SICUREZZA E TERRORISMO
A lungo sospettata di oscuri rapporti tra ambienti politici e religiosi all’origine delle derive terroristiche del fondamentalismo islamico internazionale, l’Arabia Saudita, dopo gli attentati che hanno insanguinato il Paese fra il 2003 ed il 2005, si è dimostrata uno dei Paesi mediorientali più all’avanguardia nella lotta al terrorismo interno, sul piano della repressione e su quello della riabilitazione dei militanti, con particolare riferimento al programma PRAC (Prevention, Rehabilitation and AfterCare Program) che mira recuperare socialmente quanti sono risultati coinvolti nelle attività o hanno fiancheggiato i gruppi estremisti. A questo programma partecipano enti governativi, psicologi, forze dell’ordine ed esponenti religiosi. Il principale ideatore del programma è il Principe Mohammed bin Naif, Vice Ministro dell’Interno e figlio del Ministro dell’Interno Principe Naif.
L’annuncio, risalente allo scorso gennaio, della “saldatura” tra la sezione saudita e quella yemenita di Al Qaida e la pubblicazione a febbraio di una nuova lista di 85 super ricercati per terrorismo sono stati accompagnati da un rafforzamento delle misure di sicurezza nei luoghi più a rischio della capitale saudita. E’ noto ormai che i due rami saudita e yemenita dell’organizzazione di Al Qaida nella penisola arabica (AQAP) si sono fusi e che il centro delle attività del gruppo terrorista si è spostato nello Yemen, sotto il comando del cittadino yemenita Nasser al-Wahayshi.
L’ultima operazione di polizia di rilievo nel Regno è avvenuta nell’agosto scorso e ha visto l’arresto di 44 terroristi. Il Generale Mansour Al-Turki, portavoce del Ministero degli Interni saudita, ha precisato che tutti gli arrestati, ad eccezione di uno, sono di origine saudita e sono altamente qualificati nella realizzazione di armi ed esplosivi. Essi sono anche sospettati di aver reclutato aspiranti jihadisti e aver finanziato operazioni terroristiche attraverso specifiche raccolte fondi. Le autorità hanno sottolineato il fatto che alcuni degli arrestati fossero in possesso di titoli di studio superiori e competenze tecniche avanzate. Durante le operazioni sono state sequestrate anche armi, munizioni e apparecchiature elettroniche (detonatori) rinvenute nella regione del Qassim - da sempre roccaforte dei wahhabiti piu' duri e puri - e in una valle nei dintorni di Riad. Il Generale Mansour Al-Turki ha ribadito l’impegno del Regno saudita nella lotta contro il terrorismo sottolineando che negli ultimi due anni le forze di sicurezza hanno sventato 160 attacchi.
In merito alla collaborazione con gli altri Paesi riguardo i detenuti per atti terroristici va menzionato che il Segretario alla Difesa americano Robert Gates nel maggio scorso ha partecipato a colloqui su un possibile accordo con l’Arabia Saudita per il trasferimento di un centinaio di prigionieri yemeniti da Guantanamo verso centri di riabilitazione per terroristi in Arabia Saudita. Gates ha tenuto un incontro con il Vice Ministro dell’Interno, Principe Mohammed bin Naif, per discutere dell’eventuale invio dei suddetti detenuti yemeniti in Arabia Saudita. Sono emerse infatti da parte USA delle perplessità in merito alla capacità dello Yemen di gestire l’eventuale rimpatrio dei detenuti, ma per ora le autorità saudite si sono limitate a dare una risposta interlocutoria, prendendo tempo per valutare la richiesta.
Il 28 agosto lo stesso Principe Mohammed bin Naif è stato vittima di un attentato suicida nel suo palazzo residenziale di Gedda, riportando peraltro solo lievi ferite. L’attentatore suicida è Abdullah al-Asiri, un militante compreso nella lista pubblicata lo scorso febbraio, di 85 super ricercati per attività terroristiche. Va ricordato che il profilo del Principe Mohammed si è rafforzato notevolmente negli ultimi anni: egli viene considerato dagli osservatori internazionali quale uno dei principali esponenti di un nuovo tipo di classe dirigente saudita, particolarmente efficiente e dinamica.
Recentemente anche la rivista mensile on – line dell’AQAP “Sada al-Malahim” (l'eco della battaglia) si è soffermata sull'attentato al Principe Mohammed, evidenziando i meriti della rimozione di leader corrotti e non rispettosi della tradizione islamica come il capo dell'antiterrorismo saudita, invitando i combattenti a porre in essere azioni analoghe in tutto il mondo.
Il capo dell'AQAP Al Wahayshi da parte sua invita i militanti ad effettuare attacchi contro obiettivi ed interessi occidentali e dei governi empi dei Paesi arabi, ovunque sia possibile, anche conducendo gli attacchi con mezzi limitati ma facilmente reperibili quali armi bianche (coltelli, mazze) e piccoli congegni esplosivi. Tale approccio potrebbe essere interpretato come un segno di debolezza dell'organizzazione, se dovesse riflettere la difficoltà incontrata nel compiere in questa fase attacchi di grande portata nel Regno, ed il conseguente ricorso all'estrema ratio del conflitto "a bassa intensità " pur di mantenere una certa visibilità.
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4 settimane fa
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