Afghanistan
Domenica 6 ottobre, in Afghanistan, si è conclusa la registrazione dei candidati alle prossime elezioni del 5 aprile. L’elenco definitivo, che raccoglie 27 candidati in lizza per le presidenziali, esclude la partecipazione dell’attuale presidente Hamid Karzai, per raggiungimento dei limiti costituzionali. Di fronte a questa moltitudine di candidature però, il cerchio sul possibile designato si stringe intorno a un numero più limitato di personalità, fra cui Abdul Rahim Wardak (pashtun) ex Ministro della Difesa sino al 2012, Zalmay Rassoul (pashtun) attuale Ministro degli Esteri, Abdul Rasul Sayyaf (pashtun) controverso signore della guerra dell’Alleanza del Nord, Abdullah Abdullah (tagiko) ex Ministro degli Esteri nel primo governo ad interim di Karzai, Ashraf Ghani (pashtun) già Ministro delle Finanze e direttore della commissione sulla transizione e infine il fratello del presidente, Qayum Karzai (pashtun). A prescindere dal diffici! le contesto di sicurezza in cui le elezioni avranno luogo e che certamente avrà un impatto sul processo elettorale, una prima considerazione positiva è il fatto che ciascun candidato si sia presentato con due vice-presidenti scelti fra esponenti degli altri gruppi etnici principali, un raro segno di distensione in un Paese dove i rapporti fra i vari gruppi sono tradizionalmente tesi. La tenuta di elezioni ragionevolmente libere e prive di irregolarità è un’importante tappa non solo per l’Afghanistan, ma anche per la Comunità Internazionale, che, proprio nel 2014, si appresta a ultimare il ritiro dei contingenti ISAF, dopo 13 anni di operazioni nel Paese.
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