Diritti Umani
Le leggi saudite non tutelano i diritti umani fondamentali. Riad ha ratificato con riserva che le disposizioni non siano in contrasto con la Sharia, soltanto 19 dei 53 principali strumenti internazionali relativi alla protezione dei diritti umani. Ciò detto, la situazione, tuttora molto critica, sta migliorando attraverso una presa di coscienza collettiva; la consapevolezza dell’esistenza di diritti umani irrinunciabili si sta diffondendo sempre di più nel Paese. L’azione delle istituzioni attive nel settore dei diritti umani, la riforma in corso del sistema giudiziario, lo studio della legge contro le violenze familiari, la discussione nell’ambito del Majlis Al Shura delle problematiche relative alle tutele legali a favore dei circa 1.5 milioni di collaboratori domestici provenienti soprattutto dai Paesi asiatici, possono essere considerati come indubbi miglioramenti a fronte di una situazione comunque ben lontana dagli standard internazionali.
I diritti umani trovano sempre maggiore spazio nel dibattito politico, con particolare riferimento alla condizione femminile e al ruolo della donna nella società e nell’economia. In occasione degli avvicendamenti ai vertici degli organi politici, militari, religiosi e giudiziari del Regno del febbraio scorso è stato conferito a Nora Al Fayez l’incarico di Vice-Ministro con delega per l’istruzione femminile. Pur costituendo un evento storico nella storia del Regno sono ancora molte le questioni irrisolte. L’identità legale femminile è tuttora inesistente, le donne non possono votare, guidare, apparire in pubblico senza abayyah, viaggiare e studiare all’estero in assenza almeno di un permesso da parte di un parente stretto di sesso maschile (mahram).
Un altro ambito di palese discriminazione riguarda le minoranze religiose. Nonostante i numerosi proclami in proposito, è vietata ogni forma di manifestazione pubblica di adesione a confessioni diverse da quella dominante musulmana sunnita, ed in particolare alle varie correnti sciite.
La “salvaguardia della morale e dei costumi islamici” è affidata ai muttawa’in, agenti della “Commissione per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio”. Questa sorta di polizia religiosa mette in atto un codice di rigida separazione di genere ed esercita un severissimo controllo del rispetto della Shari’ah. Quanto alle altre religioni, mentre la libertà religiosa non è riconosciuta, il governo afferma di garantirne la pratica in privato, ma tale diritto non è di fatto sempre rispettato nè definito per legge. La pratica delle altre due religioni monoteistiche, ebraica e cristiana è discriminata in misura inferiore.
La ONG Human Rights Watch ha denunciato i mezzi utilizzati dalle autorità saudite per contrastare la minaccia terroristica, tra cui la detenzione illegittimamente prolungata di migliaia di persone e lo svolgimento di processi con procedure non conformi agli standard internazionali. La detenzione arbitraria, i maltrattamenti, le torture dei detenuti, le restrizioni alle libertà di associazione e di espressione sono frequenti.
Il dibattito sui diritti umani è orientato ad un’interpretazione degli stessi alla luce dei precetti coranici: non vengono, ad esempio, messe in discussione la pena capitale ed altre pene corporali.
Nel settembre 2005 il Re ha istituito la Commissione saudita sui diritti umani, organo governativo che ha il compito di difendere e promuovere tali diritti, favorire la loro consapevolezza presso la popolazione ed assicurarne l’applicazione, nel rispetto delle disposizioni della Shari’a islamica. Il Consiglio dell’organismo è composto da 24 membri con al vertice il Presidente, direttamente responsabile verso il Re quale garanzia di indipendenza rispetto alle amministrazioni dello Stato. Si annovera tra le funzioni più importanti della Commissione la supervisione di tutti i provvedimenti legislativi adottati nel Regno, nella fase di preparazione dei testi, e di verifica di quelli già vigenti. A tutela dei diritti umani è stata inoltre creata la National Society for Human Rights, organismo privato sostenuto dal Governo. I due enti sauditi hanno dimostrato una sostanziale adesione all’indirizzo del sovrano, tanto da non poter essere considerati indipendenti. È bene menzionare anche un’organizzazione non governativa, del tutto indipendente e proprio per questo continuamente ostacolata nella sua attività: si tratta di Human Rights First, il cui fondatore, Ibrahim al Mugaiteeb, e’ stato più volte imprigionato negli scorsi anni per la sue attività.
Il crescente dibattito pubblico e le aperture operate dal governo stanno lentamente contribuendo, pur nel rispetto della Shari’a, a consentire l’aggregazione di un fronte concettuale e concreto di azione nel campo dei diritti umani sulla cui portata appare tuttavia prematuro esprimere valutazioni eccessivamente ottimistiche.
Uniformologia, Uniformi del Patto di Varsavia
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