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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Per il medoto di ricerca ed analisi adottato

Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

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mercoledì 31 agosto 2016

Uzbekistan: una difficile eredità

aucaso
Uzbekistan, l’enigma del dopo Karimov
Sara Bonotti
12/10/2016
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L’annuncio, il 2 settembre, della morte del Presidente Islam Karimov ha dato il via alla transizione uzbeka.

All’indomani della scomparsa di quello che dal 1989 era il leader incontrastato del Paese, Nigmatilla Yuldashev, Presidente del Senato, ha adempito i primi doveri presidenziali che, in linea con l’articolo 96 della Costituzione e legislazione ordinaria, prevedono un periodo massimo di tre mesi per l’elezione del successore.

La nomina, nel 2015, dell’avvocato ed ex-Ministro della Giustizia Yuldashev a leader della Camera alta era già segnale loquace della necessità di rafforzare i contrappesi istituzionali allo strapotere degli organi di sicurezza.

La realtà politica appare, tuttavia, più dinamica del cristallino dettato costituzionale: il vaso di Pandora della lotta alla successione si è aperto tra giochi di potere esacerbati dalle divisioni in clan, volatilità sociale e stallo economico.

Conservare lo status quo
Eppure i fedelissimi dell’ex-Presidente sono orientati allo status quo. Tra i papabili emerge la figura di Shavkat Mirziyoyev, Primo ministro dal 2003 e Presidente pro tempore dall’8 settembre, a seguito della tempestiva rinuncia di Yuldashev.

Mirziyoyev ha compiuto gli onori di casa in occasione del funerale di Karimov, delle visite di delegazioni straniere - tra cui l’omologo russo Dmitry Medvedev - e dell’inattesa toccata e fuga del Presidente russo Vladimir Putin a Samarcanda.

Mirziyoyev godrebbe della fiducia di Rustam Inoyatov, capo del Servizio di sicurezza nazionale, e del Cremlino, vantando inoltre una forte base elettorale quale candidato del maggiore partito dell’Uzbekistan, il Liberal democratico.

Fuori dai giochi sembrerebbero i discendenti diretti del Presidente. L’erede designata Lola, unica dei figli presente alle commemorazioni, ha infatti manifestato disinteresse per la leadership, mentre l’altra figlia Gulnara è stata estromessa a causa del coinvolgimento in scandali finanziari.

Coesione uzbeka a dura prova
La coesione nazionale è stata, negli anni, messa a dura prova da controllo capillare della società civile e repressione sanguinosa di oppositori politici, fondamentalisti islamici e manifestanti che rivendicavano condizioni socio-economiche più eque.

La gestione delle minoranze nazionali, in primis kirghisa e tagica, rappresenta l’altro anello debole di un sistema centralizzato e autoritario, incline alla spartizione elitaria del potere. Le relazioni con gli stati confinanti sono tutt’altro che idilliche, a causa di frontiere mai definitivamente concordate, tensioni interetniche e conflitti latenti su risorse naturali ed energetiche.

La posizione al confine con l’Afghanistan e un revival islamico rivitalizzato da decenni di ateismo sovietico, a tratti radicale, rendono il Paese suscettibile di innescare effetti domino nell’intera regione.

La crisi economica, in parte conseguenza della recessione russa, penalizza soprattutto i lavoratori migranti uzbeki in Russia - 2 milioni secondo le stime - ma si estende all’intero sistema fiscale, che trae notevoli boccate d’ossigeno dalle rimesse estere.

I tagli al welfare statale e agli investimenti nel settore educativo inaspriscono il malcontento, mentre le condizioni salariali della polizia minano la fiducia nel regime di una categoria cruciale per il controllo sociale.

La capacità agricola è indebolita da tecniche di coltivazione obsolete, depauperamento del suolo e scarsa lungimiranza nell’attuare riforme indispensabili al sostegno di ben un terzo della classe lavoratrice. L’economia risente anche delle oscillazioni nei prezzi globali delle materie prime, principale fonte d’esportazione.

I tentativi di Tashkent di sdoganarsi dall’influenza russa hanno portato frutti. L’Uzbekistan è divenuto partner logistico e strategico dell’Occidente come piattaforma di lancio nella palude afghana e base di monitoraggio delle dinamiche regionali.

Un netto rifiuto è stato opposto al tentativo russo di inglobare il paese nell’Unione economica euroasiatica. Karimov optava inoltre per il ritiro dall’Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva a guida russa nel 2012. Tuttavia, il progressivo disimpegno degli Stati Uniti nell’area, l’apertura di nuovi scenari di crisi in Medio Oriente e l’interventismo russo hanno ridimensionato il peso dell’Asia Centrale sugli equilibri mondiali. Il potere negoziale dell’Uzbekistan secondo logiche da guerra fredda è in fase declinante.

L’eco nella regione
Altri leader della regione, intanto, sembrano far tesoro della lezione uzbeka sulla successione. Recentemente il presidente kazako Nursultan Nazarbayev, unico leader regionale a governare ininterrottamente dall’era sovietica, ha avviato un rimpasto governativo, nominando il Premier Karim Masimov a capo della Commissione per la sicurezza nazionale e la figlia Dariga Nazarbayeva Vice-Presidente del Senato.

Un Ministero per affari religiosi e società civile è sorto come risposta alla crisi del consenso sociale, mentre sette nuove leggi mirano a contrastare estremismo e terrorismo tramite intelligence e sicurezza informatica. Le mosse sottintendono l’esigenza di stabilità, prevenzione di dissenso e spaccature all’interno dell’élite.

Spostandosi su un altro scenario, Gurbanguly Berdymukhammedov, presidente del Turkmenistan, ha preparato il terreno per un potenziale governo a vita, autorizzando emendamenti costituzionali che gli consentiranno di candidarsi per le future elezioni presidenziali del 2017, indipendentemente dall’età, ed estendono il suo mandato da cinque a sette anni.

Le presidenziali uzbeche del 4 dicembre saranno dunque sotto la luce dei riflettori quale possibile modello di gestione di un’eredità post-sovietica condivisa dai Paesi confinanti. La leadership al potere dovrà saper raccogliere il lascito influente di chi un terzo della popolazione conosceva come unico padre della patria.

Le scelte su campagna elettorale e controllo del consenso - il 90% per Karimov alle elezioni 2015 - le negoziazioni dei clan rivali, il ruolo dei servizi segreti e le manovre russe nel ”cortile di casa” peseranno come fattori cruciali non solo sul futuro di Tashkent ma sulle successioni nell’intera regione.

Sara Bonotti, Programme Manager Human Dimension, Organization for Security and Co-operation in Europe (Osce), Programme Office in Astana.

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