Asia

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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Per il medoto di ricerca ed analisi adottato

Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

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lunedì 2 febbraio 2009

Macroregione: Asia Medio Oriente

Articolazione

Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Iran, Iraq, Israele, Kuwait,
Libano, Oman, Autorità Palestinese (Gaza e Cisgiordania), Qatar, Siria, Turchia, Yemen

Arabia Saudita
2.149.690
27.601.038
Bahrain
665
708.573
Emirati Arabi Uniti
83600
4.444.011
Giordania
92.300
6.053.193
Iran
1.648.000
65.397.521
Iraq
437.072
27.499.638
Israele
20.770
6.426.679
Kuwait
17.820
2.505.559
Libano
10.400
3.925.502
Oman
212.460
3.204.897
Autorità Palestinese (Gaza e Cisgiordania)
6220
3.702.212
Qatar
11.437
907.229
Siria
185.180
19.314.747
Turchia
780.580
71.158.647
Yemen
527.970
22.230.531


Analisi dei fattori di squilibrio della macro area (2006)

1-2) CONFLITTI / PAESI LIMITROFI IN CONFLITTO - La situazione nella zona e’ particolarmente calda per quanto riguarda i conflitti. 3 Sono le aree di maggior criticita’: Israele, il Libano e l’Iraq. Andandole ad analizzare piu’ nel dettaglio la situazione di Israele e’ ormai annosa e riguarda soprattutto i conflitti con l’autorita’ Palestinese e al confine con il Libano. Recentissima la polemica per la volonta’ di Israele di costruire un muro che separi il paese. L’escalation di violenza tende a ripetersi nel tempo a fasi alterne tra tregue e rinascita di nuovi focolai. In Libano i problemi maggiori sono nella zona Sud del paese. Gia’ nel 1982 in seguito alla guerra con Israele il paese si trovo’ in una situazione di instabilita’. In quell’occasione l’esercito israeliano per sradicare dal Libano la presenza armata palestinese si spinse ben oltre il sud-Libano in cui le unità della resistenza palestinese s'erano insediate, arrivando fino a Beirut dove aveva sede l'OLP. Il 12 luglio 2006, le milizie del gruppo radicale sciita Hezbollah, filo-siriane, attaccarono una pattuglia delle IDF in perlustrazione nei pressi del villaggio di Zar'it, uccidendo tre soldati e catturandone due. Israele iniziò così un'offensiva militare contro il Libano, diretta a neutralizzare il dispositivo armato di Hezbollah e le sue possibilità offensive. Attualmente sono impegnati nella nazione circa 70000 militari della forza multinazionale di interposizione nel Libano meridionale (UNIFIL). Le truppe multinazionali (guidate dalla Francia, a cui è subentrata l'Italia nel febbraio 2007) secondo la Risoluzione 1701 intraprenderanno inoltre ogni azione necessaria per assicurare che la loro area d'operazioni non sia utilizzata per attività offensive di ogni genere. La situazione in Iraq e’ quella di un paese in guerra. Nei primi anni ‘90 ci fu la prima guerra irachena in seguito alla minaccia perpetuata dal proprio dittatore Saddām Husayn nei confronti del Kuwait. In seguito agli avvenimenti dell’ 11 Settembre 2001 poi Gli stati Uniti invasero l’ Iraq con la presunzione di trovare armi di distruzione di massa. Il dittatore fuggi’ per poi essere catturato e consegnato alla giustizia Iraquena. Il paese e’ tutt’ora in una situazione di guerra.

3) RIFUGIATI - Critica la situazione dei rifugiati in molte aree. La realta’ della guerra che in alcuni paesi e l’instabilita’ cronica della regione rende la situazione rifugiati molto grave. La guerra in Iraq e la situazione israelo – palestinese sono le situazioni più critiche. Paesi maggiormente interessati dal flusso di rifugiati per la questione iraquena sono le nazioni di confine quindi l’Arabia Saudita, la Giordania, la Siria e l’Iran. Riguardo la situazione israeliana invece i rifugiati provengono soprattutto dalla palestina. Basta in proposito ricordare la questione della costruzione del muro Israeliano per evitare il transito di popolazioni e terroristi palestinesi nel proprio territorio.

4) DISOCCUPAZIONE - La disoccupazione non risulta essere in Medio Oriente un fattore destabilizzante. Fa eccezione la situazione in Iraq dovuta essenzialmente alla crisi in cui versa il paese

5) SFRUTTAMENTO PETROLIFERO/ORO/DIAMANTI - La risorsa maggiormente presente nella zona e’ quella petrolifera. Oro e diamanti non sono presenti in quantita’ significative. Totalmente diversa e’ la situazione per quanto riguarda lo sfruttamento del petrolio. I paesi sono quasi tutti dei produttori ed esportatori di petrolio ed il suo sfruttamento risulta essere portante nell’economia.
5 dei maggiori produttori mondiali del paese sono localizzati nella zona:
N° Paese Milioni di barili (bbl) % sul totale
1 Arabia Saudita 264.300 21,9%
2 Iran 137.500 11,4%
3 Iraq 115.000 9,5%
4 Kuwait 101.500 8,4%
5 Emirati Arabi Uniti 97.800 8,1%

6) AREA GEOGRAFICA (MIGLIAIA DI KMQ) - L’area non e’ particolarmente vasta e caratterizzata da clima estremamente caldo e da paesaggi desertici. Risulta essere un crocevia tra l’Europa, l’Asia e l’Africa.

7) AREA FORESTALE - Non risultano esserci aree forestali.

8) FAZIONI ETNICHE / RELIGIOSE - Gli sciiti costituiscono circa il 10 per cento degli 1,3 miliardi di musulmani del mondo. Di questi, circa 120 milioni (sia persiani sia arabi) vivono in Medio Oriente. Sono maggioranza religiosa in Iran, Iraq, Libano e Bahrein e rappresentano una significativa minoranza in Siria, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Da un punto di vista dottrinario, le differenze tra sunniti e sciiti sono non tanto teologiche quanto epistemologiche. Mentre i sunniti hanno enfatizzato l’interpretazione testuale delle scritture e la loro applicazione giuridica, gli sciiti hanno optato per un’interpretazione simbolica del Corano alla ricerca della verità della fede. L'ala principale costituente l'Islam maggioritario è però quella sunnita; i sunniti seguono i famosi detti (hadith) di Maometto. Le fonti principali del diritto islamico sono proprio Corano e Sunna. Seguono questo orientamento la maggior parte dei paesi arabi e islamici del Medio Oriente e del Nordafrica. Altra fazione etnica e’ quella dei Curdi presenti soprattutto in Turchia e nella zona Nord dell’Iraq. Da notare poi la presenza predominante di ebrei nello Stato di Israele.

9) MOVIMENTO INTERNO STRATI POPOLAZIONE (MIGLIAIA) - Le realta’ maggiormente interessate da movimenti di strati di popolazione risultano essere la Siria, l’Iraq, Israele e la Turchia. Questi movimenti risultano essere spesso causa di destabilizzazione soprattutto per quanto riguarda realta’ come la Turchia. Qui infatti troviamo movimenti molto cospicui di popolazioni Curde che si muovono verso la frontiera sud con l’Iraq oppure verso l’occidente attraverso il mediterraneo (la Germania risulta essere meta privilegiata). Analoga la situazione Siriana i cui confini risultano essere aperti per le popolazioni provenienti soprattutto dall’Iraq. La questione Israeliana riguarda soprattutto i movimenti della popolazione palestinese e quelli dei coloni israeliani.

10) REGIME POLITICO - Il rapporto fra Islam e democrazia è uno dei temi principali fra quelli che fanno da sfondo ai tumultuosi eventi del Medio Oriente e ai difficili rapporti fra quella regione e l’Occidente. il pluralismo non appartiene al codice genetico della maggior parte dei governi musulmani mediorientali. Anche quando si tengono elezioni con un’ampia partecipazione e anche quando c’è un’opposizione, non ne consegue necessariamente né un cambiamento politico né la libertà. E’ stato il clero iraniano che ha scelto i candidati alle presidenziali. E’ stato sotto il controllo esclusivo del partito palestinese Fatah che sono stati scelti i candidati per le presidenziali di gennaio 2005.

11) NUOVI STATI FORMAZIONE INSTABILE - La zona e’ caratterizzata da situazione diverse e contrapposte. Convivono Stati con una realta’ internazionale consolidata e Stati di nuova formazione particolarmente instabili. Tra gli Stati radicati nel territorio possiamo annoverare nazioni quali la Turchia, l’Iran, gli Emirati arabi, l’Arabia saudita. Andando invece ad analizzare gli Stati instabili di nuova formazione una menzione speciale merita la questione palestinese. Gaza e Cisgiordania sono governati dall’autorita’ nazionale palestinese; una situazione molto particolare perche’ questa autorita’ ha un controllo sulla zona, ma la stessa e’ ancora lontana dall’assurgere al rango di Stato.

12) CORRUZIONE - Questo fattore si riferisce al grado di corruzione percepito come rilevato da analisi di settore. Il fattore e’ abbastanza disomogeneo e si passa da zone in cui risulta assente a zone in cui la corruzione e’ un grave fenomeno tale da essere percepito come normale dalla popolazione.

13) PNL PRO-CAPITE - Il pnl pro-capite e’ molto alto nei paesi della zona. Cio’ e’ dovuto essenzialmente alla grande ricchezza di risorse naturali; nella fattispecie il petrolio. In contrasto con questa realta’ risultano essere alcune nazioni come l’Iraq, lo Yemen, Gaza e la cisgiordania. La ragione fondamentale che impedisce un’accrescimento del PNL pro capite in molte zone e’ la presenza di situazioni instabili e di guerra.

14) LA CRESCITA ECONOMICA - Sulla scia dei rialzi dei prezzi del petrolio negli anni Settanta, i paesi mediorientali hanno mostrato la tendenza a spendere, piuttosto che a investire, i ritrovati ricavi. Tuttavia oggi la situazione è differente. Il successo mediorientale si basa su un insieme più vasto di fattori economici e politici, e non esclusivamente sul petrolio. Gli afflussi di capitale a seguito dell'11 settembre, nonché i tentativi di deregolamentazione e di liberalizzazione hanno costituito la base per una significativa crescita economica negli ultimi quattro anni. La prevista diversificazione dal settore del petrolio ad altri segmenti, quali il settore finanziario, turistico, edilizio e quello associato all'edilizia (ad es. settore delle telecomunicazioni, informatico, energetico, idrico ed elettrico) dovrebbe contribuire in modo significativo in futuro alla crescita economica della regione, in un quadro economico generalmente positivo. Dal 2004 i mercati azionari mediorientali hanno registrato delle performance straordinarie. Un consistente afflusso di petrodollari sui mercati finanziari locali, grazie a maggiori ricavi dal settore petrolifero e ad alcuni segnali concreti nel campo delle riforme economiche sono stati i fattori chiave che hanno sospinto il mercato azionario. Nonostante la perdurante instabilita’ in Iraq, anche gli investitori scommettono sempre più su un miglioramento delle prospettive relative alla stabilita economico-politica della regione in generale.

15) FORZA LAVORO IN AGRICOLTURA - Vista il paesaggio prevalentemente desertico e le ingenti risorse petrolifere nei paesi della zona l’agricoltura non risulta essere un fattore determinante. Inoltre le economie della zona si basano prevalentemente sullo sfruttamento delle risorse naturali e su altri segmenti quali ad esempio quello finanziario.

16) AIUTO ESTERO - L’aiuto estero non risulta essere un fattore destabilizzante. Nella formazione del Prodotto Nazionale Lordo degli Stati la percentuale di aiuto estero non risulta essere cosi’ elevata da influire in modo determinante.

17) HIV/AIDS (%) - il 67% dei casi di trasmissione del virus AIDS avviene attraverso i rapporti eterosessuali. L’80% di donne arabe viventi hanno contratto l’AIDS attraverso le relazioini coniugali. Secondo i dati dell’ONU (Organizzazione Nazioni Unite) e dell’OMS (organizzazione Mondiale per la Sanita’) 39,5 milioni di persone nel mondo vivono con l’AIDS, 1,7 milioni di queste persone si trovano nel mondo arabo. Nel 2006 si calcola che circa 68.000 persone nel mondo arabo sono state colpite dal virus. Secondo Khadija Moalla, tunisina,direttrice del programma regionale per la lotta contro l’AIDS di HARPAS dal 2003, non esiste la volonta’ politica dei governi arabi di riconoscere che l’AIDS esiste. Sembra che i governi non vogliano lottare per arrestare la malattia, per loro il problema AIDS non e’ prioritario, non e’ considerato urgente.

18) SPESA MILITARE - La % di spesa militare per i paesi della zona e’ molto alta. In genere si attesta tra il 3% e il 10%. Cio’ rischia di essere un fattore molto destabilizzante perche’ rischia di innescare un circolo vizioso in cui tutte le nazioni della zona decidano di armarsi sempre piu’ innescando una possibile competizione nella percezione che i vicini si stiano armando con finalita’ espansionistiche.

19) DISASTRI NATURALI - I disastri naturali non risultano essere un fattore di criticita’ per il Medio Oriente. Uniche eccezioni in negativo risultano essere la Turchia e il Kuwait.

20) ISOLAMENTO GEOGRAFICO - La zona è un crocevia essenziale per il trasporto di merci e persone nel mondo. Le infrastrutture per trasportare i beni fuori al paese risultano essere forti e i mezzi efficaci. I paesi della penisola si affacciano e formano un collegamento tra il mar mediterraneo , il mar Rosso, il mar Nero e il mare Arabo. Inoltre e’ situata in posizione mediana tra i paesi dell’Asia, Europa e Africa. Cio’ contribuisce in modo determinante per quanto riguarda lo sviluppo di commerci visto che gran parte delle merci trasitano per queste zone.
21) INDICE DI SVILUPPO UMANO - Un indice composito che misura il grado di sviluppo umano tenendo conto di vari fattori quali quello della durata e della qualita’ della vita, ma anche lo stato di salute ed istruzione. La maggior parte dei paesi si attestano su valori molto positivi o positivi. Una menzione particolare merita ad esempio il sistema di pronto soccorso Israeliano che risulta essere un esempio per tutte le altre nazioni del mondo.
22) POPOLAZIONE - Il numero della popolazione nell’area e’ alto e concentrato soprattutto nelle regioni costiere.
23) CRESCITA DEMOGRAFICA - Rispetto agli anni ’70 colpisce il crollo della fecondita’ nei paesi Medio Orientali ormai proiettati verso i 2 figli per famiglia. In contrapposizione l’invecchiamento della popolazione fa passare dal 4% al 9% la percentuale degli ultrasessantacinquenni. Notevole risulta quindi l’abbassamento del tasso di mortalita’.Passando alle trasformazioni delle città mediterranea e’ opportuno rilevare come la Giordania risulti essere il paese mediterraneo con la maggior crescita di popolazione rurale (+3%), all'opposto della Palestina che risulta avere un incremento (+4,5%) della popolazione urbana

ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI -

La presenza di organizzazioni internazionali e’ massiccia. Le maggiori organizzazioni internazionali sono presenti nella zona. Varie missioni sono state autorizzate e sono tutt’ora in corso con mandato Onu o Nato.Tra le piu’ importanti nel settore sanitario e di supporto alla popolazione e’ opportuno ricordare la Croce Rossa Internazionale ed Emergency presenti soprattutto in Iraq con scopi prettamente umanitari.

1. Organizzazioni internazionali presenti nella macro area

La quantita’ di organizzazioni internazionali presenti nell’area e’ molto elevata. Ci limiteremo a dare dei cenni generali di 3 tra le piu’ importanti organizzazioni.L’OPEC (acronimo di “Organization of the Petroleum Exporting Countries” - organizzazione dei paesi esportatori di petrolio -) è stata fondata durante Conferenza di Baghdad nel Settembre del 1960, inizialmente ne facevano parte 5 Paesi (Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita e Venezuela), in seguito il loro numero è salito ad 11, con l'ingresso del Qatar (1961), dell'Indonesia (1962), della Libia (1962), degli Emirati Arabi Uniti (1967), dell'Algeria (1969) e della Nigeria (1971). Insieme coprono circa il 40% della produzione petrolifera mondiale e il 14% di quella di gas naturale. Nel loro sottosuolo, inoltre, è racchiuso quasi l'80% delle riserve di petrolio planetarie, un quarto lo detiene la sola Arabia Saudita. Si tratta di un’organizzazione internazionale che raggruppa alcuni stati che hanno nell’esportazione del petrolio la loro maggiore fonte di entrate economiche. Proprio perché la più consistente fonte di guadagni di questi paesi è data dalla vendita del greggio (detenuto per la maggior parte da questi Stati), risorsa, che, una volta esaurita, necessita milioni di anni per riformarsi, l'OPEC controlla e limita la produzione di petrolio da parte dei paesi membri. Obiettivo dell’organizzazione è la stabilità del mercato del petrolio, attraverso una regolazione dei livelli di produzione dei paesi membri che aiuti a mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta. I paesi membri organizzano frequenti incontri tra i propri ministri del petrolio, al fine di coordinare ed unificare le proprie politiche petrolifere. Questi incontri, chiamati Conferenze, si tengono per lo meno due volte all'anno. Sebbene la quota di produzione petrolifera Opec sia meno della metà di quella mondiale, in realtà la sua percentuale sul petrolio scambiato nei mercati internazionali sale al 60%. Infatti una grossa fetta della produzione petrolifera degli estrattori non aderenti all'Opec viene destinata al fabbisogno interno dei vari paesi. Scegliendo di estrarre più o meno petrolio, dunque, i paesi Opec possono influenzare il prezzo greggio di tutto il mondo. Tuttavia non bisogna dimenticare che una cosa è il -prezzo del petrolio e un'altra quella dei suoi derivati, come la benzina, dove incidono molto anche i costi di trasporto, raffinazione, distribuzione e più pesanti di tutto, le tasse. Due volte all’anno, o più frequentemente, se necessario, i ministri del petrolio e dell’energia dei paesi membri si riuniscono in un vertice, nel quale viene deciso il livello di produzione. Gli undici membri dell’Opec gestiscono in totale circa il 40% della produzione petrolifera mondiale, e possiedono oltre il 75% delle risorse petrolifere disponibili al mondo. La Lega degli Stati Arabi (meglio nota come Lega Araba) è un’associazione volontaria di Stati arabi sovrani. È stata fondata nel marzo 1945 con lo scopo di rafforzare i legami fra gli Stati arabi e di coordinare le loro politiche al fine di promuovere il benessere e l’unità del mondo arabo. La sede ufficiale della Lega è al Cairo, Egitto. Tra i paesi attualmente membri possiamo annoverare: Algeria, Iraq, Qatar, Arabia Saudita, Kuwait, Somalia, Bahrain, Libano, Sudan, Comore, Libia, Siria, Djibouti, Mauritania, Tunisia, Egitto, Marocco, Yemen, Emirati Arabi Uniti, Oman, Giordania, Palestina* (La Palestina è considerata come uno stato indipendente, quindi è un membro a pieno titolo della Lega). La Lega Araba nasce nel 1945 con lo scopo di promuovere la cultura araba attraverso la coordinazione degli stati che si definiscono arabi, nel campo economico, politico e culturale. La missione della Lega è molto ambiziosa e si scontra con le peculiarità e gli antagonismi interni al mondo arabo. Questa organizzazione è stata spesso teatro di scontri e confrontazioni fra i Paesi arabi. La Lega, inoltre, ha cercato di svolgere un ruolo importante nella risoluzione dei conflitti che hanno attraversato il mondo arabo, in primis la questione palestinese, le guerre del Golfo ed anche la guerra civile del Libano. La Lega Araba è intervenuta fornendo aiuti finanziari ed umanitari ma soprattutto ha cercato di creare degli spazi di mediazione fra le parti in causa.I rapporti fra i paesi membri non sono sempre stati armoniosi. Nel 1979 l’Egitto fu espulso dall’organizzazione e la sede trasferita a Tunisi, in segno di protesta nei confronti del Presidente egiziano Anwar al-Sadat, che aveva firmato gli accordi di pace con Israele a Camp David. L’Egitto fu riammesso soltanto nel maggio 1989.
La Lega Araba cerca di promuovere la cooperazione fra gli stati arabi in tutti i settori, attraverso la formazione d’istituzioni ed agenzie specializzate. In particolare il suo ruolo internazionale è emerso in quattro settori:
Sostegno ai paesi arabi che lottavano per l’ottenimento dell’indipendenza dalle potenze coloniali. In particolare, la Lega ha giocato un ruolo importante nel caso dell’Algeria, Sultanato dell’Oman, Yemen del Sud (prima dell’unione con lo Yemen del Nord) ed il Sudan.
Mediazione nei conflitti fra i paesi arabi, ad esempio: il conflitto fra Egitto e Sudan nel 1958, Marocco ed Algeria nel 1963, Yemen del Sud contro Yemen del Nord nel 1987, ed anche la guerra civile del Libano. In quest'ultima occasione fu fondata una “forza di deterrenza”, nel 1976, al fine di supervisionare i tentativi di cessate il fuoco ed, in seguito, per garantire il mantenimento della pace. Sin dal 1950, all’interno della Lega esiste una “Permanent Military Commission”, composta dai rappresentanti di tutti gli eserciti dei paesi arabi, che ha il compito di definire i piani di difesa, valutati dalla “Joint Defence Council”, composta dai Ministri degli Esteri e della Difesa. Le decisioni di questo consiglio, approvate con la maggioranza relativa di 2/3, sono vincolanti per tutti i membri.
Promuovere la cooperazione inter-araba attraverso la formazione di agenzie specializzate che operano in diversi settori: economia, finanza, comunicazione, sviluppo economico, sociale e culturale. Fra le più importanti possiamo citare: “Arab Labour Organization”, “Arab Fund for Economic and Social Development”, “Arab monetary Fund”, “Arab League Educational, Cultural and Scientific Organization (ALESCO)”, “Arab States Broadcasting Union (ASBU)”, “Arab Satellite Communications Organization (ARABSAT)”, “Arab Permanent Telecommunication Committee” ed il “Arab Postal Committee” che opera all’interno del “Arab Telecommunication Council of Ministers (ATCM)”.
Rappresentare i paesi arabi nelle più importanti istituzioni internazionali come le Nazioni Unite e le sue organizzazioni specializzate, ma anche nelle Unione Africana.
Il Consiglio di Cooperazione degli Stati Arabi del Golfo (comunemente chiamate Gulf Cooperation Council - GCC) è stato fondato il 25 maggio 1981 da sei paesi arabi: Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti ed Arabia Saudita. La sede ufficiale è a Riyadh in Arabia Saudita. Nel 1996 lo Yemen richiese ufficialmente di diventare un membro a pieno titolo del GCC, ma solo nel dicembre 2001 il Consiglio Supremo lo ammise come membro permanente al “Arab Bureau of Education for the Gulf States”, gli concesse di partecipare agli incontri dei Ministri della Salute, Lavoro ed Affari Sociali, inoltre, lo Yemen partecipa al torneo biennale di calcio del Golfo.Il GCC cerca di promuovere e consolidare la cooperazione in tutti i settori degli Stati arabi del Golfo. I primi passi sono stati mossi nel campo economico e commerciale, negli anni ’80 e ’90 sono stati firmati diversi accordi che favoriscono la circolazione dei beni e delle persone. Già nel 1981 i ministri del GCC firmarono un “unified economic agreement” con il quale si proponevano d’incentivare la libertà di movimento dei beni e delle persone, l’abolizione delle tasse doganali, la collaborazione tecnica e l’armonizzazione dei regolamenti bancari e finanziari.Nel 1987 i governatori delle banche centrali degli Stati membri raggiunsero un accordo di principio per coordinare i tassi di cambio delle valute, ratificato dal Consiglio Supremo a novembre dello stesso anno. Il Kuwait entrò fu ammesso al sistema monetario dei paesi del GCC nel 1993, per proteggere le valute dalla crisi economica conseguente l’occupazione iraqena del Kuwait.
Con l’accordo del 2001, il Consiglio Supremo propose l’adozione di una moneta unica, legato al dollaro americano, entro il 2010. La sicurezza regionale è una priorità del GCC, soprattutto in seguito alla guerra Iraq – Iran, l’occupazione iraqena del Kuwait ed all’aggravarsi delle dispute territoriali fra i paesi del Golfo. Attraverso una serie d’accordi fra i paesi del Golfo ed altri paesi arabi, come l’Egitto e la Siria, il GCC ha cercato di svolgere un ruolo di mediatore nelle dispute interne e cerca di sviluppare una strategia comune per la stabilità della regione. Nel 1984 gli Stati membri s’accordarono sulla necessità d’avere un'unica forza armata che potesse intervenire rapidamente per difendere la regione da attacchi esterni. Nacque così la “Peninsula Shield Force”, formata da unità armate provenienti da tutti gli Stati membri, basata nella regione nord-orientale dell’Arabia Saudita. L’occupazione del Kuwait mostrò tutti i limiti della “Peninsula Shield Force”, che non partecipò attivamente al conflitto perché non era abbastanza sviluppata. Di conseguenza, il GCC insieme all’Egitto e Siria firmarono la “Dichiarazione di Damasco”, nel marzo 1991, con la quale le otto nazioni s’impegnavano a stabilire una forza regionale di “peace-keeping”. In giugno, Egitto e Siria, le cui truppe dovevano costituire il contingente maggiore, si ritirarono a causa del disaccordo sulla composizione di tale forza armata e sulla remunerazione. Le otto nazioni mantengono tuttora un accordo di mutuo soccorso. La “Peninsula Shield Force”, sebbene non abbia le capacità per compiere azioni militari rilevanti, cerca di coordinare le forze armate nazionali e di monitorare le situazioni di crisi che possono degenerare in conflitti armati.

Macroregione: Asia. Sub continente indiano

Articolazione
India, Pakistan, Bangladesch, Bhutan, Maldive, Nepal, Sri Lanka

India
3.287.590
1.129.866,154
Pakistan
803.940
164.741.924
Bangladesch
144.000
150.488.339
Bhutan
47.000
2.327.849
Maldive
300
369031
Nepal
147.181
28.901.790
Sri Lanka
65610
20.926.315

Analisi dei fattori di squilibrio della macro area (2006)

CONFLITTI - Il fattore storico dei conflitti è uno dei fattori che possono causare persistente squilibrio in un’area geografica. In particolare, per la stabilità della regione, sono da evidenziare i conflitti fra India e Pakistan del 1947, 1965 e del 1971; conflitti che hanno visto contesa la zona del Kashmir. Ad oggi la situazione non è risolta, e continua ad essere fonte di instabilità per la permanenza di gruppi terroristici all’interno del Kashmir. Ad aggravare il potenziale distruttivo è il fatto che entrambi i Paesi sono, a partire dagli anni 90, potenze nucleari. La situazione in Tibet è caratterizzata da grande instabilità in seguito all’insorgenza Maoista del 1996 che ha portato ad un periodo di vuoto di potere. Nel 2006 è stata firmata una tregua fra le fazioni ma la situazione non è risolta. Inoltre lo Sri Lanka è devastato da una guerra civile in atto dal 1983, un cessate il fuoco è stato firmato, dalle parti in conflitto, nel 2002 ma permane una situazione di forte instabilità.

PAESI LIMITROFI IN CONFLITTO - Di grande rilevanza per la stabilità del subcontinente indiano è la situazione di alta crisi in cui si trova il vicino Afghanistan. Va ricordato, inoltre, il ruolo che ha avuto, negli anni, il Pakistan nell’influenzare la politica in Afghanistan. A partire dagli anni della lotta contro l’occupazione Sovietica all’attuale supporto indiretto ai Taleban, il Pakistan ha sempre avuto un ruolo di primissimo piano nel determinare la vita dell’Afghanistan. Nel corso degli anni 80 sono sorte in Pakistan scuole religiose, dette Madrasse, che hanno indottrinato diverse generazioni all’estremismo islamico e alla guerra santa contro l’invasore. Inoltre, la componente estremista presente in Pakistan e impegnata a destabilizzare il presidente Musharaf causa grande preoccupazione per il futuro della regione. Questo conflitto in Afghanistan crea quindi una grande quantità di rifugiati che affluiscono nell’area sotto osservazione.

RIFUGIATI - Esiste un gran numero di rifugiati nel subcontinente indiano a causa dei conflitti nei Paesi limitrofi. In Pakistan sono, infatti, presenti più di 1,82 milioni di Afgani in fuga dalle zone di guerra nel loro Paese. In India affluiscono rifugiati Tibetani (77.200), Afgani (9.700) e Cingalesi (50.730). Larga parte dei rifugiati presenti in Nepal provengono dal Bhutan (106.000) e dal Tibet. Nel Bhutan sono invece presenti più di 100.000 Hindus confinati in 7 campi gestiti dalle Nazioni Unite. Inoltre il Bhutan ha problemi d’infiltrazione dei separatisti indiani. Queste grandi masse di persone, migrando in massa in cerca di pace, causano grandi problemi sociali che possono divenire causa d’instabilità.

DISOCCUPAZIONE - La disoccupazione non è assolutamente un fattore di rischio in Bhutan ed in Bangladesh (2,5%), dove però c’è il fenomeno della sottoccupazione. La situazione in India ed in Sri Lanka non è allarmante: il tasso di disoccupazione si attesta intorno all’8% mentre in Pakistan arriva al 6,5%. Il quadro cambia quando si guarda al Nepal che ha una disoccupazione che sfiora il 40%. Questo dato può portare a conseguenze sull’ordine sociale, rappresentando, un fattore di grande instabilità.

SFRUTTAMENTO PETR/ORO/DIAM - Alcuni Paesi del subcontinente indiano sono moderatamente dotati di risorse primarie. In particolare il Bangladesh è il primo produttore di petrolio dell’area, con l’India che segue con 785.000 barili/giorno ed il Pakistan che produce 63.000 barili/giorno. L’India è fonte di diamanti ed altri metalli, inoltre l’India è il 4° Paese al mondo per riserve di carbone. Il Pakistan invece ha riserve di gas naturale e metalli di bassa qualità. Il Nepal ha limitate riserve di ferro, carbone, e quarzo che tuttavia non rappresentano rilevante fonte di reddito per lo Stato. Lo Sri Lanka non può vantare risorse naturali che permettono di dare impulso alla propria economia. In termini più generali, la scarsità di risorse naturali sfruttabili per l’export e per il fabbisogno nazionale, non è certo un fattore che aiuta la crescita economica e quindi la stabilità dell’area.

AREA GEOGRAFICA - Questa categoria intesa come capacità di controllo del territorio, e quindi fattore di rischio, ha rilevanza solo per l’India all’interno dei Paesi trattati. Infatti l’India si pone come il Paese con la maggiore estensione geografica nell’area e si colloca al terzo posto nel continente, dopo Russia e Cina. Per gli altri Paesi dell’area questo tema non rappresenta un fattore di rischio data la limitata estensione del territorio. Il Pakistan si pone come Paese di media grandezza, essendo quasi 3 volte più grande dell’Italia. Tuttavia per quanto riguarda il Pakistan il fattore rilevante non è tanto l’estensione territoriale quanto il tipo di territorio montuoso, in particolare nella zona del Waziristan al confine con l’Afghanistan, che rende difficoltoso un controllo efficace del territorio e degli spostamenti di individui.

AREA FORESTALE - L’estensione dell’area forestale della zona in questione non ha subito rilevanti cambiamenti negli ultimi anni. Come appena detto, il Pakistan è un Paese ricco di foreste che, specialmente nelle zone montagnose, rendono molto difficoltoso il controllo del territorio da parte delle autorità. L’India (le zone a sud e ad est) e lo Sri Lanka, grazie soprattutto al clima tropicale ed alle stagioni di forte pioggia, hanno grandi foreste tropicali. Questo può essere un potenziale fattore di instabilità per le ragioni sopramenzionate.

FAZIONI ETNICHE/RELIGIOSE - Il maggiore fattore di rischio per la stabilità del subcontinente indiano è quello religioso. In zona sono presenti grandi comunità di Hindu (India, Bhutan e Nepal), Mussulmani (Pakistan, Maldive e Bangladesh), Buddisti (Bhutan, India e Sri Lanka). Le diversità religiose hanno già causato 3 guerre fra l’India ed il Pakistan. La zona del Kashmir, terra di perenne crisi, è popolata in maggioranza da Mussulmani con la presenza di minoranze Hindu. Una delle conseguenze di questa crisi è la corsa agli armamenti, che ha portato prima l’India e poi il Pakistan a diventare potenze nucleari nel corso degli anni 90. Inoltre il Bangladesh, diventato indipendente dal Pakistan nel 1971, ha una maggioranza della popolazione Mussulmana Sunnita. Le differenze religiose hanno causato grande fermento nell’area nel corso degli ultimi 50 anni. Recentemente il fanatismo religioso, già presente nella zona, è stato ravvivato dal movimento Taleban: il risultato lo stiamo vedendo chiaramente in Pakistan ed in Afghanistan.

MOV. INT. STRATI POP. - In India sono presenti 600,000 Internally Displaced Persons (IDP) provenienti dalla zona del Kashmir, caratterizzata da altissima instabilità. In Pakistan il violento terremoto del 2006 ed il conflitto aperto fra taleban e governo (nel Waziristan), ha provocato lo spostamento di rilevanti porzioni della popolazione: circa 34.000 persone. In Nepal sono presenti 100,000 IDP’s a causa del persistente conflitto fra le forze del governo ed i ribelli Maoisti. Ricordiamo inoltre le 10,000 persone rimaste senza casa a causa dello Tsunami che, nel 2004, ha colpito le Maldive. Particolarmente grave è a situazione in Sri Lanka, dove il conflitto fra i governativi ed i Tamil ha causato 600.000 rifugiati interni. E’ chiaro come lo spostamento di larghe fette di popolazione, a causa di calamità naturali oppure a causa di conflitti, genera instabilità.

REGIME POLITICO - L’area è dominata da un processo, in corso, di transizione politica. Eccetto l’India che è oramai una democrazia a tutti gli effetti, gli altri Paesi vengono da lunghe dittature (es. Maldive) e periodi di guerra interna (es. Sri Lanka). Questi Stati stanno attraversando una fase di parziali riforme democratiche, ma certamente la situazione in Sri Lanka con le Tigri del Tamil e nel Pakistan con la dittatura di Musharaf, messa a serio rischio dal terrorismo islamico, non depone a favore della stabilità dell’area. La stabilità politica è la base dal quale può partire lo sviluppo economico e che fa crescere il benessere della popolazione, un’area dominata dall’instabilità politica è quindi a rischio instabilità.

NUOVI STATI FORMAZIONE INSTABILE - Gli Stati del subcontinente indiano si sono tutti formati nel secondo dopo guerra, sono Stati giovani nati frequentemente da una guerra (Pakistan, Bangladesh), di nuovo solo l?india ha guadagnato l’indipendenza nel 1947 in modo pacifico. Nonostante la stabilità della politica interna indiana dopo la separazione dal Pakistan, l’area rimane sostanzialmente ad alto rischio governabilità per la presenza di Stati di recente formazione. La Repubblica Popolare Cinese ha influenzato pesantemente gli affari interni del Nepal e dell’intera regione negli anni della Guerra Fredda.

CORRUZIONE - Secondo il Transparency International Corruption Perceptions Index, il grado di corruzione dei Paesi del subcontinente indiano varia dal 47° posto del Bhutan al 162° del Bangladesh passando dal: 74° posto dell’India, 90° delle Maldive, 96°dello Sri Lanka per arrivare agli Stati con maggiore corruzione, il Nepal (135°), il Pakistan (140°) e appunto il Bangladesh. La corruzione riscontrabile in questi ultimi 3 Paesi contribuisce all’instabilità interna degli stessi. Questo è un fattore destabilizzante per l’intera area in quanto, in questi Stati infatti, non vige la totale supremazia della legge, con tutte le conseguenze che questo comporta nella capacità di governo del Paese.

PNL PRO-CAPITE - Il prodotto nazionale pro-capite è visto come un indicatore chiave nel misurare il benessere ed il grado di sviluppo degli Stati. L’India fa la parte del leone con un Prodotto Nazionale al livello di Stato sviluppato, con un’economia diversificata che vede il settore terziario produrre la maggiore ricchezza del Paese. Tuttavia le dimensioni della popolazione e l’alto tasso di crescita della stessa non consente di distribuire il benessere a tutti. L’economia delle Maldive è in ripresa grazie soprattutto al turismo, alla pesca ed agli investimenti fatti dallo Stato per sollevare il Paese dai danni causati dallo Tsunami del 2004. Il PNL pro-capite è tuttavia basso in tutta la regione, questo è un fattore caratteristico dei Paesi in via di sviluppo. In particolare i conflitti interni, come nel caso dello Sri Lanka, del Pakistan e del Nepal, frenano l’economia creando instabilità regionale.

CRESCITA ECONOMICA - Il livello di crescita economica è un importante indicatore per le prospettive future dell’area. Ad eccezione del Nepal che cresce ad un tasso di circa il 2%, tutti gli altri Paesi viaggiano intorno al 6-9% annuo. Una piacevole sorpresa, in questo ambito, sono le Maldive che hanno registrato tassi di crescita del 18% nel periodo post Tsunami, proprio per l’intervento dello Stato nel ripristinare le infrastrutture chiave del Paese. Fattore positivo è la crescita sostenuta delle economie della zona trainate dall’India tuttavia, l’economia Nepalese, desta particolare preoccupazione per la stabilità della regione.

FORZA LAVORO IN AGRICOLTURA - Nel subcontinente indiano la percentuale della popolazione impiegata nel settore agricolo è stabile fra il 17% ed il 24%. A questo dato fanno eccezione il Bhutan ed il Nepal, i due Paesi meno sviluppati e più rurali. Questi numeri sono in parte un fattore della disponibilità di terreno agricolo ed indicano anche il livello di sviluppo economico dei Paesi. I Paesi meno sviluppati hanno un’economia dipendente sull’agricoltura ed una popolazione dislocata principalmente nelle aree rurali. Come fattore di rischio va quindi evidenziata l’arretratezza nello sviluppo economico rendendo i suddetti Paesi dipendenti dal settore agricolo e dal clima che regola quest ultimo.

AIUTO ESTERO (% PNL) - Tutti i Paesi del subcontinente indiano sono in via di sviluppo e quindi tutti dipendenti, in misura diversa, da aiuti esteri. L’India è il Paese che in termini nominali ha i maggiori aiuti ma data la dimensione della sua economia il fattore non è allarmante. Diversamente, preoccupano, il Pakistan per un’economia altamente dipendente dall’aiuto estero (in particolare dagli Stati Uniti dal 2001), lo Sri Lanka, il Bangladesh oltre al Bhutan ed al Nepal che sono le economie più deboli, e quindi maggiormente esposti. Se gli aiuti sono investiti per la produzione futura essi riducono, in prospettiva, la dipendenza dai Paesi donatori. In caso contrario aumenta l’indebitamento e gli oneri che le future generazioni dovranno sostenere per ripagarlo.

HIV/AIDS (%) - La percentuale della popolazione infetta dal virus HIV è modesta fra i Paesi trattati, l’India con una percentuale del 0.9 è il Paese con la percentuale più alta. Quindi questo fattore non rappresenta un vero rischio per la capacità economica dei Paesi in questione.

SPESA MILITARE (% PNL) - Bangladesh, Bhutan e Nepal hanno una percentuale del PIL dedicata alle spese militari compresa fra l’1% e l’1.6%. Questo livello non rappresenta un rischio per la stabilità regionale. Al contrario, il costante livello di tensione fra India e Pakistan è un fattore d’instabilità visto che porta i due Paesi a spendere rispettivamente il 2.5% ed il 3.2% del proprio reddito nazionale in spese per la difesa. Meritano attenzione le Maldive che in questa classifica risultano prime nella regione con un 5.5% di reddito speso per la difesa. E’ del tutto evidente che il principale fattore di rischio nella regione è il livello di tensione fra India e Pakistan che potrebbe facilmente subire un’escalation incontrollabile.

DISASTRI NATURALI - Altissimo fattore di rischio sono i disastri naturali. Il subcontinente indiano è ciclicamente esposto a: Monsoni e piogge torrenziali che nelle zone montagnose del Nepal e del Bhutan causano smottamenti molto pericolosi per la popolazione. Inoltre l’India ed il Pakistan sono soggetti a forti terremoti potenzialmente molto distruttivi. E’ stato proprio un terremoto a causare lo Tsunami che, nel 2004, ha devastato le Maldive. Il clima tropicale di questa regione causa forti piogge nella stagione estiva e queste causano smottamenti, inondamenti in corrispondenza dei fiumi, causando il dilagare di epidemie ed altri problemi di igiene per la popolazione. L’intera zona è altamente soggetta a disastri naturali che sono fattore di crisi ed instabilità proprio per la loro capacità distruttiva.

ISOLAMENTO GEOGRAFICO - Come già accennato precedentemente la geografia può avere un grande peso nel determinare la stabilità di alcuni Paesi. Questo fattore è particolarmente valido per il Nepal ed il Bhutan: entrambi i Paesi sono posizionati sulla catena montuosa più alta del mondo, l’Himalaya. Questo aspetto crea grandi problemi nel costruire infrastrutture, nel garantire il controllo del territorio e anche nello sviluppo economico. Anche le Maldive hanno lo stesso rischio per ragioni opposte, nel 2004 in seguito allo Tsunami fu particolarmente complicato far arrivare i soccorsi sulle isole. L’isolamento geografico è un forte fattore d’instabilità che non è facilmente ovviabile in quanto dipende proprio dalla geografia del Paese.

INDICE SVILUPPO UMANO - Questo indice è un indicatore importante del livello di sviluppo dei Paesi. E’ di particolare importanza poiché stila una classifica in base a: aspettativa di vita, livello di alfabetizzazione, frequenza scolastica fra i bambini fino a 16 anni e livello di PIL. Nella classifica pubblicata nel 2006 i Paesi dell’area risultano avere tutti un valore medio: Pakistan, Bangladesh, Nepal sono, tuttavia, a ridosso dei Paesi più poveri e quindi rappresentano un rischio superiore per la stabilità dell’area. Questo risultato indica chiaramente come i Paesi del subcontinente indiano sono tutti da considerare “in via di sviluppo”. In termini generali, la crescita nella posizione del HDI rappresenta una garanzia per la crescita economica e sociale dei Paesi.

POPOLAZIONE - All’interno di un’area ad altissima densità di popolazione vanno evidenziati il Bangladesh, l’India e lo Sri Lanka. Questi Paesi che hanno un numero di abitanti molto alto in relazione alla superficie, rappresentano un fattore di rischio per la stabilità dell’intera regione. Il livello di popolazione è un potenziale fattore di rischio in Paesi in via di sviluppo, dove l’economia nazionale non è in grado di soddisfare il fabbisogno dei suoi cittadini. Non vanno sottovalutati gli aspetti sociali di un fenomeno, che crea malcontento e rabbia in soggetti che possono generare instabilità. La popolazione è quindi un fattore di alto rischio per la stabilità di uno Stato. In particolare, il terrorismo nasce e trova terreno fertile nelle zone di grande povertà e miseria.

CRESCITA DEMOGRAFICA - La crescita demografica definisce il trend di crescita della popolazione e quindi permette di individuare futuri fattori di rischio. In particolare vediamo come in una zona con un’alta popolazione il trend indica una crescita media del 2%. Mentre lo Sri Lanka ha un tasso di crescita dello 0.9%, il Bangladesh e L’India crescono del 2% e del 1.6% rispettivamente. Questo è un fattore di rischio poiché nei prossimi anni la popolazione di questi Paesi, già sovrappopolati, crescerà ulteriormente. Sarà pertanto compito dei governi adeguare i servizi e l’economia per poter assorbire una crescita demografica senza che questa diventi un rischio alla stabilità.


Cartina della macro area con relativi indicatori di scenario


Organizzazioni internazionali presenti nella macro area

Nel 2005 il prodotto interno dei paesi asiatici ha proseguito la tendenza all’aumento e, in generale, le prospettive sono favorevoli. Tuttavia in alcune nazioni dell’area, molti Stati del Pacifico, fra cui Bangladesh e Nepal permangono condizioni inadeguate di sviluppo. La Cooperazione italiana ha mantenuto nel 2005 una posizione significativa in numerosi Paesi asiatici, continuando negli sforzi finanziari volti a coprire, per quanto possibile, l’insieme del continente. In questo contesto sono proseguite in Asia le politiche di sostegno economico volte al miglioramento delle condizioni generali di vita delle popolazioni locali, con interventi a favore delle aree e delle fasce sociali più bisognose e altri mirati allo sviluppo dell’imprenditoria privata. Molte iniziative sono state realizzate attraverso il cofinanziamento di programmi regionali lanciati dalle Organizzazioni Internazionali in materia di protezione dell’ambiente e tutela dei minori. Il subcontinente indiano ha visto la ripresa delle attività di cooperazione sia sul canale bilaterale, attraverso nuovi programmi a credito d’aiuto; sia sul canale multi-bilaterale, con l’affidamento di iniziative a Organizzazioni Internazionali. L’Italia è stata tra i primi Paesi ad attivare aiuti di emergenza a favore delle popolazioni dello Sri Lanka colpite dallo Tsunami nel dicembre 2004. Questi aiuti quantificabili in circa 8,4 milioni di euro, sono stati impiegati, tra l’altro, per servizi di emergenza, assistenza sanitaria, e per la riabilitazione/ricostruzione di unità abitative. A seguito dell’appello delle Nazioni Unite del 6 gennaio 2005, l’Italia si è attivata con un contributo di emergenza per un importo complessivo di circa 7,7 milioni di euro destinati ad agenzie delle Nazioni Unite e Organizzazioni Internazionali presenti nella regione (Fao, Un Habitat, Pam). Nel quadro degli aiuti forniti allo Sri Lanka l’Italia ha inoltre deciso di procedere alla cancellazione del debito di tale Paese per complessivi 7,13 milioni di euro.

Le Organizzazioni Internazionali
La Banca Mondiale è presente nell’Asia meridionale con diversi progetti di assistenza alla popolazione attraverso la fornitura di acqua, servizi igienici e di protezione contro le inondazioni. In particolare una priorità del programma della Banca Mondiale in Pakistan è di fornire acqua potabile alla popolazione al fine di ridurre epidemie nonché la creazione di sistemi di irrigazione per la coltivazione e a livello macro economico lo sviluppo di un’economia competitiva orientata all’export. Nel Bhutan oltre alle attività sopramenzionate c’è particolare attenzione al miglioramento del sistema educativo a livello scolastico nonché contributi allo sviluppo del settore privato. Gli aiuti della Banca Mondiale all’India, il Paese più sviluppato dell’area, sono rivolti principalmente allo sviluppo delle infrastrutture al fine di migliorare le capacità produttive riducendo al contempo i costi di trasporto. Gli aiuti alle Maldive si sono concentrati sulla ricostruzione nel dopo Tsunami. Questi aiuti hanno visto lo sviluppo di reti di assistenza sociali per i settori più poveri della popolazione. Obiettivi principali degli aiuti al Bangladesh ed al Nepal sono di migliorare l’azione dei governi comunali ed il rafforzamento delle istituzioni, di contrastare il cambiamento climatico e lo sviluppo di infrastrutture e servizi nelle aree rurali, oltre al miglioramento della gestione della salute. Nello Sri Lanka gli aiuti sono mirati allo sviluppo del sistema sanitario con attenzione alla salute dei bambini ed ai problemi legati alla malnutrizione.
L’azione dell’Unione Europea nel subcontinente Indiano riguarda questioni trasversali: la promozione dei diritti umani e la democrazia, l'uguaglianza uomo donna, il buon governo, i diritti dei bambini e dei popoli indigeni, la sostenibilità ambientale, la lotta contro l'HIV/AIDS nonché il sostegno alla società civile per la promozione del dialogo, della partecipazione, e la creazione di istituzioni.
L’Unione Europea è presente nell’area, al fine di raggiungere gli obiettivi sopramenzionati, attraverso le sue numerose istituzioni. A livello multilaterale la UE continua ad operare nel quadro dell'ASEM e con organi regionali quali l'ASEAN, l'ARF, il Consiglio di cooperazione di Shangai e la SAARC. I rapporti diplomatici fra l’unione Europea L’India risalgono ai primi anni 60. Il trattato di cooperazione firmato nel 1993 spazia dal commercio a programmi congiunti quali: progetti tecnologici, aspetti sociali, economici e normativi. Inoltre il Parlamento Europeo ha iniziato un programma volto a fornire all'India l'assistenza tecnica necessaria al proseguimento delle ristrutturazioni e delle riforme nel settore dei servizi finanziari e delle assicurazioni, della proprietà intellettuale e della tariffazione. La UE ha un lungo rapporto di cooperazione allo sviluppo con lo Sri Lanka. Dal 1976 l’aiuto dell’Unione Europea al Bangladesh ha totalizzato 1.7 miliardi di dollari rivolti soprattutto i problemi strutturali relativi alla povertà e gli aiuti in seguito della fine del sistema di quote sui prodotti tessili. L’assistenza dell’UE al Bhutan è iniziata nel 1982 e si focalizza nelle seguenti aree: risorse naturali rinnovabili, salute e differenziazione dell'esportazione. L'obiettivo generale della cooperazione con il Bhutan è la promozione dello sviluppo sostenibile con un'attenzione speciale per le questioni ambientali. Aiuti alle Maldive si sono concentrati nel periodo post-Tsunami e hanno riguardato i temi della ricostruzione, ma non solo, sono anche mirati a rafforzare il commercio del Paese nonché il processo di democratizzazione e di buon governo. L’Unione Europea è presente in Nepal dal 2001 con lo scopo di migliorare i diritti umani, supportare i nuovi media ed aumentare il rispetto della legge. La Commissione ha inoltre speso più di 500 milioni di dollari in Pakistan in poco più di trent’anni. Nel corso degli anni 80 la UE ha avviato progetti per la costruzione di infrastrutture e programmi di sviluppo sociale, con particolare attenzione all’educazione ed al lavoro minorile. L’azione dell’EU è stata anche di coordinamento delle NGO operanti nel Paese.

Nei giorni immediatamente dopo il terribile terremoto che ha colpito il Kashmir nel 2005 molte Organizzazioni Internazionali hanno inviato aiuti. La NATO Response Force è stata inviata per il sostegno alla popolazione locale. La NRF era composta da medici, ingegneri e soprattutto aiuti alla popolazione civile. Le Nazioni Unite attraverso le diverse agenzie (OCHA, UNDP, UNFPA, UNCHR, WFP e WHO) si sono fatte promotrici di aiuti alla popolazione del Kashmir dopo il suddetto terremoto. Altre Organizzazioni non governative che hanno portato aiuti umanitari nella zona sono: Medici senza frontiere, Croce Rossa Internazionale e CARE.

L’Association of Southeast Asian Nations (ASEAN) è la più grande organizzazione regionale che svolge un ruolo importante per lo sviluppo dei Paesi membri con particolare attenzione al subcontinente indiano. Tra i quattro settori di cooperazione: politica e della sicurezza, economica e funzionale, la cooperazione allo sviluppo può essere considerato come un meccanismo sistemico per la realizzazione di importanti obiettivi di sviluppo. La cooperazione allo sviluppo è focalizzata su temi e problemi che possono essere meglio affrontati a livello regionale, al fine di completare e armonizzare gli sforzi nazionali. Il programma di cooperazione allo sviluppo si articola su 3 capisaldi: in primis l’armonizzazione delle politiche volte a creare un quadro legislativo regionale coerente, quindi l’armonizzazione dei meccanismi istituzionali volti ad attuare una coerente gestione regionale del settore pubblico ed infine lo sviluppo di capacità nei settori chiave a livello nazionale.

Macroregione. Sud est asiatico

Articolazione
Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malaysia, Mianmar (Birmania), Singapore, Thailandia, Timor Est, Vietnam

Paese, Area, Popolazione

Brunei,
5,7
0,734
Cambogia
181
13,9
Filippine
300,
91
Indonesia
1919,4
234,7
Laos
236,8
6,5
Malaysia
329,7
24,8
Mianmar (Birmania)
678,5
47,4
Singapore
692,7
4,5
Thailandia,
514
65,1
Timor Est
15
1,1
Vietnam
329,5
85,3

Analisi dei fattori di squilibrio della macro area (2006)

1) CONFLITTI - La zona appare caratterizzata da forte instabilità dovuta a una molteplicità di conflitti interni ai singoli stati. Il governo delle Filippine, oltre ad essere altamente instabile, fronteggia minacce da parte di tre gruppi riconosciuti come terroristi da parte degli Stati Uniti ed ha ultimamente raggiunto un cessate il fuoco ed ha avviato trattative di pace con l’ultimo dei gruppi musulmani che per anni hanno agitato la parte sud del paese. In Indonesia si è raggiunto nel 2005 un accordo con i separatisti in Aceh anche se scontri di bassa intensità con la guerilla in Papua. La Birmania è sconvolta al suo interno da violenti scontri di natura politica tra le forze militari e i sostenitori della “Lega Nazionale per la Democrazia”. Il governo thailandese è poi alle prese con le violenze nel sud del paese causate dai gruppi separatisti.
2) PAESI LIMITROFI IN CONFLITTO - nell’area di interesse sono presenti svariati paesi coinvolti in dispute territoriali che però riguardano spesso piccole isole o zone di confine moto ristrette e sono generalmente di bassa intensità. L’unica disputa che coinvolge due stati interni alla macro area di una certa rilevanza vede coinvolte Birmania e Thailandia. La Thailandia si trova costretta a dover fronteggiare gruppi di ribelli di etnia Karen provenienti dalla Birmania, sconfinamenti illegali degli stessi in territorio thailandese, rifugiati e richieste di asilo da parte di cittadini birmani. Non vi è quindi una situazione di conflitto aperto tra i due stati ma serie problematiche umanitarie lungo le aree di confine.
3) RIFUGIATI - all’interno della macro area di interesse il fenomeno dei rifugiati interessa principalmente due paesi: la Malesia e la Thailandia. Secondo i dati forniti dalla CIA nel 2006 in Malesia erano presenti più di 33,000 rifugiati birmani e indonesiani, mentre in Thailandia sono presenti circa 116,500 rifugiati provenienti dalla Birmania, la maggior parte dei quali di etnia Karen che si spostano oltre il confine in conseguenza delle violenze esistenti nella regione tra gruppi di ribelli Karen e le forze nazionali.
4) DISOCCUPAZIONE - la situazione appare problematica in due soli paesi all’interno della macro- area: in Timor Est e in Indonesia, anche se in misura molto minore. In Timor il tasso di disoccupazione è stimata intorno al 50% della popolazione senza contare la sotto occupazione i conseguenza dello scoppio delle violenze nel 2006 che hanno distrutto tanto il settore pubblico quanto quello privato dell’economia. In Indonesia invece il tasso di disoccupazione è pari al 12,5% in conseguenza in gran parte dei disastri naturali che hanno ripetutamente colpito il paese dal 2004.
5) SFRUTTAMENTO PETROLIO, ORO, DIAMANTI - la regione è molto ricca di giacimenti di petrolio e di gas. A parte poche eccezioni però, come il Brunei,i giacimenti di idrocarburi non vengono gestiti direttamente dallo stato per problemi tecnologici e quindi vengono demandati a stati limitrofi come la Cina o l’Australia.
6) AREA GEOGRAFICA - la particolare configurazione territoriale di stati come l’Indonesia e le Filippine e l’estensione territoriale di altri come la Thailandia e la Birmania comporta seri problemi di governo per le autorità centrali. A queste difficoltà di governo contribuisce inoltre la conformazione del suolo con un’elevata estensione di foresta pluviale.
7) AREA FORESTALE - problemi riguardo alla gestione del territorio da parte degli organi centrali derivano anche dalla presenza di estese aree forestali particolarmente fitte in Cambogia, nelle Filippine, in Indonesia, nel Laos, in Myanmar, in Thailandia e in Vietnam.
8) FAZIONI ETNICHE, RELIGIOSE - dai dati analizzati è emerso che tutti i paesi dell’area sono interessati da fenomeni di divisioni etniche e religiose, le situazioni più problematiche si riscontrano nelle Filippine, in Indonesia, in Myanmar e in Thailandia. In questi paesi la divisione etnica è molto accentuata, nel caso di Indonesia e Filippine si riscontra la presenza di otto differenti gruppi etnici all’interno del paese. L’area si presenta molto variegata anche rispetto alle fedi religiose: cristiani, musulmani e buddisti sono la maggioranza. Queste differenze sono spesso causa di conflitti come in Birmania e nelle Filippine per citare solo due casi.
9) MOVIMENTO INTERNO STRATI DELLA POPOLAZIONE (IDPs) - dai dati emerge una situazione molto complicata a livello di movimenti interni di strati di popolazione, in conseguenza dei conflitti interni ai vari stati tra forze del governo e fazioni religiose o gruppi etnici quasi tutti gli stati della regione sono interessati dal fenomeno in questione. Le situazioni più preoccupanti si riscontrano in Myanmar dove, secondo le statistiche della CIA, il fenomeno interesserebbe 540.000 persone soprattutto di etnia Karen, Karenni, Shan, Tavoyan e Mon, spostatisi in conseguenza delle offensive portate dalle forze governative contro i gruppi di insorti nelle zone vicine al confine orientale, e in Timor Est, dove il fenomeno interesserebbe quasi il 14% della popolazione in conseguenza del lungo conflitto che ha interessato il paese.
10) REGIME POLITICO - dai dati emerge che nessuno dei regimi politici presenti nella regione può considerarsi stabile. Alcuni non presentano forme di governo democratiche mentre altri sono scossi al loro interno da movimenti separatisti come nel caso della Thailandia, Indonesia e altri ancora vivono al loro interno tensioni derivanti da divisioni religiose come nel caso delle Filippine.
11) NUOVI STATI FORMAZIONE INSTABILE - nella regione sono presenti cinque stati che possiamo considerare di recente formazione e quindi più soggetti a instabilità. In Cambogia dopo 13 anni di guerra civile e vari tentavi di democratizzazione nel 2003 si sono tenute delle elezioni relativamente pacifiche anche se c’è voluto un anno di negoziazioni tra i partiti per arrivare alla formazione di una coalizione di governo. Timor Est dopo essere stato caratterizzato da continue rivolte e scontri a partire dall’invasione indonesiana del 1975, fu riconosciuto come stato indipendente nel 2002 ma le violenze non cessarono, tanto che una rivolta militare nel marzo 2006 ha portato a una nuova missione di peacekeeping delle Nazioni Unite nello stato.
12) CORRUZIONE - il fenomeno della corruzione, importante in quanto va ad incidere sulla stabilità dei governi, è presente in tutti gli stati della macro regione. Uniche eccezioni sono Singapore, dove il fenomeno in questione risulta assente, e il Brunei, dove lo stesso ha incidenza inferiore in termini di stabilità della forma di governo.
13) PNL PRO CAPITE - i valori del PNL pro capite appaiono bassi in tutta l’area. Si è in presenza di una situazione di povertà generalizzata dovuta anche ai molti conflitti interni agli stati della regione. Non mancano però le eccezioni: Singapore e il Brunei, che presentano rispettivamente valori di PNL pro capite superiori ai 30,000$ e ai 25,000$ ( calcolati in PPP dalla CIA), si differenziano nettamente dagli altri stati della regione. Il record negativo è rappresentato da Timor Est che presenta un PNL pro capite di 800$, sempre calcolato in PPP.
14) CRESCITA ECONOMICA - tutti i paesi dell’area presentano tassi positivi di crescita economica anche se differenziati tra di loro. La crescita economica è stata sicuramente incentivata da un alto dalla ritrovata stabilità interna di alcuni paesi che ha permesso l’avvio di riforme nel settore economico e dall’altro dagli aiuti derivanti dalla partecipazione della maggior parte di questi paesi a organizzazioni economiche a carattere sia regionale che internazionale. I due paesi che al momento presentano le maggiori difficoltà in campo economico sono le Filippine, dove l’ingente debito estero impedisce investimenti significativi del governo sostegno dell’economia anche se di recente sono state varate riforme che hanno ridato fiducia ai mercati, e Timor Est, dove le rivolte armate del 2006 hanno gravemente compromesso la struttura produttiva tanto del settore privato quanto di quello pubblico.
15) FORZA LAVORO IN AGRICOLTURA - dai dati emerge che la maggior parte delle economie della regione sono caratterizzate da alte percentuali di occupati nel settore primario. In Cambogia, Laos, Birmania e Timor Est le percentuali superano il 70%, a testimoniare il fatto che le economie sono ancora arretrate nonostante le riforme intraprese dai governi e fortemente dipendenti dal settore agricolo.
16) AIUTO ESTERO - tutti i paesi dell’area dipendono in diversa misura dagli aiuti esteri. La percentuale di aiuto estero sul PNL è maggiore in stati come la Cambogia, il Laos e Timor Est. Dai dati dello “Human Development Report” si evince che la maggior parte degli aiuti esteri consistono in aiuti ufficiali allo sviluppo ( ODA- Official Development Aid), mentre i finanziamenti diretti esteri (FDI- Foreign Direct Investments) non sono molto sviluppati nell’area di interesse.
17) HIV/AIDS - le percentuali di popolazione affetta da HIV/AIDS sono basse nella maggior parte dei paesi dell’area di interesse. Se nella maggior parte dei casi, secondo fonti CIA, la percentuale di popolazione adulta infetta non supera lo 0,1% della popolazione, fanno eccezione Birmania, Thailandia ma soprattutto la Cambogia, dove la percentuale sale al 2,6%. Fonte di problemi nel paese non è solo la diffusione del virus ma anche la rilevanza dei traffici illeciti di droga avvantaggiati dalla corruzione interna sia al governo sia agli ambienti militari e della polizia.
18) SPESA MILITARE - la percentuale del PNL dedicata alle spese militari è abbastanza elevata in tutti i paesi dell’area di interesse. In media la percentuale si assesta tra il 2% e il 4% con picchi del 4,5% e 4,9% rispettivamente nel Brunei e in Singapore. Le eccezioni sono costituite dalle Filippine ( 0,9%) e dal Laos ( 0,5%). La spesa militare sembra quindi contribuire all’instabilità della regione soprattutto se si considera che le consistenti percentuali di risorse dedicate alle forze armate fanno diminuire la parte di spesa pubblica dedicata a politiche rivolte alla popolazione.
19) DISASTRI NATURALI - Nel 2004 l’area è stata colpita da uno tsunami che ha provocato milioni di morti e ingenti danni materiali. Nonostante il forte afflusso di aiuti esteri, l’area risente ancora molto dell’accaduto. La situazione più grave si registra senza dubbio in Indonesia, il paese infatti tra il 2006 e l’inizio del 2007 ha subito ulteriori disastri naturali, tra i quali si possono ricordare il terremoto nelle vicinanze di Yogyakarta, lo tsunami nel sud di Java e una grossa inondazione in Giacarta, che hanno causato altre miliardi di dollari di danni.
20) ISOLAMENTO GEOGRAFICO - l’indicatore in questione ha poca rilevanza per l’area di indagine. La maggior parte dei paesi sono infatti inquadrati all’interno delle istituzioni regionali e internazionali che ne favoriscono lo sviluppo. Uniche eccezioni sono il Laos e Timor Est. Entrambi sono stati poco estesi, non influenti a livello internazionale, l’isolamento è inoltre aggravato dall’assenza di scocco al mare per il Laos e dalla natura insulare e periferica rispetto alla regione per Timor Est.
21) INDICE DI SVILUPPO UMANO (HDI) - l’indice di sviluppo umano è un indice composito che misura lo sviluppo di un paese tenendo conto del PIL pro capite, la speranza di vita alla nascita e i tassi di scolarizzazione. I paesi della macro area presentano indici che variano da 0,30 a 0,50, uniche eccezioni sono il Brunei e Singapore che presentano un indice pari 0,62 e 0,64 ( fonte: UNDP 2005). L’immagine che emerge è quella di un’area mediamente sviluppata che negli ultimi anni mostra un trend positivo, gli indici sono infatti in costante crescita.
22) POPOLAZIONE - dal punto di vista della popolazione questa costituisce un problema solo in alcuni degli stati della regione del Sud Est Asiatico. Nello specifico, i paesi più popolosi sono le Filippine, l’Indonesia, il Myanmar e il Vietnam. La massiccia popolosità di questi stati, unita alla frammentazione della stessa in gruppi etnici e/o religiosi, comporta grandi difficoltà di controllo e implementazione delle politiche da parte degli organi centrali. La povertà in cui versa poi la gran parte della popolazione di questi stati aumenta inoltre la probabilità di instabilità sociale e l’emergere di gruppi e fazioni estremiste tanto su base etnica quanto su base religiosa.
23) CRESCITA DEMOGRAFICA - nonostante gli alti tassi di natalità, i reali tassi di crescita della popolazione si presentano quasi tutti compresi tra l’ 1% e il 2%; questo perché compensati da elevati tassi di mortalità ( si consideri che l’età media nella regione difficilmente supera i 30 anni). Da questi dati deriva quindi una struttura per età della popolazione sbilanciata verso le classi giovani e quindi la necessità di implementazione di politiche a sostegno della famiglia, della scolarizzazione e di inserimento nel mondo del lavoro, che però sarà difficile portare avanti in stati fortemente instabili.

Organizzazioni internazionali presenti nella macro area

I Paesi componenti la macro area in questione sono parte di una molteplicità di istituzioni riconosciute a livello internazionale. Data l’abbondanza di organizzazioni si procederà qui a trattare solo le principali. Innanzitutto la totalità dei Paesi è membro delle Nazioni Unite, ricordiamo a tal proposito che Timor Est è entrato a far parte dell’ONU nel 2003. All’interno poi delle stesse Nazioni Unite i Paesi partecipano, anche se in modo non compatto, a organizzazioni quali l’UNESCO, l’ UNCTAD, l’UNIDO o l’Organizzazione Mondiale della Sanità ( WHO ). Di particolare rilevanza è la partecipazione della quasi totalità dei Paesi al cosiddetto G-77 o gruppo dei 77; esso è la più grande organizzazione intergovernativa di Paesi in via di sviluppo all’interno delle nazioni Unite e fu creato nel 1967 con i seguenti scopi:
- fornire ai Paesi del sud del mondo i mezzi per articolare e promuovere i loro interessi economici collettivi,
- aumentare la loro capacità negoziale congiunta in riferimento a tutte le maggiori questioni economiche di livello internazionale trattate all’interno delle Nazioni Unite,
- promuovere la cooperazione allo sviluppo in ottica Sud-Sud.
Al momento il maggior progetto portato avanti dal G-77 e interessante il sud est asiatico è il Global System of Trade Preferences; il quale consiste in un framework per la cooperazione su misure riguardanti le tariffe dirette e indirette applicate ai commerci tra i Paesi in via di sviluppo del sud del mondo.
Questa particolare sensibilità dei Paesi del Sud Est asiatico nei confronti delle tematiche economiche è riscontrabile anche nell’elevato numero di organizzazioni a carattere prevalentemente economico a cui prendono parte gli stessi. La totalità dei Paesi è infatti rappresentata tanto all’interno del Fondo Monetario internazionale (IMF) quanto presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). In ottica regionale però l’organizzazione che viene ad assumere maggior rilievo è sicuramente l’ASEAN. ASEAN è l'acronimo inglese di Association of South-East Asian Nations (in italiano: Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale), un'organizzazione politica, economica e culturale di nazioni situate nel Sud-est asiatico. È stata fondata nel 1967 con lo scopo principale di promuovere la cooperazione e l'assistenza reciproca fra gli stati membri per accelerare il progresso economico e aumentare la stabilità della regione. Ad oggi, considerati anche gli enormi progressi realizzati dai Paesi facenti parte dell’organizzazione, le attività dell’ASEAN sono principalmente dirette allo sviluppo di una maggiore e più profonda integrazione regionale. A partire dal lancio della AFTA ( ASEAN Free Trade Area ) nel 1992, l’organizzazione è entrata nel primo stadio del processo che porterà alla piena integrazione economica tra i Paesi Membri. In teoria il libero scambio dovrebbe essere seguito dalla formazione di un’unione doganale, di un mercato comune e infine da un’unione economica. Dal 2003 si sono inoltre intensificati gli sforzi volti a rimuovere le barriere tariffarie e non tariffarie ai commerci. Prossima sfida sarà la creazione dell’ ASEAN Economic Community. Parallelamente alla cooperazione a livello economico ha visto uno sviluppo anche la componente politica, soprattutto in materia di sicurezza. Per prevenire l’instabilità derivante dal crollo dell’Unione Sovietica, a tal proposito nel 1994 i Paesi Membri decisero per la creazione dell’ASEAN Regional Forum ( ARF ) con due obiettivi principali:
- incentivare un dialogo costruttivo e la consultazione su temi di interesse comune inerenti la politica e la sicurezza;
- contribuire agli sforzi per aumentare la confidence building e la preventive diplomacy nella regione dell’Asia e del Pacifico.
Al momento, a livello economico, la maggiore cooperazione si registra nei settori dell’information technology, delle industrie di piccole e medie dimensioni, sulla convergenza degli standard qualitativi dei prodotti, sull’ambiente e sul management logistico.
Sempre a livello economico, si registrano nella macro area interventi da parte dell’IDA e della IBRD, due organismi della Banca Mondiale che supportano progetti concedendo prestiti a tassi agevolati, e del MIGA ( Multilateral Investment Guarantee Agency), un’agenzia che offre garanzie agli investitori esteri che decidono di supportare progetti in Paesi con economie emergenti ma associate ad alti livelli di rischio.
Al di là di queste macro organizzazioni che si fanno portatrici di progetti di largo respiro, operano sul campo tutta una serie di agenzie delle Nazioni Unite e di organizzazioni non governative con programmi specifici che interessano soprattutto la popolazione civile che ancora in molti Paesi della macro area vive in condizioni di povertà. Gli sforzi si sono intensificati in particolare su due fronti: quello sanitario a seguito del diffondersi dell’epidemia conosciuta con il nome di influenza aviaria e quello della ricostruzione e degli aiuti umanitari per le popolazioni colpite dallo tsunami nel dicembre 2004.

Macroregione: Asia estremo oriente

Articolazione,
Giappone, Taiwan, Corea del Sud, Mongolia, Corea del Nord

Paese,
Area,
Popolazione

Giappone
377,9
127,6
Taiwan
36
22,8
Corea del Sud
99,3
48,4
Mongolia
1566,5
2,6
Corea del Nord
120,5
22,6

Analisi dei fattori di squilibrio della macro area (2006)

1) CONFLITTI - Da 10 anni, i Paesi in quest’area geografica non hanno avuto conflitti, anche se esistono ancora problemi. Quindi, i 5 Paesi sono stati valutati positivamente.

2) PAESI LIMITROFI IN CONFLITTO - In considerazione di quanto detto sopra, anche per tale aspetto la regione viene considerata come zona tranquilla. Aiuta anche il fatto che in questa zona, esclusa la Mongolia, tutti i Paesi hanno accesso al mare (in particolare Giappone e Taiwan sono arcipelaghi o isole). Cio’ significa che ci sono meno rischi di dispute territoriali tra Paesi limitrofi.

3) RIFUGIATI - Per quanto riguarda il Giappone e la Corea del Sud, tali Paesi hanno politiche restrittive in tema di immigrazione ed asilo. Quindi il numero di ingressi di immigrati e rifiugiati e’ basso. Per esempio, il Giappone ha accolto circa 11 mila rifiugiati dall’Indocina. La Mongolia e la Corea del Nord non sono Paesi di destinazione di richiedenti asilo. Si ritiene che tali politiche abbiano un effetto positivo sulla stabilita’ ed omogeneita’ delle rispettive societa’.

4) DISOCCUPAZIONE - A parte la Corea del Nord, su cui non abbiamo dati, tutti i Paesi della regione hanno bassi tassi di disoccupazione; il Giappone 4.1%, Taiwan 3.9%, la Corea del Sud 3.3% e la Mongolia 3.3%.. In confronto all’8.5% dell’UE (media) il tasso di disoccupazione in Asia e’ senz’altro minore.

5) SFRUTTAMENTO DI PETROLIO, ORO O DIAMANTI - In Giappone, a Taiwan, nella Corea del Sud e nella Corea del Nord, non vi sono queste risorse naturali. Invece in Mongolia vi sono oro, petrolio ed anche altre minerali. Le esportazioni di tali risorse equivale a circa il 40% delle esportazioni complessive della Mongolia.

6) AREA GEOGRAFICA - La Mongolia ha piu’ di 1500 mila kmq. E’ quindi difficile controllare tutto il territorio. La superfice del Giappone e’ invece 378 mila kmq, quella di Taiwan 35 mila kmq, quella della Corea del Nord 120 mila kmq e quella della Corea del sud 98 mila kmq.

7) AREA FORESTALE - Esclusa la Mongolia, tenuto conto del fatto che il clima della regione e’ relativamente mite e caratterizzato da frequenti precipitazioni, piu’ del 50% del territorio dei Paesi in questione e’ coperto da foreste, che sono anche una importante risorsa economica.

8) FAZIONI ETNICHE/RELIGIOSE - In Giappone, a Taiwan e nella Corea del Sud non vi sono minoranze etniche o religiose a rischio di discriminazione, anche perche’ le rispettive societa’ sono relativamente omogenee.e lo sviluppo economico ha favorito la loro integrazione. Invece, nella Mongolia e nella Corea del Nord, vi e’ certo grado di discriminazione, che in taluni casi viene utilizzato dalla classe dirigente per mantenere alcuni privilegi.

9) MOVIMENTO INTERO DELLA POPOLAZIONE - In questi 5 Paesi, la situazione e’ stabile, senza conflitti. La popolazione rimane sostanzialmente stanziale e non cambia frquentemente l’area di residenza all’interno del Paese.

10) REGIME POLITICO - 4 sui 5 paesi in esame, hanno regimi politici democratici e stabili. La Corea del Nord ha un regime comunismo totalitario, con una certa stabilita’ interna.

11) “NUOVI STATI” CON FORMAZIONE INSTABILE - Solo Taiwain presenta una situazione particolare. Infatti, alcuni considerano che Taiwan sia indipendente dalla Cina e dunque si presenti come uno Stato autonomo da Pechino. La Cina considera invece che Taiwan faccia parte della Cina e non possa dichiarare unilateralmente la propria indipendenza.

12) CORRUZIONE - La situazione in 4 dei 5 Paesi e’ allarmante. Infatti solo il Giappone non ha questo problema ma per Taiwan, la Corea del Sud, la Mongolia e la Corea del Nord si riscontra un forte problema legato a pratiche di corruzione.

13) PIL PRO-CAPITE - Per quanto riguarda il PIL pro-capite, la Mongolia ha livelli molto bassi, cosi’ come la Corea del Nord. Negli altri 3 Paesi la situazione e’soddisfacente.

14) CRESCITA ECONOMICA - Anche la crescita economica e’ stabile per 4 dei 5 paesi in esame. Per quanto riguarda la Corea del Nord, non vi sono dati disponibili.

15) FORZA DI LAVORO IN AGRICOLTURA - Sulla Corea del Nord non abbiamo dati, ma per gli altri Paesi vi e’ una alta percentuale di forza lavoro impiegata nell’agricoltura (minore per la Mongolia).

16) AIUTO ESTERO - Il Giappone e’ uno dei grandi paesi donatori di cooperazione. (8° posto secondo i dati UNDP). Anche se dati ufficiali non sono disponibili, potremmo dire che la Corea del Nord ha necesita’ di assistenza esterna per garantire forniture sufficenti di generi alimentari, essendo risultata del tutto fallimentare la sua politica economica ed agricola. Attualmente, la Cina e la Corea del Sud sono i Paesi che maggiormente aiutano la Corea del Nord per le forniture di generi alimentari. A causa della mancanza di territori fertili e di sistemi moderni di irrigazione, la Corea del Nord non riesce ad essere autosufficente dal punto di vista alimentare. Anche la Mongolia e’ un Paese destinatario di aiuto estero (ma il volume e’ molto piu’ basso).

17) HIV/AIDS - I paesi nella zona in esame hanno tassi molto bassi di AIDS/HIV (meno di 0.1%). I dati non sono disponibili per Taiwan e la Corea del Nord.

18) SPESA MILITARE - Taiwan e la Corea del Sud hanno elevate percentuali di spese militari sul PIL (quella di Taiwan e’ del 2.2% e quella della Corea del Sud e’ del 2.7%). La Corea del Nord ha la percentuale piu’ alta dell’area. Le Forze Armate di tale Paese sono composte da circa 1 milione di militari professionisti. La Corea del Nord cerca anche di dotarsi di armi nucleari ed ha sviluppato missili di lunga portata.

19) DISASTRI NATURALI - La maggior parte dei Paesi della regione e’ situata in un’area fortemente sismica. Per esempio, ogni anno in Giappone avvengono circa 1500 terremoti ed alcuni tsunami, collegati con i terremoti. Inoltre, in queste zone vi sono spesso tifoni e tempeste.

20) ISOLAMENTO GEOGRAFICO - Solo la Mongolia soffre di isolamento geografico, in quanto situata fra la Russia e la Cina, cioe’ al centro dell’Asia.

21) INDICE DI SVILUPPO UMANO - Il Giappone e la Corea del Sud hanno ricevuto una valutazione positiva secondo l’Indice di Sviluppo Umano (il Giappone ha l’8° posto e la Corea del Sud ha il 26° posto). La Mongolia e’ situata in una fascia intermedia. I dati non sono disponibili per Taiwan e la Corea del Nord. Tittavia, si puo’ pensare che la Corea del Nord sarebbe valutata in modo negativo secondo l’Indice di Sviluppo Umano, avendo gravi problemi per quanto riguarda il PIL, il livello di vita e l’aspettativa di vita.

22) POPOLAZIONE - Il Giappone ha l’aspettativa di vita più lunga nel mondo (82 anni).

23) CRESCITA DEMOGRAFICA - In Giappone la popolazione sta diminuendo e questo influenzera’ l’economia giapponese, dato che la forza di lavoro e’ anche in diminuzione, mentre la spesa per la sanita’, per la cura degli anziani e per le pensioni sta parallelamente aumentando.

Organizzazioni internazionali presenti nella macro area

ONU: 4 dei 5 Paesi da analizzare sono membri dell’ONU; il Giappone lo e’ dal 1956, la Mongolia dal 1961, la Corea del Sud dal 1991, il Corea del Nord dal 1991. Taiwan non e’ invece membro delle Nazioni Unite, in quanto la grandissima maggioranza della membership riconosce la Cina Popolare.
Il Giappone e’ uno dei maggiori contribuenti al bilancio dell’ONU (nel 2007, il contributo e’ stato di 304 milione di dollari). La Corea del Sud contribuisce per circa il 2% del budget dell’ONU.
UNESCO: L’UNESCO ha contributo per ricostruire il sistema dell’istruzione in Corea dopo la Guerra Coreana.
Nella Corea del Sud e in Giappone, l’UNESCO collabora con la popolazione ed i rispettivi governi per fornire assistenza per ridurre l’analfabetismo nel mondo. In Giappone l’UNESCO sta promuovendo il progetto “TERAKOYA (significa il luogo dove andavano i bambini a studiare nel periodo EDO, ossia un tipo di scuola elementare).
Alcuni luighi in Giappone e Corea del Sud sono riconosciuti come patrimonio culturale dell’umanita’ dell’UNESCO (cosi’ come alcuni aspetti della loro cultura sono considerati come patrimonio immateriale). In questo settore, in Mongolia, molto attiva e’ la collaborazione tra l’UNESCO e l’International Istitute for the Study of Nomadic Civilizations di Ulaan Bator .
UNDP: L’UNDP collabora col governo giapponese in vari settori, ma soprattutto nel campo di cambiamento climatico e dell’aiuto per i Paesi africani. L’UNDP coordina le attivita’ di TICAD IV (Tokyo International Conference on African Development), che si terra’ a fine maggio a Yaokohama. .
In Mongolia, l’UNDP aiuta il governo a realizzare i MDGs(Millennium Development Goals): I MDGs si focalizzano su otto grandi aree per le quali stabiliscono obiettivi per lo sviluppo di global partnerships al fine di ridurre la poverta’, la fame, le malattie, l’analfabetismo, la mortalita’ materno-infantile, il degrado ambientale e le disuguaglianze di genere entro il 2015.
UNDP ha iniziato ad operare in Corea del Nord dal 1981 ed e’ stata la prima agenzia dell’ONU in questo Paese. L’UNDP fornisce circa 3 milione di dollari all’anno e conta su uno staff residente di 10funzionari. In questi anni, il contribuito dell’UNDP si e’ concentrato soprattutto nei seguenti campi; produzione alimentare, gestione economica ed ambientale, formazione giuridica.
UNICEF: In Giappone e in Corea del Sud, il ruolo del UNICEF e’ volto soprattutto alla raccolta di fondi per finanziare i vari programmi in esecuzione nel mondo.
In Mongolia, UNICEF aiuta il Governo a migliorare il sistema dell’educazione.
Nel periodo della Guerra Coreana, UNICEF e’ stato molto attivo per assistere donne e bambini vittime del conflitto.
La Corea del Nord soffre di ricorrenti carestie e di una strutturale inadeguatezza del sistema sanitario, cio’ che provoca un alto tasso di moratalita’ infantile. L’UNICEF fornisce aiuto nel campo dell’alimentazione, della sanita’, dell’educazione e della pianificazione familiare.
WHO: Secondo il World Health Report 2006, il settore sanita’ in Mongolia e’ adeguato nelle zone urbane. Pero, nella regione interna, si registra spesso l’assenza di servizi senitari. Tra le attivita’ svolte dal WHO in Monoglia vi e’ qualle relativa alla diffusione delle vaccinazioni infantili e la prevenzione delle epidemie.
Nel 1997, e’ stato istituito un ufficio per l’emergenza e l’azione umanitaria in Corea del Nord, al fine di aiutare ad affrontare la gravissima crisi alimentare che il Paese stava attraversando. Nel 2001, e’ stato aperto l’ufficio del WHO a Pyongyang. Esso fornisce aiuti per migliorare la situazione sanitaria, ad esempio in termini di apparecchiature mediche e medicinali, oltre che di informazione sulle malattie.
Banca Mondiale: In Mongolia, Banca Mondiale assiste il Governo per ridurre la poverta’, stabilizzare economia, modernizzare il settore finanziario e migliorare le infrastrutture, in particolare nelle regioni interne del Paese.
Il Giappone e’ divenuto membro della Banca Mondiale nel 1952 dopo la Conferenza di San Francisco ed ha ricevuto fondi utilizzati per la ricostruzione del Paese dopo la seconda guerra mondiale. Adesso, il Giappone e’ il secondo contribuente alla Banca Mondiale. Il Giappone ha finito di rimborsare nel 1990 i fondi presi a prestito (circa 863 milioni di dollari) nel periodo post-bellico.
La Corea del Sud e’ stata beneficiaria della Banca Mondiale fino al 2001. Non vi sono invece attivita’ concernenti la Corea del Nord.

Macroregione Asia centrale

Articolazione
Afganistan, Armenia, Azerbaijan, Cina ed Hong Kong, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan,Tagikistan, Turkemenistan, Uzbekistan,

Paese,
Area,
Popolazione

Afganistan,
647,5
31,8
Armenia
29,8
2,9
Azerbaijan
86,6
8,1
Cina ed Hong Kong
9,5
1,3
Georgia
69,5
4,9
Kazakistan
2,7
15,1
Kirghizistan
198,5
4,7
Tagikistan
143,1
6,8
Turkemenistan
488,1
4,6
Uzbekistan,
447,4
25,5

Analisi dei fattori di squilibrio della macro area (2006)

CONFLITTI – I Paesi di quest’area hanno svolto una serie di esercitazioni militari. L’obiettivo di queste esercitazioni è quello di rispondere allo spiegamento militare USA-NATO. In particolare un ruolo importante viene svolto da Russia e Cina i quali hanno importanti interessi strategici ed economici nella regione in questione.
PAESI LIMITROFI IN CONFLITTO – Come detto sopra uno dei paesi aaleati dell’Asia centrale è la Russia la quale ha svolto diverse esercitazioni militari. A sua volta la Russia insieme alla Cina ha sottoscritto ampi accordi di cooperazione militare con l’Iran. Conseguentemente se venisse lanciata dagli americani l’operazione contro l’Iran e Siria, ciò potrebbe trasformarsi in un più ampio conflitto con il coinvolgimento indiretto della Russia, Cina e dei loro alleati centroasiatici.
RIFUGIATI – Uno dei paesi soggetti ad una delle crisi di rifugiati più gravi del mondo è l’Afghanistan. Dalla fine degli anni ‘ 70, a causa del persistente conflitto civile in corso nel paese, milioni di afghani si sono riversati nei confinanti Iran e Pakistan.
DISOCCUPAZIONE – Dopo il crollo dell’ex-Unione Sovietica è stata introdotta, all’interno dei paesi dell’Asia centrale, la democrazia e un’economia di mercato. Tuttavia i risultati non sono stati positivi, infatti la mancata realizzazione dell’economia di mercato ha comportato un alto tasso di disoccupazione.
SFRUTTAMENTO DI PETROLIO, ORO E DIAMANTI – Nella regione si trovano vaste riserve di materie prime. In particolare l’Afghanistan pur non avendo giacimenti petroliferi gioca un ruolo essenziale nel controllo delle risorse energetiche. Il Kazakistan è un altro chiaro esempio di economia fondat sulle risorse energetiche con un PIL che per il 30% è basato sulle risorse petrolifere e il 60% delle esportazioni deriva dalle vendite di petrolio.
AREA GEOGRAFICA – L’Afghanistan ha 647 mila Kmq, la superficie dell’Armenia è invece di 29 mila Kmq. L’Azerbaijan ha una superficie di 86 mila Kmq, la Georgia 69 mila Kmq, il Kazakistan 2.7 mila Kmq, il Kirgikistan 198 mila Kmq, il Tagikistan 143 mila Kmq, il Turkmenistan 488 mila Kmq, Cina ed Hong Kong 9.5 mila kmq e infine Uzbekistan 447 mila kmq.
AREA FORESTALE – Quest’area è essenzialmente montagnosa, in particolare le zone maggiormente montagnose sono: Kirghizistan, Kazakistan e Tagikistan.
FAZIONI ETNICHE E RELIGIOSE – Il caso più drammatico è rappresentato dall’Afghanistan che è caratterizzato dalla pluri-etnicità con gruppi e popolazioni diversi stanziati sugli stessi territori che hanno rappresentato tensioni e conflitti. I Taliban sono diventati una fazione arrogante e insensibile verso il rispetto di altre comunità.
MOVIMENTI INTERNI DI STRATI DI POPOLAZIONE – In quest’area la situazione è instabile, infatti le popolazioni cambiano spesso area di residenza all’interno della regione.
REGIME POLITICO – In quasi tutti i paesi dell’area sono presenti regimi autoritari.
NUOVI STATI FORMAZIONE INSTABILE – non si dispongono di informazioni.
CORRUZIONE – La situazione è negativa, infatti in questi paesi la corruzione assorbe immense risoese che dovrebbero essere destinate a sanità, istruzione e infrastrutture.
PNL PRO CAPITE – La situazione è positiva. In particolare il prezzo del petrolio è aumentato di oltre il 300%, quello del cotone del 60% e quello dell’oro del 250%.
CRESCITA ECONOMICA – Dopo l’indipendenza dall’Urss i paesi dell’Asia sono stati impegnati in una serie di politiche nazionali, ma non tutti sono riusciti ad avviare le transizioni per favorire la stabilità dei mercati.
FORZA LAVORO IN AGRICOLTURA – Si registra una discreta presenza di forza lavoro in questo settore.
AIUTO ESTERO – Uno dei paesi impegnato in quest’area è la Svizzera la quale ha evidenziato i seguenti obiettivi: riduzione del tasso di povertà, favorire lo sviluppo economico e transizione verso una nazione pluralistica ed economicamente autonoma.
HIV/AIDS – Si registra un elevato numero di contagi.
SPESA MILITARE – Si registrano aumenti della spesa militare in Asia centrale (+ 73%).
DISASTRI NATURALI – Quest’area è soggetta a possibili terremoti, inondazioni frane e siccità. Le azioni da porre in essere devono comprendere anche l’integrazione dell’adattamento ai cambiamenti climatici delle strategie di riduzione del rischio di disastri naturali e un’appropriata comunicazione alle popolazioni.
ISOLAMENTO GEOGRAFICO – Non si dispone di informazioni.
INDICE DI SVILUPPO UMANO – La speranza di vita si aggira intorno ai 70 anni.
POPOLAZIONE – L’Asia è il continente più esteso dove vive circa metà della popolazione mondiale. La densità media è di circa 80 ab. /Kmq, anche se la distribuzione è molto disomogenea.
CRESCITA DEMOGRAFICA – In base alle stime elaborate dalle Nazioni Unite si prevede che nel 2025 il continente asiatico raccoglierà quasi cinque miliardi di abitanti. Si tratta quindi di incrementi di notevole entità, anche se i saggi di crescita della popolazione cominciano già a subire un rallentamento.
Organizzazioni internazionali presenti nella macroarea
L’Asia centrale è una area molto vasta che comprende i seguenti Paesi: Afghanistan, Armenia, Azerbaijan, Cina, Hong Kong, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan.
Soffermiamoci ora sul ruolo svolto dalle organizzazioni internazionali all’interno di questi Paesi, partiamo dall’Armenia.
In Armenia un ruolo molto importante viene svolto dall’UNICEF la quale si adopera per ricostruire il tessuto sociale e familiare disgregato da guerre e conflitti, inoltre fornisce assistenza scolastica e sanitaria e sostegno alle donne vittime di abusi domestici.
A ciò va aggiunto che, per contrastare la tendenza all'abbandono dei bambini e all'esclusione dei piccoli con problemi di salute fisica o disabilità, occorre anche l’aiuto della Comunità internazionale.
Il progetto, sostenuto dall'UNICEF Italia, si basa soprattutto su tre interventi:
migliorare la qualità dell'offerta educativa, rendendo le scuole più "a misura di bambini" e formando gli insegnanti per l'accoglienza e l'inserimento dei bambini portatori di handicap o provenienti da famiglie a rischio;
sostenere e incrementare le organizzazioni non governative locali che si battono per contrastare l'istituzionalizzazione dei minori, con programmi di assistenza diurna e sostegno alle famiglie in difficoltà, e per l'integrazione dei portatori di handicap;
promuovere, anche attraverso le istituzioni locali e gli stessi collegi e istituti più aperti, una politica di recupero dei rapporti con i genitori o i familiari superstiti, promuovendo anche politiche di affido familiare.

Un’altra importante organizzazione è la Direzione dello sviluppo e della cooperazione la quale opera in Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, in particolare le strategie messe a punto da questa organizzazione riguardano i seguenti temi:
Sanità: sostenere le riforme per favorire un più diffuso accesso ai sistemi sanitari in modo che l’intera popolazione ne possa trarre vantaggio.
Gestione delle risorse idriche e riduzione dei rischi di catastrofi naturali: aumentare la produttività dell’agricoltura, ampliare le capacità di analisi e gestire gli effetti delle catastrofi naturali.
Istituzioni pubbliche e servizi: migliorare la gestione dei beni pubblici mediante una utilizzazione trasparente ed efficace delle risorse nazionali.
Infrastrutture essenziali: favorire un tipo di utilizzazione idrica ed energetica durevole ed accessibile e ripristino di infrastrutture danneggiate.
Sviluppo del settore privato: sostegno del settore privato con particolare attenzione alle piccole e medie imprese, promozione del settore commerciale e di quello bancario.

In Cina, invece, il governo di Pechino sta approntando un nuovo regolamento per facilitare la registrazione e il lavoro delle organizzazioni non governative. Tale regolamento varrà sia per le Ong nazionali che per quelle internazionali.
Esse portano nel paese milioni di euro e nuove e moderne tecnologie per lo sviluppo educativo, sanitario, per i disabili, tutti campi umanitari a cui lo Stato non riesce a fare fronte.

Finora le Ong potevano operare in Cina solo se trovavano un dipartimento del governo che garantisse per loro davanti allo Stato. Proprio per questo motivo finora le organizzazione non governative venivano chiamate con il nome contraddittorio di "ong- organizzate dal governo". Tutto questo portava al freno negli impegni delle Ong e a un controllo serrato delle loro attività.
Secondo alcuni osservatori, il cambiamento di politica verso le Ong è dovuto ai problemi che lo Stato incontra nell'affrontare emergenze e problemi sociali. Nella Cina di oggi molte ditte statali - che una volta assicuravano casa, medicine, scuole, pensione per anziani – sono ormai allo sfascio; in più le campagne e le zone montagnose sono distanti dal progresso economico delle città.
L'apertura alle Ong, anche a quelle internazionali, permette una risposta ai bisogni emergenti:come ad esempio, scuole per i poveri in città; educazione contro l'Aids; controllo dell'inquinamento.
Per quanto riguarda, invece, la Georgia vi sono molte Organizzazioni Internazionali che destinano programmi d’assistenza a questo Paese, tra le organizzazioni più attive spiccano la Commissione Europea e il programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP).
Entrambi hanno concentrato il proprio operato su obiettivi di governance e democrazia piuttosto che sullo sviluppo economico.
Ancora un’altra fondamentale organizzazione operante in Asia centrale è l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).
In particolare gli obiettivi che questa organizzazione si prefigge di raggiungere sono:
prevenzione dei conflitti, gestione delle crisi e ricostruzione postconflittuale;
promuovere modi e mezzi che consentano all’OSCE di favorire lo sviluppo di un quadro giuridico, istituzioni politiche democratiche e procedure che prevedano il rispetto dei diritti umani;
agevolare i contatti e promuovere scambio di informazioni nonché la cooperazione con organizzazioni e istituzioni internazionali;
stabilire e mantenere contatti con autorità locali, università, istituzioni di ricerca e ONG;
collaborare nell’organizzazione di avvenimenti OSCE regionali, tra cui, seminari regionali e visite nella regione di delegazioni OSCE, nonché di altre manifestazioni con la partecipazione dell’OSCE.