Cecenia e Tagikistan Il Califfo e le paure di Mosca Giovanna De Maio 04/06/2015 |
Il sedicente Stato Islamico avanza e fa paura, ma a preoccupare non sono solo i successi sul territorio. Il reclutamento dei foreign fighters rende l’Is un nemico dai contorni sempre più sfumati che arriva a lambire anche i confini di alcune aree delicate sotto il profilo politico e strategico.
È il caso di Cecenia e Tagikistan che hanno chiesto aiuto a Mosca trovando un interlocutore reattivo. Le preoccupazioni del Cremlino si riferiscono all’unità della Russia e alla sua proiezione nello spazio post-sovietico. Dopo l’Ucraina, evidentemente, Mosca non vuole perdere altri pezzi.
L’Islam in Russia
La storia dell’Islam in Russia è plurisecolare. Da Caterina la Grande ai bolscevichi, gli scontri avevano soltanto affievolito la resistenza. Difatti, all’indomani del crollo dell’Urss le tradizioni islamiche della periferia sud dell’impero sovietico sono tornate a farsi sentire.
Si stima che i musulmani rappresentino circa il 14% della popolazione russa attuale, una minoranza la cui presenza si avverte. Se solo una quindicina di anni fa sembrava impossibile, oggi alla Duma si è riaperto il dibattito sulla poligamia, probabilmente fomentato dalla notizia di cronaca del matrimonio di una ragazzina di 17 anni con un ufficiale ceceno di trent’anni più vecchio.
L’atteggiamento di Mosca verso l’Islam è sempre stato piuttosto tollerante, almeno a parole. L’unità del Paese, così come impostata dal presidente Vladimir Putin, non si basa sulla confessione religiosa, ma su fattori di coesione quali l’uso della lingua russa e l’interesse nazionale. Per questo motivo Mosca ha spesso chiuso gli occhi in Cecenia e in Dagestan sulla poligamia o sul divieto di vendere alcolici. L’obiettivo dichiarato è indebolire l’opposizione che accusa Mosca di reprimere la cultura islamica.
Cecenia, un esperimento non riuscito
Il tema della convivenza delle diverse confessioni islamiche è particolarmente sentito in Cecenia. Attraverso la persona di Ramzan Kadyrov, l’uomo del presidente Putin in Cecenia, Mosca ha lottato contro le correnti più radicalmente indipendentiste, fautrici dell’introduzione della sharia. I fatti, però, non permettono di definirlo un esperimento riuscito.
Kadyrov è un personaggio particolare, di recente finito sotto la lente dei media: prende parte a ben due film, un thriller di Hollywood e un documentario che lo riguarda.
Curiosamente, pochi giorni fa, l’ideatore del documentario, l’attivista di Open Russia Vladimir Kara-Murza, ha avuto un malore e ci sono buone probabilità che sia stato avvelenato. Il reportage di Murza racconta la corruzione dell’élite cecena e descrive Kadyrov come un leader irrazionale, incurante dello spreco dei fondi pubblici, oltre a indicare un presunto coinvolgimento di combattenti ceceni nel Donbas ucraino.
Le paure di Kadyrov sulla possibilità che giovani ceceni si uniscano all’Is non sembra infondata. Egli doveva essere il catalizzatore di un bilanciamento tra la lealtà a Mosca e le tradizioni islamiche. Tuttavia, proprio per il legame con Mosca non è riuscito a rappresentare che una parte della popolazione, allontanando brutalmente gli oppositori.
Tagikistan , nel mirino di talebani e jihadisti
Ex repubblica socialista sovietica, il Tagikistan è ora una repubblica semipresidenziale indipendente che confina con l’Afghanistan. Secondo alcune fonti d’intelligence, i talebani afghani di concerto con i militanti dell’Is, ne avrebbero preso di mira il confine. Il presidente tagiko Emomali Rahmon ha chiesto aiuto a Putin.
Per l’occasione, Mosca ha rispolverato il Csto (Collective Security Treaty Organization), organizzazione nata come apparato militare di sei nazioni della Comunità di Stati indipendenti (tra cui il Tagikistan). Sotto l’egida del Csto sono state condotte esercitazioni militari congiunte e testata la sua forza di reazione rapida.
Tuttavia molti esperti non concordano sull’esistenza di una reale minaccia per il Tagikistan. Al contrario sostengono che gli incidenti di frontiera siano stati sporadici e che, cavalcando il timore dell’Is, il governo tagiko si assicuri un flusso ininterrotto di armi da Mosca (oltre al trasferimento già avvenuto di 1,2 miliardi di dollari).
In cambio, Mosca accresce la sua influenza sul Tagikistan, dove si riverseranno 9000 soldati entro il 2020 e che già oggi è lo Stato che ospita la più grande divisione armata russa al di fuori dei confini della federazione.
Gli interessi di Mosca
Dopo l’Ucraina, il Cremlino non può permettersi altri arretramenti in quello che storicamente considera l’estero vicino. L’avanzata dell’Is non costituisce tanto una minaccia d’attacco diretto, quanto piuttosto di erosione delle già contestate basi della presenza russa nel Caucaso e in Tagikistan.
Contenere gli effetti della propaganda jihadista ha notevole importanza, non solo in vista dell’unità del Paese. Per Mosca è fondamentale mantenere e incrementare le proprie posizioni strategiche in aree sensibili, nell’ottica di costituire uno dei centri del tanto agognato ordine multipolare post guerra fredda, corretto e riveduto dalla lente del Cremlino.
Giovanna De Maio è dottoranda di ricerca presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale; è stata stagista per la comunicazione presso lo IAI.
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=3089#sthash.Y92mOF4Y.dpufÈ il caso di Cecenia e Tagikistan che hanno chiesto aiuto a Mosca trovando un interlocutore reattivo. Le preoccupazioni del Cremlino si riferiscono all’unità della Russia e alla sua proiezione nello spazio post-sovietico. Dopo l’Ucraina, evidentemente, Mosca non vuole perdere altri pezzi.
L’Islam in Russia
La storia dell’Islam in Russia è plurisecolare. Da Caterina la Grande ai bolscevichi, gli scontri avevano soltanto affievolito la resistenza. Difatti, all’indomani del crollo dell’Urss le tradizioni islamiche della periferia sud dell’impero sovietico sono tornate a farsi sentire.
Si stima che i musulmani rappresentino circa il 14% della popolazione russa attuale, una minoranza la cui presenza si avverte. Se solo una quindicina di anni fa sembrava impossibile, oggi alla Duma si è riaperto il dibattito sulla poligamia, probabilmente fomentato dalla notizia di cronaca del matrimonio di una ragazzina di 17 anni con un ufficiale ceceno di trent’anni più vecchio.
L’atteggiamento di Mosca verso l’Islam è sempre stato piuttosto tollerante, almeno a parole. L’unità del Paese, così come impostata dal presidente Vladimir Putin, non si basa sulla confessione religiosa, ma su fattori di coesione quali l’uso della lingua russa e l’interesse nazionale. Per questo motivo Mosca ha spesso chiuso gli occhi in Cecenia e in Dagestan sulla poligamia o sul divieto di vendere alcolici. L’obiettivo dichiarato è indebolire l’opposizione che accusa Mosca di reprimere la cultura islamica.
Cecenia, un esperimento non riuscito
Il tema della convivenza delle diverse confessioni islamiche è particolarmente sentito in Cecenia. Attraverso la persona di Ramzan Kadyrov, l’uomo del presidente Putin in Cecenia, Mosca ha lottato contro le correnti più radicalmente indipendentiste, fautrici dell’introduzione della sharia. I fatti, però, non permettono di definirlo un esperimento riuscito.
Kadyrov è un personaggio particolare, di recente finito sotto la lente dei media: prende parte a ben due film, un thriller di Hollywood e un documentario che lo riguarda.
Curiosamente, pochi giorni fa, l’ideatore del documentario, l’attivista di Open Russia Vladimir Kara-Murza, ha avuto un malore e ci sono buone probabilità che sia stato avvelenato. Il reportage di Murza racconta la corruzione dell’élite cecena e descrive Kadyrov come un leader irrazionale, incurante dello spreco dei fondi pubblici, oltre a indicare un presunto coinvolgimento di combattenti ceceni nel Donbas ucraino.
Le paure di Kadyrov sulla possibilità che giovani ceceni si uniscano all’Is non sembra infondata. Egli doveva essere il catalizzatore di un bilanciamento tra la lealtà a Mosca e le tradizioni islamiche. Tuttavia, proprio per il legame con Mosca non è riuscito a rappresentare che una parte della popolazione, allontanando brutalmente gli oppositori.
Tagikistan , nel mirino di talebani e jihadisti
Ex repubblica socialista sovietica, il Tagikistan è ora una repubblica semipresidenziale indipendente che confina con l’Afghanistan. Secondo alcune fonti d’intelligence, i talebani afghani di concerto con i militanti dell’Is, ne avrebbero preso di mira il confine. Il presidente tagiko Emomali Rahmon ha chiesto aiuto a Putin.
Per l’occasione, Mosca ha rispolverato il Csto (Collective Security Treaty Organization), organizzazione nata come apparato militare di sei nazioni della Comunità di Stati indipendenti (tra cui il Tagikistan). Sotto l’egida del Csto sono state condotte esercitazioni militari congiunte e testata la sua forza di reazione rapida.
Tuttavia molti esperti non concordano sull’esistenza di una reale minaccia per il Tagikistan. Al contrario sostengono che gli incidenti di frontiera siano stati sporadici e che, cavalcando il timore dell’Is, il governo tagiko si assicuri un flusso ininterrotto di armi da Mosca (oltre al trasferimento già avvenuto di 1,2 miliardi di dollari).
In cambio, Mosca accresce la sua influenza sul Tagikistan, dove si riverseranno 9000 soldati entro il 2020 e che già oggi è lo Stato che ospita la più grande divisione armata russa al di fuori dei confini della federazione.
Gli interessi di Mosca
Dopo l’Ucraina, il Cremlino non può permettersi altri arretramenti in quello che storicamente considera l’estero vicino. L’avanzata dell’Is non costituisce tanto una minaccia d’attacco diretto, quanto piuttosto di erosione delle già contestate basi della presenza russa nel Caucaso e in Tagikistan.
Contenere gli effetti della propaganda jihadista ha notevole importanza, non solo in vista dell’unità del Paese. Per Mosca è fondamentale mantenere e incrementare le proprie posizioni strategiche in aree sensibili, nell’ottica di costituire uno dei centri del tanto agognato ordine multipolare post guerra fredda, corretto e riveduto dalla lente del Cremlino.
Giovanna De Maio è dottoranda di ricerca presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale; è stata stagista per la comunicazione presso lo IAI.
Nessun commento:
Posta un commento