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“Siamo categoricamente contrari all’ampliamento del club delle potenze nucleari. Lo consideriamo controproducente, dannoso e pericoloso”, ha dichiarato Vladimir Putin da Pechino. Il presidente russo ha però anche tenuto a precisare che Mosca considera altresì le intimidazioni rivolte alla Corea del Nord come “inaccettabili”.
Ciò potrebbe sorprendere, se consideriamo che la distanza tra la città russa di Vladivostok e il sito nucleare nordcoreano di Punggye-ri non supera i 400 chilometri. Se in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu la condanna dell’ultimo test missilistico ordinato da Kim Jong-un è stata unanime, è tuttavia difficile stabilire fino a che punto la Russia intenda spingersi su questo dossier. L’opposizione di Mosca verso le sanzioni - e la preferenza di una soluzione diplomatica - è ormai un atteggiamento tipico, adottato in diverse occasioni e che lascia spazio ad ambiguità. Quel che è certo è che il dilemma di Putin è di natura politica: collaborare o meno con l’Occidente - e a che prezzo - o insistere sull’unicità del proprio ruolo e creare un polo di interessi alternativo. I legami con Pyongyang… Alcuni analisti che si occupano di Nord Corea sostengono che semmai Pechino dovesse approvare sanzioni contro la Corea del Nord, quest’ultima non avrebbe alcun problema a rivolgersi a Mosca. Tra Mosca e Pyongyang al momento non è stato registrato alcun incremento dell’interscambio commerciale, ma si intensificano i collegamenti via mare e via terra con la ferrovia che collega Khasan, sul confine orientale russo, e il porto norcoreano di Rajinper il trasporto di carbone, metalli e prodotti petroliferi. La Russia è un’importante fonte di valuta estera per la Corea del Nord, grazie alla presenza a Vladivostok della più grande comunità di nordcoreani all’estero, le cui rimesse ammontano a decine di migliaia di dollari al mese. I legami tra i due Paesi non sono, però, sempre cristallini: un recente report delle Nazioni Unite denuncia le attività della compagnia Kumsan che partirebbero dall’ambasciata nordcoreana a Mosca. Tali elementi, tuttavia, non sembrano sufficienti a giustificare una protezione russa a vantaggio di Pyongyang. Stando al tasso di cambio molto basso e inaffidabile della valuta nordcoreana, la Russia dovrebbe sostenere il commercio con Pyongyang con sussidi e riserve federali, circostanza piuttosto improbabile. … e quelli con Seul Ben diversa è invece la sinergia con la Corea del Sud. Al forum economico di Vladivostok dello scorso settembre sono stati firmati molti accordi nel settore energetico e Seul ha chiesto di aderire all’accordo di libero scambio nell’ambito dell’Unione economica euroasiatica. Gli investimenti delle società sudcoreane nell’economia russa superano i 2,3 miliardi di dollari, mentre Mosca, grazie ai giacimenti Sakhalin-2, ha consegnato a Seul circa 1,5 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto. Nel corso del summit, il presidente Putin aveva dichiarato che la Russia si sarebbe opposta al programma nucleare di Pyongyang, ma allo stesso tempo di ritenere che una soluzione dovesse essere ricercata nel quadro diplomatico specifico dell’Asia nordorientale, cercando di ridurre il livello di confronto militare. Convergenze con la Cina Per molto tempo la Corea del Nord ha tenuto un piede in due scarpe per ottenere maggiori vantaggi a seconda dei diversi settori di cooperazione, con l’intento di mettere Pechino e Mosca in competizione per il ruolo di punto di riferimento politico ed economico contro l’isolamento. La Cina esporta circa 500 mila tonnellate di petrolio e 270 mila tonnellate di prodotti petroliferi all’anno, secondo le fonti dell’industria petrolifera cinese. Quando due anni fa la Cina dato uno stop alle esportazioni di carburante per gli aerei, la Russia ha preso il suo posto. Se sul piano formale Mosca e Pechino condannano i test della Corea del Nord, sul piano pratico entrambe propendono per una soluzione diplomatica e sembrano opporsi a nuove sanzioni o all’azione unilaterale di Washington. Opposizione alle sanzioni La contrarietà della Russia alle sanzioni come strumento di soluzione delle controversie non è una novità, se pensiamo alla posizione mantenuta anche rispetto a Iran e Siria, ma soprattutto alle sanzioni internazionali che la riguardano e che hanno fatto seguito all’intervento in Ucraina (misure di cui Mosca mirerebbe a ottenere la rimozione). L’atteggiamento russo a riguardo non sembra dettato da motivazioni economiche o dal timore dello scoppio di una guerra con il coinvolgimento degli Stati Uniti nel suo cortile asiatico: la Russia possiede basi militari relativamente vicine al confine nordcoreano, da cui far partire missili balistici a corto e medio raggio; inoltre la Corea del Sud ospita già molte basi militari statunitensi. Da un lato c’è la naturale opposizione russa nei confronti di un cambiamento di regime in Corea del Nord e dell’unilateralismo americano che di fatto impedisce a Mosca di esercitare il ruolo geopolitico tanto agognato dal crollo dell’Unione sovietica; i buoni rapporti con Pyongyang la indurrebbero, poi, ad escludere l’eventualità di essere possibile bersaglio del regime di Kim Jong-un. Dall’altro, però, nel lunghissimo periodo, la Russia potrebbe beneficiare della riduzione e forse della riunificazione delle due Coree, sia dal punto di vista economico sia politico (a differenza della Cina, che vedrebbe una Corea unita come un competitor). Lasciare questo compito agli americani non sarà facile, ma al momento la Russia è impegnata su fronti già piuttosto dispendiosi e sarebbe difficile liberare risorse. Se alla luce di ciò un atteggiamento attendista è comprensibile, è altresì probabile che presto gli eventi prenderanno una svolta e la Russia rischia di restare fuori dai giochi. Giovanna De Maio è dottoranda di ricerca presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale; è stata stagista per la comunicazione presso lo IAI. |
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