Regime e popolo Corea del Nord, una nuova carestia Francesco Celentano 04/07/2015 |
In questi giorni, i media internazionali hanno rivelato che la Corea del Nord sta patendo una nuova grave carestia, dovuta principalmente a un’improvvisa siccità, che si prevede possa determinare nefaste conseguenze in termini di vite umane e danni economici, considerato che la struttura statale non appare pronta, almeno senza sovvenzioni internazionali, a fronteggiare una crisi di tale portata.
Il Paese asiatico, com’è noto, è guidato da ormai più di mezzo secolo da un’unica famiglia, i Kim, i cui componenti si tramandano il potere in maniera dinastica e non democratica.
La popolazione, che ammonta a circa 24 milioni di abitanti, patisce le conseguenze d’una gestione propagandisticamente anti-imperialista basata sul culto della personalità del Kim di turno al comando.
Elemento principale e ispiratore della politica del Paese è l’ideologia Juche ispirata al comunismo, ma con una forte componente nazionalista, fondata sul concetto, elaborato da Kim Il Sung, fondatore della Repubblica, di autosufficienza.
Un forte apparato militare e la massimizzazione delle risorse interne, inclusa la forza lavoro dei cittadini, sono i due unici presupposti per costruire una Nazione forte e competitiva, almeno a detta di colui che è stato proclamato, dopo la morte, Presidente eterno.
La peggiore siccità degli ultimi 100 anni
L’Agenzia ufficiale Kcna ha, stranamente, riconosciuto che la situazione agricola del Paese s’è deteriorata drasticamente nel corso dell’ultimo anno. L’allarme riguarda la disponibilità di acqua nei bacini che, a detta di alcuni funzionari ministeriali, “è ai livelli più bassi della storia così come fiumi e torrenti sono letteralmente a secco”. Di conseguenza, oltre il 30% delle risaie, che costituiscono la principale fonte di approvvigionamento del Paese, risultano prosciugate.
Il World Food Programme, Agenzia dell’Onu operante nel settore alimentare, ha già reso noto che, qualora la situazione risultasse irreparabile, gli aiuti internazionali arriveranno, così come successo tra il 1990 e il 1994, quando il Paese ebbe in dono oltre quattro miliardi di dollari d’aiuti in cambio di una maggior collaborazione in tema di non proliferazione nucleare (maggiore collaborazione poi cessata una volta superata la crisi alimentare).
Con gli eventuali aiuti del Wfp si riaprirebbe un rapporto, umanitario, tra la comunità internazionale e la Repubblica democratica: un rapporto quasi completamente interrottonegli ultimi 10 anni, soprattutto a causa dell’inarrestabile corsa al nucleare dei Kim.
Il giovane Kim alla prova dei fatti
Colpisce, dal punto di vista delle relazioni internazionali, la tempistica con cui il governo nordcoreano ha deciso di rendere nota la situazione precaria del Paese.
Difficilmente in questi anni, infatti, fatte salve le minacce più o meno velate a Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone e i proclami di forza e grandezza del leader al comando, si sono mai avute notizie, in particolare negative, inerenti la terra dei Kim.
La diffusione dell’informazione coincide con il rilascio di due prigionieri sudcoreani, accusati di “ingresso illegale” nel Nord, e con una politica distensiva portata avanti, recentemente, dal giovane KimJong-un, oggetto di costante monitoraggio nella Comunità internazionale per le stravaganti iniziative, vere o presunte, che caratterizzano la sua attività politica.
Non potendo trovare una diretta risposta alla siccità, causata da avverse condizioni metereologiche, il regime di Pyongyang ha indetto un nuovo periodo di totale mobilitazione com’è tradizione del Paese in caso di necessità.
“Mobilitiamoci tutti con la massima efficienza e dedichiamo tutti i nostri sforzi all’agricoltura”, così inizia il comunicato con cui si rende noto che tutti i nordcoreani a partire dalla scuola elementare, funzionari e casalinghe inclusi, dovranno dedicarsi per 40 giorni al lavoro agricolo nelle fattorie collettive, i kolchoz.
Obiettivo della mobilitazione è di prevenire la carestia derivante dalla siccità che rischia di uguagliare quella degli Anni Novanta, conosciuta come “l’ardua marcia” a causa dei tre milioni di vittime causati.
La mobilitazione in vista degli aiuti
Il peso della situazione avversa ricadrà, quindi, ancora una volta sulla popolazione che dovrà fornirsi autonomamente degli strumenti necessari al lavoro nei campi, abbandonando l’istruzione o il lavoro nella speranza di poter accedere direttamente a razioni di cibo più abbondanti di quelle attualmente ripartite secondo il piano nazionale di riferimento.
Appare chiaro che l’obiettivo principale del regime sia di sbloccare nuovamentela macchina degli aiuti internazionali scesi negli ultimi dieci anni da 300 a “soli” 50 milioni di dollari.
È di questi giorni la notizia, diffusa dal Ministero per l’Unificazione sudcoreano, di una flebile ripresa del dialogo tra Nord e Sud, su iniziativa proprio della parte settentrionale della Penisola.
Tutti elementi che rafforzano le tesi, maggioritarie, di una volontà nordcoreana di tornare a dialogare con la comunità internazionale tutta e non soltanto con gli storici alleati russi e cinesi, dopo oltre dieci anni d’isolamento, senz’altro imposto dall’esterno, ma sicuramente non contrastato dall’interno.
Questi costanti cambi di politica estera, prima minacciosa poi dialogante e viceversa,e le voci circa il rafforzamento di una minoritaria corrente di opposizione nell’élite del regime sono l’indicazione che forse, nella statica Pyongyang, qualcosa s’inizia a muovere.
Francesco Celentano, neolaureato in Giurisprudenza e praticante legale, si sta specializzando nello studio del diritto internazionale, già oggetto della sua tesi di laurea redatta durante un periodo di ricerca presso l'ufficio delle Nazioni Unite di Ginevra.
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Il Paese asiatico, com’è noto, è guidato da ormai più di mezzo secolo da un’unica famiglia, i Kim, i cui componenti si tramandano il potere in maniera dinastica e non democratica.
La popolazione, che ammonta a circa 24 milioni di abitanti, patisce le conseguenze d’una gestione propagandisticamente anti-imperialista basata sul culto della personalità del Kim di turno al comando.
Elemento principale e ispiratore della politica del Paese è l’ideologia Juche ispirata al comunismo, ma con una forte componente nazionalista, fondata sul concetto, elaborato da Kim Il Sung, fondatore della Repubblica, di autosufficienza.
Un forte apparato militare e la massimizzazione delle risorse interne, inclusa la forza lavoro dei cittadini, sono i due unici presupposti per costruire una Nazione forte e competitiva, almeno a detta di colui che è stato proclamato, dopo la morte, Presidente eterno.
La peggiore siccità degli ultimi 100 anni
L’Agenzia ufficiale Kcna ha, stranamente, riconosciuto che la situazione agricola del Paese s’è deteriorata drasticamente nel corso dell’ultimo anno. L’allarme riguarda la disponibilità di acqua nei bacini che, a detta di alcuni funzionari ministeriali, “è ai livelli più bassi della storia così come fiumi e torrenti sono letteralmente a secco”. Di conseguenza, oltre il 30% delle risaie, che costituiscono la principale fonte di approvvigionamento del Paese, risultano prosciugate.
Il World Food Programme, Agenzia dell’Onu operante nel settore alimentare, ha già reso noto che, qualora la situazione risultasse irreparabile, gli aiuti internazionali arriveranno, così come successo tra il 1990 e il 1994, quando il Paese ebbe in dono oltre quattro miliardi di dollari d’aiuti in cambio di una maggior collaborazione in tema di non proliferazione nucleare (maggiore collaborazione poi cessata una volta superata la crisi alimentare).
Con gli eventuali aiuti del Wfp si riaprirebbe un rapporto, umanitario, tra la comunità internazionale e la Repubblica democratica: un rapporto quasi completamente interrottonegli ultimi 10 anni, soprattutto a causa dell’inarrestabile corsa al nucleare dei Kim.
Il giovane Kim alla prova dei fatti
Colpisce, dal punto di vista delle relazioni internazionali, la tempistica con cui il governo nordcoreano ha deciso di rendere nota la situazione precaria del Paese.
Difficilmente in questi anni, infatti, fatte salve le minacce più o meno velate a Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone e i proclami di forza e grandezza del leader al comando, si sono mai avute notizie, in particolare negative, inerenti la terra dei Kim.
La diffusione dell’informazione coincide con il rilascio di due prigionieri sudcoreani, accusati di “ingresso illegale” nel Nord, e con una politica distensiva portata avanti, recentemente, dal giovane KimJong-un, oggetto di costante monitoraggio nella Comunità internazionale per le stravaganti iniziative, vere o presunte, che caratterizzano la sua attività politica.
Non potendo trovare una diretta risposta alla siccità, causata da avverse condizioni metereologiche, il regime di Pyongyang ha indetto un nuovo periodo di totale mobilitazione com’è tradizione del Paese in caso di necessità.
“Mobilitiamoci tutti con la massima efficienza e dedichiamo tutti i nostri sforzi all’agricoltura”, così inizia il comunicato con cui si rende noto che tutti i nordcoreani a partire dalla scuola elementare, funzionari e casalinghe inclusi, dovranno dedicarsi per 40 giorni al lavoro agricolo nelle fattorie collettive, i kolchoz.
Obiettivo della mobilitazione è di prevenire la carestia derivante dalla siccità che rischia di uguagliare quella degli Anni Novanta, conosciuta come “l’ardua marcia” a causa dei tre milioni di vittime causati.
La mobilitazione in vista degli aiuti
Il peso della situazione avversa ricadrà, quindi, ancora una volta sulla popolazione che dovrà fornirsi autonomamente degli strumenti necessari al lavoro nei campi, abbandonando l’istruzione o il lavoro nella speranza di poter accedere direttamente a razioni di cibo più abbondanti di quelle attualmente ripartite secondo il piano nazionale di riferimento.
Appare chiaro che l’obiettivo principale del regime sia di sbloccare nuovamentela macchina degli aiuti internazionali scesi negli ultimi dieci anni da 300 a “soli” 50 milioni di dollari.
È di questi giorni la notizia, diffusa dal Ministero per l’Unificazione sudcoreano, di una flebile ripresa del dialogo tra Nord e Sud, su iniziativa proprio della parte settentrionale della Penisola.
Tutti elementi che rafforzano le tesi, maggioritarie, di una volontà nordcoreana di tornare a dialogare con la comunità internazionale tutta e non soltanto con gli storici alleati russi e cinesi, dopo oltre dieci anni d’isolamento, senz’altro imposto dall’esterno, ma sicuramente non contrastato dall’interno.
Questi costanti cambi di politica estera, prima minacciosa poi dialogante e viceversa,e le voci circa il rafforzamento di una minoritaria corrente di opposizione nell’élite del regime sono l’indicazione che forse, nella statica Pyongyang, qualcosa s’inizia a muovere.
Francesco Celentano, neolaureato in Giurisprudenza e praticante legale, si sta specializzando nello studio del diritto internazionale, già oggetto della sua tesi di laurea redatta durante un periodo di ricerca presso l'ufficio delle Nazioni Unite di Ginevra.
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