ensioni tra Cina e Giappone Pechino ombelico asiatico Nicola Casarini 24/12/2013 |
Le recenti tensioni tra Cina e Giappone intorno alle isole Senkaku - o Diaoyu in cinese - e la decisione di Pechino di creare una zona di difesa aerea hanno riacceso antichi dissapori tra i due grandi paesi dell’Asia orientale. In gioco c’è la supremazia di un’area che contribuisce oggi per più della metà alla crescita globale.
Diplomazia dello yen
Dal 13 al 15 dicembre, Tokyo ha ospitato il summit Giappone-Asean per commemorare i 40 anni di relazioni tra le due parti. Per l’occasione, Tokyo ha promesso ingenti investimenti nel sud-est asiatico, inclusa la somma di 20 miliardi di dollari per infrastrutture. Nella dichiarazione finale, il Giappone si è anche assicurato l’appoggio dei dieci membri dell’Asean riguardo alla libertà di circolazione aerea e marittima in Asia. Si tratta di un chiaro messaggio rivolto alla Cina, la cui crescente influenza nell’area va di pari passo con un certo disimpegno dell’America negli ultimi mesi.
L’assenza del presidente statunitense Barack Obama al forum dell’Apec (Asia-Pacific economic cooperation) lo scorso ottobre e al successivo vertice dell’East Asian Summit in Brunei - a causa dello ‘shutdown’ - ha regalato ai dirigenti cinesi la ribalta diplomatica. Durante la visita di stato in Indonesia del presidente cinese, un editoriale del Jakarta Post (il più importante quotidiano di lingua inglese dell’arcipelago) ha scritto che è la Cina, e non Washington, il leader dell’Asia Pacifico nel XXI secolo.
Negli stessi giorni, il premier cinese Li Keqiang ha prospettato di elevare il decennale partenariato strategico Cina-Asean grazie a un nuovo trattato di amicizia e cooperazione. La Cina è oggi il primo partner commerciale dell’Asean, mentre questa è il terzo partner di Pechino, dopo Ue e Stati Uniti.
Sino-centrismo
Il commercio bilaterale Cina-Asean ha raggiunto i 400 miliardi di dollari nel 2012, con un aumento dell’11,6% nei primi nove mesi del 2013. Su questa scia, lo yaun - o renminbi - si sta imponendo come moneta di riferimento nell’area. Secondo uno studio di Arvind Subramanian e Martin Kessler del Peterson Institute for International Economics di Washington, il renminbi è già oggi la moneta dominante nella regione, avendo relegato il dollaro al secondo posto.
Anche se la Cina è già diventata la potenza dominante in Asia in svariati ambiti, la domanda di Stati Uniti rimane forte, soprattutto sul terreno della sicurezza. Restano infatti aperte una serie di dispute territoriali e marittime tra Pechino e i vicini. È comunque il Giappone il paese che più di ogni altro contrasta l’emergere di un’Asia sino-centrica.
In un’intervista a The Wall Street Journal a fine ottobre 2013, il premier giapponese Shinzo Abe ha dichiarato (ed è la prima volta per un alto dirigente nipponico) che Tokyo è pronta ad assumersi un ruolo di leadership in Asia non solo sul fronte economico, ma anche sulle questioni riguardanti la sicurezza, lanciando il messaggio che il paese è pronto a contrastare l’ascesa della Cina.
Il monito di Abe è stato ben accolto da alcuni paesi quali le Filippine e il Vietnam che sperano che una postura più decisa da parte di Tokyo - con l’assenso di Washington - possa indurre Pechino a maggior cautela nelle dispute territoriali.
La maggior parte dei paesi dell’Asean sembra voler continuare a giocare su due fronti (finché è possibile): se da una parte si rendono conto che la supremazia regionale della Cina è un fatto pressoché ineludibile nel medio-lungo termine, continuano altresì a sperare che il sistema di alleanze imperniato intorno all’asse Stati Uniti-Giappone possa porre limiti - almeno nel breve-medio temine - a un ordine sino-centrico del quale non si conoscono ancora bene le caratteristiche.
Europa e Italia
L’Europa e l’Italia hanno interesse a seguire le dinamiche in atto in Asia non solo per l’importanza che la regione ha da un punto di vista prettamente economico, ma anche - e forse soprattutto - perché Bruxelles ha la possibilità di esercitare un ruolo di intermediazione tra Washington, Pechino e Tokyo in virtù del fatto che l’Europa è un fedele alleato degli Stati Uniti e allo stesso tempo un partner importante per Cina e Giappone.
In questa partita, l’Italia ha un ruolo da giocare: Roma deterrà infatti la presidenza della Ue nella seconda parte del 2014 e nell’autunno 2014 ospiterà a Milano il summit dell’Asia-Europe Meeting, il più importante forum di dialogo e cooperazione tra Europa e Asia.
Questa potrebbe essere un’ottima occasione di confronto tra le due parti sulle trasformazioni in atto in Asia, incluso il ruolo che la Ue potrebbe avere per far sì che l’ordine economico e politico in gestazione ad Oriente sia foriero più di opportunità che di rischi.
Nicola Casarini è Senior Analyst presso l’Istituto della UE per gli Studi sulla Sicurezza di Parigi e consulente di ricerca dello Iai. Una versione ampliata del presente articolo è pubblicata nell’ultimo numero di Aspenia.
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Diplomazia dello yen
Dal 13 al 15 dicembre, Tokyo ha ospitato il summit Giappone-Asean per commemorare i 40 anni di relazioni tra le due parti. Per l’occasione, Tokyo ha promesso ingenti investimenti nel sud-est asiatico, inclusa la somma di 20 miliardi di dollari per infrastrutture. Nella dichiarazione finale, il Giappone si è anche assicurato l’appoggio dei dieci membri dell’Asean riguardo alla libertà di circolazione aerea e marittima in Asia. Si tratta di un chiaro messaggio rivolto alla Cina, la cui crescente influenza nell’area va di pari passo con un certo disimpegno dell’America negli ultimi mesi.
L’assenza del presidente statunitense Barack Obama al forum dell’Apec (Asia-Pacific economic cooperation) lo scorso ottobre e al successivo vertice dell’East Asian Summit in Brunei - a causa dello ‘shutdown’ - ha regalato ai dirigenti cinesi la ribalta diplomatica. Durante la visita di stato in Indonesia del presidente cinese, un editoriale del Jakarta Post (il più importante quotidiano di lingua inglese dell’arcipelago) ha scritto che è la Cina, e non Washington, il leader dell’Asia Pacifico nel XXI secolo.
Negli stessi giorni, il premier cinese Li Keqiang ha prospettato di elevare il decennale partenariato strategico Cina-Asean grazie a un nuovo trattato di amicizia e cooperazione. La Cina è oggi il primo partner commerciale dell’Asean, mentre questa è il terzo partner di Pechino, dopo Ue e Stati Uniti.
Sino-centrismo
Il commercio bilaterale Cina-Asean ha raggiunto i 400 miliardi di dollari nel 2012, con un aumento dell’11,6% nei primi nove mesi del 2013. Su questa scia, lo yaun - o renminbi - si sta imponendo come moneta di riferimento nell’area. Secondo uno studio di Arvind Subramanian e Martin Kessler del Peterson Institute for International Economics di Washington, il renminbi è già oggi la moneta dominante nella regione, avendo relegato il dollaro al secondo posto.
Anche se la Cina è già diventata la potenza dominante in Asia in svariati ambiti, la domanda di Stati Uniti rimane forte, soprattutto sul terreno della sicurezza. Restano infatti aperte una serie di dispute territoriali e marittime tra Pechino e i vicini. È comunque il Giappone il paese che più di ogni altro contrasta l’emergere di un’Asia sino-centrica.
In un’intervista a The Wall Street Journal a fine ottobre 2013, il premier giapponese Shinzo Abe ha dichiarato (ed è la prima volta per un alto dirigente nipponico) che Tokyo è pronta ad assumersi un ruolo di leadership in Asia non solo sul fronte economico, ma anche sulle questioni riguardanti la sicurezza, lanciando il messaggio che il paese è pronto a contrastare l’ascesa della Cina.
Il monito di Abe è stato ben accolto da alcuni paesi quali le Filippine e il Vietnam che sperano che una postura più decisa da parte di Tokyo - con l’assenso di Washington - possa indurre Pechino a maggior cautela nelle dispute territoriali.
La maggior parte dei paesi dell’Asean sembra voler continuare a giocare su due fronti (finché è possibile): se da una parte si rendono conto che la supremazia regionale della Cina è un fatto pressoché ineludibile nel medio-lungo termine, continuano altresì a sperare che il sistema di alleanze imperniato intorno all’asse Stati Uniti-Giappone possa porre limiti - almeno nel breve-medio temine - a un ordine sino-centrico del quale non si conoscono ancora bene le caratteristiche.
Europa e Italia
L’Europa e l’Italia hanno interesse a seguire le dinamiche in atto in Asia non solo per l’importanza che la regione ha da un punto di vista prettamente economico, ma anche - e forse soprattutto - perché Bruxelles ha la possibilità di esercitare un ruolo di intermediazione tra Washington, Pechino e Tokyo in virtù del fatto che l’Europa è un fedele alleato degli Stati Uniti e allo stesso tempo un partner importante per Cina e Giappone.
In questa partita, l’Italia ha un ruolo da giocare: Roma deterrà infatti la presidenza della Ue nella seconda parte del 2014 e nell’autunno 2014 ospiterà a Milano il summit dell’Asia-Europe Meeting, il più importante forum di dialogo e cooperazione tra Europa e Asia.
Questa potrebbe essere un’ottima occasione di confronto tra le due parti sulle trasformazioni in atto in Asia, incluso il ruolo che la Ue potrebbe avere per far sì che l’ordine economico e politico in gestazione ad Oriente sia foriero più di opportunità che di rischi.
Nicola Casarini è Senior Analyst presso l’Istituto della UE per gli Studi sulla Sicurezza di Parigi e consulente di ricerca dello Iai. Una versione ampliata del presente articolo è pubblicata nell’ultimo numero di Aspenia.
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