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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Per il medoto di ricerca ed analisi adottato

Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

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lunedì 10 novembre 2014

Pakistan: quante cose gli mancano

Il paese di tutte le incertezze
Pakistan, è sempre l’ora dei militari
Sofia Zavagli
26/10/2014
 più piccolopiù grande
Non è mai abbastanza. Il Pakistan non è abbastanza grande demograficamente per rivaleggiare ad armi pari con l'India.

Non è abbastanza forte da garantirsi un ruolo da potenza regionale senza il bisogno di un arsenale atomico né di uno stato, l'Afghanistan, che funga da sua profondità strategica, ovvero da suo vassallo.

Non abbastanza nazione da reggersi senza coagulare le proprie tensioni etniche intorno all'Islam, unico perno fondante di uno paese che altrimenti si dissolverebbe sotto il peso delle differenze etniche e religiose.

Soprattutto, il Pakistan non è abbastanza uno stato. Dopo più di sessant'anni di governi autoritari alternati da colpi di stato militari, vive ancora oggi un periodo di grave instabilità.

A più di un anno dalle contestate elezioni che hanno portato al potere la Lega Musulmana (Pml-N) di Nawaz Sharif e all'indomani della proclamazione del nuovo presidente afghano, il Pakistan sembra non uscire da una crisi perpetua.

Chi ha paura di Imran Khan?
Un mezzo fallimento è stata la Marcia delle Libertà che si è tenuta il 14 agosto quando Imran Khan, ex star del cricket e leader del partito Pakistan Tehreek-e -Insaf (Pti), ha guidato il gruppo di chi chiede le dimissioni del governo Sharif, eletto a grande maggioranza, ma accusato di brogli, nel maggio 2013.

Alle proteste scatenate dal Pti si è unito anche il Pakistan Awami Tehreek (Pat) del leader sufi Mohammad Tahir-al-Qadri. Ciononostante, lo slogan di Khan “Go Nawaz Go” non è riuscito a fare breccia nella popolazione e la marcia non ha coinvolto i milioni di persone che gli organizzatori si aspettavano.

Forse perché la vera domanda che serpeggia oggi in Pakistan non è chi ha paura di Imran Khan ma quanto durerà? Quando i militari, per adesso rimasti silenziosamente nell'ombra, torneranno a ricordarci che sono loro a decidere da sessant'anni a questa parte chi comanda?

Dopo il trauma della perdita del Pakistan dell'est (oggi Bangladesh) nel 1971, l'ossessione nazionalista per i confini ha fatto sì che ogni governo abbia dovuto fare i conti con i militari. A loro non è mai piaciuto il disordine politico, perché ad esso sarebbe potuto seguire un vuoto di potere sfruttabile dall'India. Interverranno questa volta per ridare ordine al caos?

Servizi segreti come prezzemolo
Uno dei segreti peggio celati in questa parte del mondo è il costante coinvolgimento del Pakistan e in particolare dei suoi servizi segreti, l'Inter-Services Intelligence (Isi) negli affari interni dello stato. Basta pensare a quanto accadeva durante la guerra in Afghanistan, quando era proprio l'Isi ad occuparsi di distribuire i soldi sauditi e le armi made in Usa ai ribelli che combattevano contro i sovietici.

Dopo l'11 settembre, i quadri di Al-Qaida si sono trasferiti nella regione al confine tra Pakistan e Afghanistan, nota come Fata (Federally administered tribal areas). I Taliban - che godono della simpatia dell’Isi - hanno qui costituito una propria branca nazionale, la Tehreek-e - Taliban Pakistan.

Il governo pakistano ha reagito alla loro presenza nelle semi autonome e semi anarchiche aree tribali nel Nord-Ovest del paese con campagne militari di (voluta?) scarsa efficacia e con il mal sopportato “aiuto” dei droni statunitensi.

Questo fino a giugno 2014 quando, in seguito all'attentato all'aeroporto di Karachi rivendicato dai Taliban, Sharif ha scatenato un'offensiva militare nel Waziristan del Nord che fino ad ora ha provocato la morte di circa 1000 presunti militanti.

Gli amici segreti dei Taliban
La simpatia di ampie fette dell'apparato statale pakistano verso i Taliban e più in generale verso gruppi islamisti militanti, ha fatto sì che l'Afghanistan non sia mai uscito dall'orbita d'interesse di Islamabad.

Ecco perché il governo pakistano guarda con grande attenzione ai recenti sviluppi a Kabul, dove dopo mesi di attesa e numerose (trenta) visite del segretario di Stato americano John Kerry, si è finalmente giunti a un governo di compromesso tra i due candidati maggiori presieduto da Ashraf Ghani, ex ministro delle finanze ed ex consulente per la Banca Mondiale.

Ma ciò che ha attratto veramente gli sguardi della comunità internazionale e di Islamabad in particolare, è stata la firma del Bilateral Security Agreement (Bsa) con gli Usa che prevede la permanenza di circa 10000 unità a partire dal 1° gennaio 2015 e di un trattato simile con la Nato che aggiunge circa 4000 soldati, provenienti in massima parte da Regno Unito, Italia, Germania e Turchia.

Dal punto di vista pakistano, la permanenza delle truppe della coalizione favorisce lo status quo, ovvero impedisce ad altre forze regionali di immischiarsi negli affari interni dell'Afghanistan, fa sì che l'Afghanistan rimanga una zona cuscinetto sua vassalla, allontanando il pericolo di un eventuale accerchiamento da parte delle forze filo-indiane.

Sofia Zavagli è stagista dell’area Sicurezza e Difesa dello IAI.
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