilità ma che a seguito di stress esterni potrebbe accelerare, o deviare, il suo processo. Questa lentezza nel cambiamento è frustrante[2] soprattutto per la giovane popolazione iraniana, in quanto il bisogno di cambiamenti viene avvertito ma vi è al contempo il forte nazionalismo che mantiene la situazione stabile.
Il processo di globalizzazione[3] alimenta in modo diretto il processo di cambiamento all’interno della Repubblica islamica. Questo processo risente delle azioni della comunità internazionale e può essere sicuramente accelerato e “guidato” dai Paesi interessati alla stabilità nella regione mediorientale. Diverse sono le tipologie di azioni intraprese per alimentare il processo di cambiamento all’interno dell’Iran, soprattutto da parte degli Stati Uniti. Anche non disponendo dello strumento diplomatico, gli USA sono attivamente coinvolti in processi mediatici e di finanziamento delle opposizioni all’interno del Paese. Si corre il rischio che delle azioni troppo spinte possano influenzare negativamente l’opinione pubblica e produrre effetti indesiderati. Data la composizione della popolazione e la potenzialità economica dell’Iran si dovrebbe agire sul medio periodo, andando ad implementare azioni informative e di sussidio verso i giovani in modo che questi diventino sempre più partecipi del processo di globalizzazione culturale e quindi riuscire a far loro condividere i valori basilari delle nostre democrazie, come la uguaglianza e la libertà.

1.1        Conflittualità esplicita con gli Stati Uniti

La difficoltà di rapporti esistente tra Stati Uniti ed Iran è cosa nota. Da entrambe le parti non vi sono segnali, o sono molto deboli, che permettano di stabilire quando potrà riprendere un rapporto diplomatico e commerciale tra i due Paesi.
Da parte dell’Iran, o meglio dalla parte integralista della popolazione, gli Stati Uniti incarnano il concetto di “Grande Satana”. I principi occidentali sono visti come pericolosi per il mondo islamico e per il Paese, il materialismo e la corruzione sono nemici da combattere. Le manifestazioni nei confronti del nemico statunitense sono frequenti ma, seguendo un approccio realista, non sembra possibile che l’Iran adotti una politica aggressiva verso gli Stati Uniti. I decisori politici, e Khamenei in particolare, sono consci delle ripercussioni che il suo Paese subirebbe in caso di aggressività.
Da parte statunitense sono stati numerosi i segnali che hanno permesso di comprendere l’atteggiamento del presidente Bush nei confronti dell’Iran. Fin dal discorso d’inaugurazione dei suoi quattro anni di presidenza ha inserito l’Iran nell’”asse del male” assieme all’Iraq ed alla Corea del Nord.
Vari sono stati i richiami al ruolo della Repubblica islamica nel sostegno al terrorismo e alla sua volontà di sviluppare programmi missilistici e nucleari, corroborati dalla notizia che l’Ucraina ha venduto all’Iran 12 missili Cruise destinati al trasporto di testate nucleari con portata di 3000 chilometri[4]. Questi missili sarebbero in grado di colpire obiettivi strategici per l’Iran come ad esempio Israele.
Come molti analisti rilevano da parte americana si rischia di avere una conoscenza approssimativa della realtà politica interna all’Iran, e si correre il rischio d’interpretazioni non precise della reale situazione. Questa mancanza d’informazioni e di filtri empatici è data principalmente dalla mancanza di rapporti diplomatici e commerciali tra i due Paesi. Le percezioni sono mediate da seconde o terze parti che non fanno altro che alimentare i pregiudizi già esistenti[5].
Se non fosse per la posizione geopolitica del Paese e per la scarsa fiducia che nutrono gli Stati Uniti nei confronti del suo governo teocratico la posizione dell’Iran non dovrebbe destare alcuna preoccupazione.
L’Iran però si trova al confine con un Iraq non stabile ed in una regione dove la tensione tra Israele e Palestina è ancora al livello di guardia. Dopo l’elezione di Hamas le problematiche sembra si stiano accentuando anche a causa degli attacchi mirati che Israele continua a portare a termine contro i vertici dell’organizzazione palestinese ora al potere.
Israele non è un Paese riconosciuto dalla Repubblica Islamica e più volte si è manifestato, perlopiù sotto forma di slogan politico, la volontà di “cancellarlo dalle carte geografiche”. Tesi avvalorata dalle dichiarazioni di un alto funzionario che ha detto:  “noi non useremo mai armi nucleari contro stati membri dell’Onu. La frase, posso assicurare, non è stata scelta a caso. Avremmo potuto dire “contro altri stati”. Così dal momento che l’Iran non riconosce l’entità sionista come uno stato, Israele sarebbe rimasto fuori da questa solenne promessa. Invece non l’abbiamo fatto. Devo aggiungere altro?[6].
Gli Stati Uniti provano nei confronti dell’Iran una sensazione di pericolo e di incertezza e, come più volte manifestato dallo stesso Presidente Bush, non si escluse che gli stessi possano intervenire militarmente se il processo diplomatico e le sanzioni economiche dovessero fallire.
La richiesta di stanziamenti al Congresso da parte del Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld per un ordigno nucleare a speciale penetrazione, adatto alla distruzione di impianti e basi sotterranee, lascia presagire la preparazione ad un eventuale attacco preventivo alle facilities nucleari nascoste, che gli americani presumono esistere[7].
In tutti i casi il governo americano sta studiando le possibili modalità di intervento per “facilitare” un cambio di governo a Teheran.
Anche Israele ha più volte fatto intendere che un attacco preventivo alle strutture nucleari è possibile, una possibilità che è ancora più evidente dopo l’acquisto da parte israeliana di 6 bombe convenzionali con forte potere di penetrazione ed alcune migliaia di bombe da aereo ad alta precisione[8].
Risulta ben noto che ci sono movimenti, anche se limitati, all’interno di Israele e Stati Uniti a favore di un attacco preventivo nei confronti dell’Iran nel caso in cui le poco efficaci, sempre secondo queste correnti di pensiero, politiche diplomatiche europee[9] non andassero a buon fine[10].

1.2        L’intesa a tre europea ed il ruolo dell’Italia

L’Italia nel tavolo delle trattative tra Iran ed Europa per quanto riguarda la questione nucleare risulta assente, e non per sua volontà. Nonostante gli interessi economici e geopolitici che la nostra nazione possiede nei confronti dell’Iran è stata esclusa dal gruppo leader, un Direttorio a tre composto da Francia, Gran Bretagna e Germania. Questo può essere considerato un vero e proprio “declassamento”[11] dell’Italia nello scenario politico europeo[12].
Il Direttorio europeo, o come più diffusamente chiamato in gergo diplomatico EU 3 o UE 3, si è manifestato per la seconda volta[13] con la missione nell’ottobre 2003 da parte dei Ministri degli Esteri Dominique de Villepin, Joschka Fischer e Jack Straw a Teheran per l’inizio dei negoziati che li vedrà impegnati nel tentativo di frenare le ambizioni nucleari iraniane.
La volontà di avere un programma nucleare, dichiaratamente per scopi civili, crea forti preoccupazioni in seno agli Stati Uniti, all’Unione Europea ed all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), organismo facente parte delle Nazioni Unite.
Il gruppo EU 3 si è proposto di intervenire direttamente tramite un approccio diplomatico per attuare un’intermediazione tra la volontà e gli interessi europei e statunitensi e le legittime rivendicazioni nucleari iraniane.
L’Iran è un firmatario del trattato TNP, il che gli consente l’attuazione di una legittima politica nucleare per fini civili, che comprende anche il processo di arricchimento dell’uranio.
Altri incontri, però a livello diplomatico, sono seguiti a quelli dell’ottobre 2003 a Teheran. Nel luglio e nel settembre 2004 la Francia, la Gran Bretagna e la Germania hanno cercato di imporre gli accordi stipulati nel precedente incontro.
L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea Javier Solana ha partecipato all’incontro successivo tenutosi nel novembre 2004 a Parigi, legittimando in un certo qual modo il gruppo d’intervento EU 3.
Alla fine di questi incontri è stata presentata all’AIEA una proposta di accordo con l’Iran che prevedeva la sospensione temporanea dell’arricchimento dell’uranio tramite impianti di centrifugazione. Questo accordo ha bloccato il deferimento da parte dell’AIEA al Consiglio di sicurezza dell’ONU della politica nucleare iraniana, come più volte sollecitato dagli Stati Uniti. In questo caso sarebbe in ogni modo stato probabile il veto da parte della Cina e della Russia, visti i loro interessi diretti dal punto di vista energetico e strategico, per le eventuali sanzioni economiche.
Naturalmente l’Iran pretende delle contropartite reali da parte europea[14], e non solo, per la sua collaborazione in campo della non proliferazione. A maggior ragione del fatto che può rivendicare la piena legittimità del processo di arricchimento dell’uranio secondo i trattati TNP. La discussione su queste contropartite è iniziata a Parigi il 12 dicembre 2004 tra i Ministri degli Esteri del Direttorio.
Grazie alla sospensione temporanea delle sue attività di arricchimento l’Iran ha ottenuto l’inizio da parte della Commissione europea delle trattative per un accordo di commercio e di cooperazione.
Gli Stati Uniti si sono resi disponibili a mettere a disposizione degli incentivi economici in cambio della rinuncia dell’Iran al suo programma nucleare, dimostrando il supporto, almeno a parole, all’intervento diplomatico europeo. La contropartita chiesta dagli americani all’EU 3 è stato l’impegno di deferire l’Iran al Consiglio di Sicurezza se Teheran dovesse continuare ad opporsi alla rinuncia totale dell’arricchimento dell’uranio.

1.3        Il ruolo di Mosca

Un attore che potrebbe avere un ruolo cruciale nella partita tra Occidente ed Iran è sicuramente la Russia.
Gli interessi economici e strategici che la legano al più importante Paese del Medio Oriente sono molteplici, vanno dal petrolio agli accordi energetici. Una commistione che potrebbe agevolare l’adeguamento della politica nucleare iraniana ai requisiti richiesti dagli Stati Uniti e dall’Europa per abbassare la soglia di rischio percepita in questo momento.
Gli atteggiamenti di Mosca rimangono comunque ambigui. Dalle dichiarazioni di Putin dopo l’incontro con Bush a Bratislava il 24 febbraio 2004 si è inteso che la Russia fosse allineata con le vedute statunitensi per quanto riguarda la proliferazione di armi nucleari. Ma al contempo è chiaro che non crede possibile, o intende farlo capire, che l’Iran possa sviluppare tecnologie nucleari militari dall’esperienza nucleare civile. La costruzione di una centrale nucleare per la produzione elettrica, che sarà operativa nel 2006, non viene ritenuta prodromo di una proliferazione successiva. Nella costruzione della centrale la Russia è uno dei maggiori interessati, in quanto fornisce sia la tecnologia che presumibilmente, se il processo di arricchimento dell’uranio verrà bloccato,  anche il combustibile fissile.
Questa collaborazione economica è stata sancita anche da un discorso di Putin a seguito di un incontro con il Capo del Consiglio di Sicurezza iraniano Rowani, avvenuto nel febbraio 2005, dove ha dichiarato esplicitamente: “Le recenti iniziative di Teheran ci hanno convinto che l’Iran non ha intenzione di produrre l’arma atomica. Su questa base proseguiremo la cooperazione bilaterale in tutti i settori, compreso quello dell’energia nucleare[15].

Dopo che il 26 ottobre 2005 il neopresidente Mahmud Ahmadi-Nejad ha pronunciato ad un congresso dedicato al sionismo la frase che “Israele va cancellato dalla carta geografica[16] il mondo si è ricordato che tra Israele ed Iran esiste una conflittualità radicata.
Il rapporto di tensione tra Israele e l’Iran ha raggiunto oggi il suo apice e vi è un reale rischio per gli equilibri della regione derivante dalla possibili evoluzioni di questa difficile “vicinanza” tra una potenza nucleare, o presunta tale, ed una con un processo nucleare in elaborazione.
Israele innanzi tutto non è riconosciuto come Stato legittimo da parte della Repubblica Islamica, e non sono nuove dichiarazioni di questo tipo nei confronti dello Stato ebraico. L’ayatollah Khomeini ha iniziato ad utilizzare questa dialettica di tensione fin dal 1979, riconoscendo in Israele un nemico, più virtuale che reale, da combattere e per cui coalizzare le forze sociali interne.
Ma il sentimento anti-sionista era già presente nella popolazione iraniana durante il periodo dello scià. Attualmente la percezione di questo problema da parte della popolazione sta cambiando. Il cittadino medio solidarizza ancora con il popolo palestinese ma non crede sia più il caso di avere un coinvolgimento diretto dell’Iran nel conflitto come avveniva in passato[17].
Non pochi problemi crea questo mancato riconoscimento di Israele e, soprattutto, il supporto ad organizzazioni terroristiche operanti in Palestina per la liberazione dall’”invasore” ebraico. Le formazioni terroristiche appartenenti alla jihad, come Hezbollah, hanno da sempre fatto riferimento per quanto riguarda la formazione ed il finanziamento all’Iran. Finché non ci sarà un riconoscimento di Israele sicuramente il processo di pace con i palestinesi sarà più difficile.
Lo Stato israeliano si sente fortemente minacciato dalla volontà di potenza nucleare dell’Iran e dall’implementazione di sistemi d’arma missilistici in grado di colpire il suo territorio[18]. In varie occasioni, e l’ultima il 5 dicembre 2005, Israele si è dichiarato favorevole ad un attacco preventivo su Teheran e le sue centrali nucleari.
La volontà espressa di costruire un secondo impianto nucleare ha nuovamente posto la questione di un attacco preventivo, una posizione che è stata espressa anche dall’ex primo ministro Benjamin Netaniahu[19].
Dopo il crollo del regime iracheno l’Iran ed Israele si sono ritrovati nella posizione di uniche potenze regionali, in concorrenza tra loro per ottenere la leadership. Comunque, Israele non è disposta ad attuare una politica di equilibrio di potenza con Teheran, e quindi è probabile un attacco preventivo per evitare la costruzione di assetti nucleari. Non è pensabile che la situazione si risolva tramite rapporti diplomatici diretti, l’unica soluzione prospettabile è tramite la mediazione dell’EU 3 o di Mosca per il raggiungimento di un equilibrio.

Scenari Possibili

2.1        Proliferazione senza attacco

Uno dei tre scenari che si ritiene più probabili è quello dove l’Iran riesce a perseguire una politica di proliferazione delle armi nucleari senza subire attacchi alle infrastrutture atte alla produzione degli armamenti o del combustibile fissile.
Non è ipotizzabile che l’Iran dichiari apertamente la volontà di perseguire tali politiche. E’ invece molto probabile che segua l’esempio di Paesi come l’India ed il Pakistan, che sono arrivati all’arma nucleare senza dichiararlo esplicitamente ma facendolo percepire solo attraverso i test nucleari effettuati alla fine degli anni ’90.
Per perseguire la costruzione di armamenti nucleari l’Iran non potrebbe dare l’accesso all’AIEA per i controlli sulle centrali e sulle basi dedicate. Si creerebbe una conflittualità con questo organismo internazionale che farebbe immediatamente risaltare la volontà, anche se non esplicitata, di costruire armamenti nucleari.
In questa tipologia di scenario si immagina che Israele non attacchi l’Iran in quanto valuti questo attacco pericoloso per la radioattività emessa nella regione e per l’inefficacia dello stesso.
Questo tipo di scenario è quello meno probabile, anche alla luce delle ultime dichiarazioni di Israele e dalle reazioni passate a volontà di proliferazione in Iraq.
Se però questo si avverasse, per l’Iran sarebbe una vittoria strategica in quanto riuscirebbe a far parte del “club nucleare” aumentando la percezione di sicurezza e creando un fattore aggregante a sostegno dell’attuale governo, che sarebbe visto dalla popolazione come forte a livello internazionale.

2.2        Proliferazione con attacco israeliano

Questo scenario acquista consistenza in questo periodo grazie alle dichiarazioni fatte dal governo israeliano di voler “prevenire” una proliferazione nucleare iraniana. Questa risulta essere una minaccia credibile ed il comportamento dell’Iran sembra non valutarla in modo troppo negativo. Infatti ci sono state dichiarazioni di voler perseguire la politica nucleare civile con la costruzione di una seconda centrale attiva dopo Bushehr entro il 2006. Contemporaneamente si è però cercato di riattivare il processo di mediazione europeo per creare una sorta di bilanciamento dei rischi. La tensione che si sta creando però potrebbe essere eccessiva per la sensibilità israeliana, che potrebbe non tener conto del processo di mediazione ed attaccare comunque.
Un attacco israeliano potrebbe avere un effetto positivo per il governo iraniano in quanto prenderebbe ancora più consistenza la figura del nemico, necessaria per ottenere il supporto popolare, e quindi il “sacrificio”, al perseguimento della politica nucleare bellica. Questa verrebbe fatta percepire come indispensabile alla sicurezza del Paese e quindi un sacrificio economico maggior da parte della popolazione verrebbe accettato.
Non è prospettabile che si blocchi la volontà di perseguire l’arma nucleare in quanto le basi a disposizione per le ricerche sono difficilmente individuabili ed il programma di ricerca è già in stato avanzato.
Un attacco israeliano avrebbe un effetto negativo sull’equilibrio mediorientale e sul processo di democratizzazione iraniano. Si darebbe consistenza e legittimità al governo attuale, bloccando tutte le correnti democratiche.

2.3        Non proliferazione grazie alla mediazione del gruppo EU 3 supportato da Mosca

La soluzione che prevede la mediazione del “Direttorio” europeo, supportato ed in coordinazione con la Russia, è la soluzione che si ritiene possa portare ai migliori risultati per quanto concerne la transizione democratica iraniana ed il processo di stabilità.
Probabilmente anche dopo adeguati incentivi economici e l’accettazione formale di un accordo di non proliferazione l’Iran potrebbe perseguire comunque la volontà nucleare.
Il vantaggio sarebbe duplice, innanzitutto godrebbe dei forti incentivi economici che l’Europa e la Russia sono disposti a mettere a disposizione per la stabilità, poi l’Iran riuscirebbe comunque a raggiungere lo status di potenza regionale. La violazione degli accordi e quindi la devianza è difficilmente controllabile, sono necessari strumenti di incentivazione e di controllo molto complessi e condivisi con il governo iraniano.
Anche in questo scenario la posizione del governo sarebbe vincente, le sanzioni alle quali potrebbe venir sottoposto dopo l’accertamento del possesso delle armi nucleari sarebbe insufficiente e senza possibilità di poter modificare la situazione in essere.
Oltretutto le sanzioni potrebbero avere effetti degenerativi per il mercato petrolifero e quindi anche per l’Occidente ed i Pesi consumatori, un’arma a doppio taglio con la quale non si vuole rischiare.

CONCLUSIONI

Con la volontà da parte dell’Iran di acquisire armamenti nucleari, la possibilità di un attacco da parte di Israele o da parte degli Stati Uniti, dotati di maggiori capacità tecnologiche, appare meno remoto. Soprattutto se il processo di mediazione dovesse fallire e quindi non si riuscisse, mediante incentivi economici e di sicurezza, ad incanalare l’Iran verso un processo di non proliferazione, anche all’interno di uno sviluppo di tecnologie nucleari civili per la produzione di energia. Quest’opzione non avrà risultati benefici sulla situazione nel suo complesso.
Un’intromissione di Israele, o degli Stati Uniti, nelle questioni interne iraniane non farebbe altro che innescare un processo degenerativo all’interno della società persiana. Lo spirito nazionalista, che è già molto alto, diventerebbe lo strumento utilizzato dal regime per una coesione nei confronti delle sue politiche e gli permetterebbe di aumentare il grado di sacrificio richiesto alla popolazione in termini di benessere economico e di libertà. L’attacco non fermerebbe la volontà di perseguire un “interesse nazionale prioritario” che verrebbe visto dalla popolazione come necessario per proteggersi dagli “invasori”. Il primo attacco innesterebbe un circolo vizioso dal quale non sarebbe facile uscire, se non attraverso una guerra guerreggiata, esattamente quello che il popolo iraniano non vuole.
Sperando che questo attacco non ci sia, altre potrebbero essere le soluzioni che le democrazie coinvolte potrebbero adottare per diminuire la percezione di rischio che l’Iran suscita.
Innanzitutto la mediazione diplomatica dell’Europa è necessaria. Non si vuole dare all’Europa una centralità assoluta, dimenticando il ruolo degli Stati Uniti, ma nel caso in questione sembra evidente che, assieme alla Russia, è l’unico soggetto che può mettere sul tavolo incentivi credibili per portare alla modificazione delle politiche di proliferazione nucleare. L’Europa viene vista dall’Iran come un soggetto credibile ed in grado di offrire, essendo un fondamentale partner commerciale, vantaggi economici di un certo rilievo. Comunque, l’Europa per assumere maggiore credibilità dovrebbe agire congiunta, attraverso i suoi organi istituzionali, e non attraverso la “rappresentanza” di solo tre Paesi. Se però questo non fosse possibile per divergenza di vedute interne, la trattativa di EU 3 dovrebbe continuare, magari con l’inserimento dell’Italia, dati i traffici di assoluto rilievo che ha con la Repubblica Islamica.
La Russia ha una forte influenza sull’Iran, per questo dovrebbe agire in modo coordinato con l’EU 3 o in futuro con l’Unione Europea nel suo complesso. Il suo aiuto all’Iran nello sviluppo delle tecnologie nucleari civili dovrebbe al contempo garantire la non proliferazione di armi. Questo probabilmente potrebbe essere fatto attraverso l’accentramento dei processi di arricchimento sul suo territorio, sempre sotto il forte controllo dell’AIEA.
Il processo più importante che dovrebbe essere facilitato, e che sicuramente darebbe i migliori risultati, è il cambiamento dall’interno. Questo non inteso come il favoreggiamento di una nuova rivoluzione, ma come la facilitazione di un cambiamento sociale che potrebbe permettere, anche a medio termine, una modificazione dell’assetto istituzionale innanzitutto della Repubblica Islamica per poi arrivare alla democrazia.
Quest’obiettivo potrebbe essere raggiunto attraverso l’intervento umanitario “non invasivo” sul territorio iraniano nel momento del bisogno, come durante i fenomeni sismici, per poi arrivare alla diffusione dei media occidentali. Tutti i Paesi, anche gli Stati Uniti, potrebbero adottare una politica di questo tipo per avvicinare l’Iran alla democrazia.
L’importanza della circolazione delle persone non deve essere trascurata, gli iraniani che vanno all’estero per apprendere e che poi tornano in patria sono dei “cavalli di Troia” della democrazia. Gli studenti in primis dovrebbero avere la possibilità di studiare negli Stati Uniti, la loro meta preferita, per poi tornare in Iran con nuove idee e voglia di cambiamento.
Il popolo iraniano è pronto per forti cambiamenti, ora spetta alle “democrazie occidentali” capire come utilizzare l’onda della globalizzazione per cambiare in modo non traumatico il regime istituzionale di un Paese.[20]

BIBLIOGRAFIA

Articoli

-         Achille ALBONETTI, Il declassamento dell’Italia e l’unità dell’Europa, Affari Esteri, num. 146-aprile 2005
-         Ali ANSARI, Writing on the Wall, The World today, March 2005
-         Ali ANSARI, Prodigal President, The World today, June 2005
-         Corriere della Sera, Iran:via a un secondo impianto nucleare, 5 dicembre 2005
-         Masserat EBRAHIMI e Ziba JALALI NAINI, I giovani alla ricerca dello spazio perduto, Limes “L’Iran tra maschera e volto”,  n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso
-         Editoriale, Dopo gli ayatollah, il diluvio?, Limes “L’Iran tra maschera e volto”,  n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso
-         Henry H. GAFFNEY, Lucio MARTINO, Daniel J. WHITENECK, A Nuclear-Armed Iran’s Impact on Global Security, CEMISS Paper
-         Ali GHEZELBASH, Il petrolio come arma, Limes “L’Iran tra maschera e volto”,  n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso
-         Roger HOWARD, Why Israel fears an Iranian Bomb, RUSI Journal, n.1 2005
-         Ramin JAHANBEGLOO, Chi comanda in Iran, Limes “L’Iran tra maschera e volto”,  n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso
-         Maurizio MARTELLINI e Riccardo REDAELLI, Come si gioca al tavolo nucleare, Limes “L’Iran tra maschera e volto”,  n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso
-         Mohsen MEHRAN, Le vie del gas non sono infinite, Limes “L’Iran tra maschera e volto”,  n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso
-         Abbas MILANI, U.S. Foreign Policy and the Future of Democracy in Iran, The Washington Quarterly, Summer 2005
-         Keith MYERS, Not by oil alone, The World today, June 2005
-         Trita PARSI, Gerusalemme e Teheran non sono nemici naturali, Limes “L’Iran tra maschera e volto”,  n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso
-         Heydar POURIAN, Ricco e povero, Limes “L’Iran tra maschera e volto”,  n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso
-         Alberto RONCHEY, Se l’atomica è islamica, Corriere della Sera, 25 novembre 2005
-         Bonafsheh SAMGISS, Poveri giovani, Limes “L’Iran tra maschera e volto”,  n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso
-         Text of Mahmoud Ahmadinejad’s Speech, New York Times, 30/10/2005

Siti internet

http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/2/3687_1



[1] L’Iran vuole affermare il suo ruolo di potenza regionale ma al contempo il nucleare viene utilizzato come argomentazione aggregante nel complesso scenario di politica interna
[2] v. Ali ANSARI, Writing on the Wall, The World today, March 2005
[3] in questo caso si intende maggiormente la globalizzazione mediatica ed economica, che hanno effetti diretti sulla popolazione.
[4] v. Achille ALBONETTI, Il declassamento dell’Italia e l’unità dell’Europa, Affari Esteri, num. 146-aprile 2005, p. 325
[5] v. Ali ANSARI, Writing on the Wall, The World today, March 2005
[6] v. Renzo CIANFANELLI, Sì ai negoziati, ma rifiutiamo intimidazioni, Corriere della Sera, 28 maggio 2006
[7] v. Achille ALBONETTI, Il declassamento dell’Italia e l’unità dell’Europa, Affari Esteri, num. 146-aprile 2005, p. 328
[8] v. Achille ALBONETTI, Il declassamento dell’Italia e l’unità dell’Europa, Affari Esteri, num. 146-aprile 2005, p. 323
[9] Non si parla mai di politiche diplomatiche americane in quanto i rapporti diplomatici con l’Iran sono chiusi da circa 25 anni.
[10] v. Achille ALBONETTI, Il declassamento dell’Italia e l’unità dell’Europa, Affari Esteri, num. 146-aprile 2005, p. 325
[11] v. Achille ALBONETTI, Il declassamento dell’Italia e l’unità dell’Europa, Affari Esteri, num. 146-aprile 2005, p. 319
[12] Il declassamento secondo Albonetti si è manifestato tramite tre sintomi. Il primo, i tre vertici tra Francia, Gran Bretagna e Germania hanno portato ad alcuni importanti accordi nel settore della difesa, l’Italia non ha potuto partecipare. Il secondo, i negoziati con l’Iran sul tema nucleare vedono esclusa l’Italia. Il terzo, la candidatura della Germania a membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU, apertamente in contrasto con la visione italiana della riforma delle Nazioni Unite.
[13] I primi incontri del gruppo ristretto risalgono al giugno 2003.
[14] v. Achille ALBONETTI, Il declassamento dell’Italia e l’unità dell’Europa, Affari Esteri, num. 146-aprile 2005, p. 325
[15] v. Achille ALBONETTI, Il declassamento dell’Italia e l’unità dell’Europa, Affari Esteri, num. 146-aprile 2005, p. 327
[16] Alberto RONCHEY, Se l’atomica è islamica, Corriere della Sera, 25 novembre 2005
[17] v. Trita PARSI, Gerusalemme e Teheran non sono nemici naturali, Limes “L’Iran tra maschera e volto”,  n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso, p. 173
[18] v. Roger HOWARD, Why Israel fears an Iranian Bomb, RUSI Journal, n.1 2005, p. 65
[19] v. Corriere della Sera, Iran:via a un secondo impianto nucleare, 5 dicembre 2005
[20] Articolo chiuso e giunto in Redazione il 14 giugno 2006.