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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Per il medoto di ricerca ed analisi adottato

Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

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lunedì 30 gennaio 2012

V Arabia Saudita

IL PESO DELLE RIFORME


Gli osservatori internazionali continuano a dividersi sul giudizio in merito al futuro di un Paese per molti versi ancora poco conosciuto: se alcuni sottolineano infatti il pragmatismo di Re Abdullah, teso ad alleviare le tensioni tra modernità e tradizione nel Regno attraverso l’introduzione di moderate riforme che intendono assicurare la tenuta del fragile tessuto sociale saudita, molti altri registrano piuttosto le spinte centrifughe della borghesia emergente e la resistenza al cambiamento dei poteri conservatori della società: settori della Casa Reale fedeli al Principe Naif (Ministro dell’Interno), religiosi, magistratura shariatica.

Sul piano politico interno, Re Abdullah ha effettuato quest’anno il primo importante rimpasto di governo dal momento della sua ascesa al trono nell’agosto 2005. La manovra rientra in una più ampia riforma degli organi statuali, che ha visto avvicendamenti ai vertici degli organi politici, militari, religiosi e giudiziari del Regno. Oltre alle nuove nomine ministeriali che hanno interessato il Ministero dell'Istruzione, della Cultura e dell'Informazione, della Giustizia e della Salute, altri cambiamenti rilevanti hanno interessato il Consiglio della Shura, l'Assemblea Consultiva del Regno che ha visto l'avvicendamento di 79 dei suoi membri. I nuovi membri sono accomunati dalla giovane età e il Consiglio rappresenta realmente ora tutte le regioni e principali realtà tribali dell'Arabia Saudita. Sono inoltre entrati a far parte del Majlis un membro della Famiglia Reale, il Principe Khalid bin Abdullah, e cinque appartenenti alla comunità sciita.

Il Re ha inoltre proceduto ad una nuova configurazione del Consiglio degli Ulema, il massimo organo religioso dell'Arabia Saudita, che ora comprende rappresentanti di tutte e quattro le scuole giuridiche dell'Islam sunnita (hanafita, malikita, shafi'ita, hanbalita). Nel complesso il rimpasto di governo può apparire come un'operazione di facciata secondo gli "standard occidentali": i vertici della maggior parte dei dicasteri più strategici, che riflettono anche gli equilibri più delicati all'interno della famiglia reale, non sono infatti stati coinvolti. Le nuove nomine vanno tuttavia valutate alla luce dei forti condizionamenti sociali, politici e tribali nel cui ambito il Re deve muoversi per portare avanti la sua strategia riformistica. Da questo punto di vista assume un carattere in parte simbolico ma senz'altro cruciale la nomina di Nora Al Fayez, a cui è stato conferito l’incarico "storico" di Vice-Ministro con delega per l'istruzione femminile. Tale nomina è suscettibile di alimentare le speranze di milioni di donne saudite che da anni aspettano il riconoscimento di un loro ruolo all'altezza delle sfide poste dalla modernità alla società saudita. È comunque significativo che i principali cambiamenti abbiano interessato i vertici religiosi ultra-conservatori, e in particolare quelli della magistratura shariatica, che hanno fino ad oggi goduto di un assoluto potere discrezionale nell’emanazione delle sentenze. Da più parti viene sostenuto che l'obiettivo principale ed il senso profondo della manovra in oggetto sarebbe proprio la riforma del sistema giudiziario che non può prescindere dalla struttura religioso-ideologica di stampo salafita/wahabita.



LA SITUAZIONE DI SICUREZZA

A lungo sospettata di oscuri rapporti tra ambienti politici e religiosi all’origine delle derive terroristiche del fondamentalismo islamico internazionale, l’Arabia Saudita, dopo gli attentati che hanno insanguinato il Paese fra il 2003 ed il 2005, si è dimostrata uno dei Paesi mediorientali più all’avanguardia nella lotta al terrorismo interno, sul piano della repressione e su quello della riabilitazione dei militanti.

Ancora oggi, tuttavia, è sul piano del contrasto all’ideologia che alimenta il terrorismo che si delinea il problema di fondo di questo sistema socio-politico: ovvero la circostanza che sia il regime sia l’opposizione islamista che ne denuncia il carattere “usurpatorio” traggono la loro legittimità dalla stessa fonte (religiosa), andando pertanto a competere sul medesimo terreno di legittimazione. Questo spiega perchè il regime risponde agli attacchi dell’opposizione, oltre che attraverso l’imponente apparato di repressione, anche mobilitando i vertici religiosi ufficiali. I principali esponenti della Famiglia Reale e quelli religiosi non perdono pertanto occasione per esortare i cittadini a collaborare con le forze di sicurezza nel combattere Al Qaeda e gli altri movimenti estremisti. Molto più ambiguo è invece l’atteggiamento di alcuni membri meno in vista dei settori religiosi e della stessa Casa degli Al Saud.

Al fine di combattere i movimenti radicali che si oppongono al regime al potere, il governo ha adottato un’articolata strategia volta a contrastare la radicalizzazione ed il reclutamento terroristico. Tra le iniziative di maggior rilievo rientrano la campagna di “rieducazione” dei predicatori delle moschee e l’istituzione del PRAC Program (Prevention, Rehabilitation and AfterCare Program), che mira a recuperare socialmente quanti sono risultati coinvolti nelle attività o hanno fiancheggiato i gruppi estremisti. Il Coordinatore di tali iniziative è il Principe Mohammed bin Naif, figlio e “braccio destro” del Ministro dell’Interno, Principe Naif bin Abdulaziz. Il 28 agosto scorso il Principe Mohammed è stato vittima di un attentato suicida nel suo palazzo residenziale di Gedda, riportando peraltro solo lievi ferite. Va ricordato che il profilo del Principe Mohammed si è rafforzato notevolmente negli ultimi anni: egli è considerato dagli osservatori internazionali quale uno dei principali esponenti di un nuovo tipo di classe dirigente saudita, particolarmente efficiente e dinamica.

Ad ogni modo se gli sforzi nel contrastare le attività dei gruppi terroristici si sono rivelati ad oggi senz’altro fruttuosi, i risultati nel medio-lungo termine dipenderanno in gran parte dall’evoluzione dei fattori in grado di stabilizzare il quadro interno (in particolare le politiche di ridistribuzione del reddito e la graduale apertura al processo decisionale) e dagli sviluppi in campo internazionale, soprattutto nei numerosi focolai di tensione della regione.



LA SUCCESSIONE AL TRONO

Lo scorso 27 marzo Re Abdullah ha nominato il Ministro degli Interni, Principe Naif bin Abdulaziz, Secondo Vice Premier. Si tratta di una decisione fondamentale per i delicati equilibri interni della Casa Reale. Il Principe Naif occupa ora il secondo posto in linea di successione al trono ed il primo per il ruolo di Principe Reggente. Il posto di “numero tre” del Regno era rimasto vacante sin dalla scomparsa del Re Fahd nel 2005, dato che al momento della propria ascesa Re Abdullah aveva nominato solamente la figura del Principe Reggente, il Ministro della Difesa Principe Sultan bin Abdulaziz. Nominando Naif Secondo Vice Premier Re Abdullah ha riconosciuto di fatto la centralità del “clan dei Sudairi”, ovvero il nucleo più influente dei discendenti di Re Abdulaziz. Si tratta dei 7 figli maschi della stessa sposa di Abdulaziz tra i quali si annoverano, oltre a Naif, anche Re Fahd (scomparso nell’agosto del 2005), il Principe Ereditario Sultan ed il Governatore di Riad, Salman, ma non Re Abdullah il quale aspira ovviamente a fare da mediatore tra le varie componenti della dinastia in competizione tra loro.



I DIRITTI UMANI

Le leggi saudite non tutelano i diritti umani fondamentali. Riad ha ratificato - con riserva che le disposizioni non siano in contrasto con la Sharia - soltanto 19 dei 53 principali strumenti internazionali relativi alla protezione dei diritti umani. Ciò detto, la situazione, tuttora molto critica, sta migliorando attraverso una presa di coscienza collettiva; la consapevolezza dell’esistenza di diritti umani irrinunciabili si sta diffondendo sempre di più nel Paese, con particolare riferimento al ruolo della donna nella società e nell’economia. Nel settembre 2005 il Re ha istituito la Commissione saudita sui diritti umani, organo governativo con il compito di difendere e promuovere tali diritti, favorire la loro consapevolezza presso la popolazione ed assicurarne l’applicazione, nel rispetto delle disposizioni della Shari’a islamica. Il Consiglio dell’organismo è composto da 24 membri con al vertice il Presidente, direttamente responsabile verso il Re quale garanzia di indipendenza rispetto alle amministrazioni dello Stato. Si annovera tra le funzioni più importanti della Commissione la supervisione di tutti i provvedimenti legislativi adottati nel Regno, nella fase di preparazione dei testi, e di verifica di quelli già vigenti. A tutela dei diritti umani è stato creata la National Society for Human Rights, organismo privato sostenuto dal Governo. I due enti sauditi hanno dimostrato una sostanziale adesione all’indirizzo del Sovrano, tanto da non poter essere considerati indipendenti. È bene menzionare anche un’organizzazione non governativa, del tutto indipendente e proprio per questo continuamente ostacolata nella sua attività: Human Rights First, il cui fondatore, Ibrahim al Mugaiteeb, e’ stato più volte imprigionato negli scorsi anni per la sue attività.

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