Cina
Lo scorso 26 giugno, violente rivolte sono scoppiate a Turpan, cittadina situata a circa 200 Km da Urumqi, capitale della regione nordoccidentale dello Xinjiang.
I rivoltosi hanno assalito i poliziotti con coltelli e dato alle fiamme vetture della Polizia. Sedici persone, tra gli uiguri, ed otto civili sono morti, dopo l’uccisione di almeno undici protestanti da parte della polizia. Si conta, quindi, un totale di 35 vittime.
Alla base delle violenze c’è la contrapposizione tra Pechino e la causa indipendentista uigura. Lo Xinjiang è già stato recentemente teatro di forti tensioni tra gli uiguri, musulmani sunniti che rappresentano il 45% della popolazione, e han, gruppo etnico maggioritario che costituisce il 92% dell’intera popolazione della Cina. Questi ultimi vengono incoraggiati dal governo centrale ad emigrare nella regione per sinizzare il territorio e diluire la specificità etnica uigura. Pechino ha facilitato, nel co! rso dei decenni, la migrazione di gruppi han in queste zone, offrendo loro, a scapito degli uiguri, benefici ed i posti di lavoro più prestigiosi. Generalmente gli han sono la maggioranza nell’est e nel nord dello Xinjiang (Dzungaria) mentre gli uiguri sono il principale gruppo a sud e ad ovest. Turpan è un enclave uigura nell’est della regione e pertanto è particolarmente esposta a questo tipo di scontri.
L’agenzia di stampa cinese Xinhua, ha fornito un bilancio degli scontri nel 2012, che ammontano a circa 200 vittime, di cui la maggior parte di etnia han. L’atteggiamento duro cinese è spiegato dall’interesse della Cina a mantenere il controllo su di un territorio ricco di risorse che fa parte della travagliata ed instabile periferia occidentale, di cui fa parte anche il Tibet.
Gli uiguri accusano le autorità cinesi di repressione della propria cultura e di discriminazione. Il governo locale impone agli uomini uiguri di radersi la barba, ai minori di! non frequentare le moschee e alle donne di non indossare il velo. Le autorità spesso incolpano delle violenze i militanti radicali del gruppo islamico filo-qaedista East Turkestan Islamic Movement (ETIM), mentre gli attivisti uiguri all’estero accusano la Cina di ingigantire ad arte tale minaccia per giustificare i metodi pesanti adottati dalle sue Forze di Sicurezza.
I rivoltosi hanno assalito i poliziotti con coltelli e dato alle fiamme vetture della Polizia. Sedici persone, tra gli uiguri, ed otto civili sono morti, dopo l’uccisione di almeno undici protestanti da parte della polizia. Si conta, quindi, un totale di 35 vittime.
Alla base delle violenze c’è la contrapposizione tra Pechino e la causa indipendentista uigura. Lo Xinjiang è già stato recentemente teatro di forti tensioni tra gli uiguri, musulmani sunniti che rappresentano il 45% della popolazione, e han, gruppo etnico maggioritario che costituisce il 92% dell’intera popolazione della Cina. Questi ultimi vengono incoraggiati dal governo centrale ad emigrare nella regione per sinizzare il territorio e diluire la specificità etnica uigura. Pechino ha facilitato, nel co! rso dei decenni, la migrazione di gruppi han in queste zone, offrendo loro, a scapito degli uiguri, benefici ed i posti di lavoro più prestigiosi. Generalmente gli han sono la maggioranza nell’est e nel nord dello Xinjiang (Dzungaria) mentre gli uiguri sono il principale gruppo a sud e ad ovest. Turpan è un enclave uigura nell’est della regione e pertanto è particolarmente esposta a questo tipo di scontri.
L’agenzia di stampa cinese Xinhua, ha fornito un bilancio degli scontri nel 2012, che ammontano a circa 200 vittime, di cui la maggior parte di etnia han. L’atteggiamento duro cinese è spiegato dall’interesse della Cina a mantenere il controllo su di un territorio ricco di risorse che fa parte della travagliata ed instabile periferia occidentale, di cui fa parte anche il Tibet.
Gli uiguri accusano le autorità cinesi di repressione della propria cultura e di discriminazione. Il governo locale impone agli uomini uiguri di radersi la barba, ai minori di! non frequentare le moschee e alle donne di non indossare il velo. Le autorità spesso incolpano delle violenze i militanti radicali del gruppo islamico filo-qaedista East Turkestan Islamic Movement (ETIM), mentre gli attivisti uiguri all’estero accusano la Cina di ingigantire ad arte tale minaccia per giustificare i metodi pesanti adottati dalle sue Forze di Sicurezza.
(da C.S.I.I Weekly. 118)
( per contatti: geografia2013@libero.it)
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