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C’è un film di Wim Wenders del 1993 il cui titolo – così lontano, così vicino - ben si addice alla relazione tra l’Italia e la penisola coreana. Quest’ultima è infatti uno dei territori più distanti da noi. Eppure è proprio con una parte della penisola – la Corea del Sud – che l’Italia e l’Europa hanno stretto rapporti economici e politici tra i più intensi al mondo.
Seul è stata infatti la prima capitale di un grande Paese industrializzato a siglare un accordo di libero scambio (Free trade agreement – Fta) con l’Ue nel luglio 2011. Da allora, l’interscambio Ue-Corea del Sud è in continuo aumento, anche perché dal 1̊ luglio 2016 i dazi all’importazione sono stati eliminati su tutti i prodotti ad eccezione di un numero limitato di derrate agricole. Rapporti Corea del Sud-Ue sempre più stretti L’interscambio bilaterale Italia-Corea del Sud è cresciuto di conseguenza negli ultimi anni. Secondo i dati Ice, nel 2010 l’interscambio complessivo era pari a 5,5 miliardi di euro con esportazioni italiane per 2,5 miliardi di euro. Nel 2015, l’interscambio è arrivato a 7,7 miliardi di euro e le nostre esportazioni sono salite oltre i 4,5 miliardi di euro, a dimostrazione del salto di qualità rappresentato dall’accordo di libero scambio. I dati definitivi per il 2016, sebbene non ancora pubblicati, lasciano intravvedere un aumento ulteriore dell’interscambio, in particolare nell’alimentare e nella moda, ma anche in settori quali automotive, macchine utensili, biomedicale e biotecnologie. Sull’onda del successo dell’accordo con la Corea del Sud, la Ue sta finalizzando un Fta con il Giappone (che si dovrebbe concludere quest’anno), ha aperto le discussioni con l’India e ha in corso negoziazioni con la Cina su un accordo sugli investimenti. La Corea del Sud ha pertanto fatto da apripista agli accordi commerciali tra la Ue e i grandi Paesi asiatici. Seul rappresenta – dopo Giappone, Cina e India - la quarta potenza economica dell’Asia e la sesta potenza manifatturiera mondiale, avendo superato proprio l’Italia nel 2010. Il legame tra Corea del Sud e Europa non è solo economico, ma anche politico. Seul è stata, infatti, la prima capitale sempre di un grande Paese industrializzato a siglare, nel 2015, un accordo con la Ue per la partecipazione alle missioni europee di gestione delle crisi, in particolare in Africa. Anche in questo caso, la Corea del Sud sta facendo da apripista per altri paesi asiatici. Questa luna di miele tra Ue e Seul richia, però, di venire turbata da un terzo incomodo: Pyongyang. La minaccia nord-coreana La Corea del Sud si trova ora in uno stato di massima allerta, dopo che il 6 marzo, quattro missili sono stati lanciati simultaneamente dal sito militare di Tongchang-ri in Corea del Nord. Il lancio è avvenuto in risposta all’inizio delle annuali esercitazioni militari congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud, che da quarant’anni si tengono solitamente in questo periodo e che Pyongyang vede come delle vere e proprie prove di invasione. Allo stesso tempo, Usa e Corea del Sud hanno trovato un accordo per l’installazione dello scudo missilistico Thaad (Terminal High Altitude Area Defense), che avrà il compito di neutralizzare la minaccia missilistica nordcoreana. Il test simultaneo di inizio marzo ha accelerato i piani di dispiegamento, a tal punto che le prime componenti dello scudo missilistico sono già arrivate a Seul. Il tutto succede in un momento di grave crisi politica nel Sud, dopo che il 10 marzo – e dopo ben quattro mesi dallo scandalo che aveva portato la presidentessa Park Geun-hye alla messa in stato d’accusa - la Corte costituzionale sudcoreana ha confermato con voto unanime le accuse mosse nei confronti della Park, obbligandola di fatto a rassegnare le proprie dimissioni. In un tale conteso, il 17 marzo è avvenuta la visita di Rex Tillerson in Corea del Sud. Il segretario di Stato Usa ha voluto rassicurare l’alleato, dichiarando che tutte le opzioni sono aperte (‘all options are on the table’) nei confronti della Corea del Nord. Cosa può fare l’Italia Di fronte alla minaccia nord-coreana e al dispiegamento del Thaad, non c’è molto che l’Europa e l’Italia possano fare, se non ricordare - come ha fatto l’Alto Commissario Federica Mogherini in varie dichiarazioni nelle ultime settimane – la ferma condanna alle provocazioni provenienti da Pyongyang e l’auspicio che si trovi una soluzione che garantisca pace e stabilità alla penisola coreana. Una cosa però il governo italiano può fare. Ed è di ricordarsi che la penisola coreana non è cosi lontana, e che i missili nord-coreani colpiscono indirettamente anche noi, visto che minacciano la sicurezza di un Paese – la Corea del Sud - che è sempre piu vicino a noi, sia economicamente, che politicamente. In qualità di membro del club del G7, l’Italia deve sforzarsi – nonostante il provincialismo della maggioranza della classe politica italiana – a pensare in maniera globale. Perche se è vero che Roma può fare poco, è altrettanto vero che, anche solo mantenendo l’attenzione viva sulla crisi che attanaglia la penisola coreana, l’Italia dà il suo contributo alla questione. In tal senso il 30 marzo lo IAI organizza a Firenze una conferenza su What Future for the Korean Peninsula?. Nicola Casarini è coordinatore dell’area di ricerca Asia dello IAI. |
Uniformologia, Uniformi del Patto di Varsavia
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