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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Per il medoto di ricerca ed analisi adottato

Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

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venerdì 19 dicembre 2025

Tesi di Laurea Geor Burattini. Evoluzione delle tattiche usate dal movimento talebano. Conclusioni II Parte

 

Barattini Georg

MASTER DI I LIVELLO IN TERRORISMO ED ANTITERRORISMO INTERNAZIONALE, Università degli Studi Niccolò Cusano UNICUSANO – a.a. 2022-2023 – 

 

CONCLUSIONE

Tra il 1994 e il 1996 i talebani controllavano quasi l’ottanta per cento del Paese, ma l’ideologia a sostegno dell’unità nazionale non era più sufficiente e le esigenze di governo cominciavano a pesare sulla classe dirigente talebana1. La ricostruzione delle infrastrutture danneggiate da anni di conflitto, la necessità di aumentare le risorse finanziarie, l’esigenza di fornire assistenza sanitaria e altri servizi sociali, significava che i talebani dovevano reperire risorse dall’esterno. Inoltre, l’attenzione internazionale sul loro regime e sulle rigide pratiche ideologiche, aveva limitato il sostegno internazionale, rendendo difficoltoso l’accaparramento di tali risorse.

Il Mullah Omar, di fronte a questa esigenza, cercò cautamente di stringere nuove alleanze e per un certo periodo di tempo ebbe dei benefici, ma con l’inizio del millennio, le sue scelte politiche si sarebbero ritorte contro l’organizzazione stessa.

Mettendosi alla ricerca di nuove alleanze, i talebani decisero di avvicinarsi al miliardario saudita Osama Bin Laden e successivamente le azioni antagoniste di Bin Laden portarono la pressione internazionale a livelli estremi. L’apice si raggiunse con le azioni terroristiche di Al-Qaeda dell'11 settembre 2001 e con il rifiuto del mullah Omar di consegnare Bin Laden alle autorità statunitensi, decisione che i talebani moderati non sostennero e che portò il regime talebano ad essere definitivamente rovesciato dall'operazione Enduring Freedom. Nonostante la sconfitta, le lezioni apprese dai talebani durante questo periodo avrebbero influenzato nuove strategie e preparato il ritorno in Afghanistan.



Tra il 2004 e il 2009, i talebani adattarono le loro tattiche e le forze della coalizione furono costantemente impegnate ad affrontare la minaccia degli ordigni esplosivi di circostanza, degli attentatori suicidi e delle imboscate. Imparando dagli errori degli inizi del 2000, il mullah Omar e i talebani modificarono sistematicamente quasi ogni aspetto della loro insurrezione per contrastare efficacemente la moderna potenza militare degli Stati Uniti e dei loro alleati.

Va notato che durante questo periodo i talebani hanno vissuto anche dei periodi critici e di debolezza, rappresentati da vari aspetti come la rivalità tra i comandanti locali, la durezza imposta dalla Sharia e dalle ideologie fondamentaliste, la cattura o l’uccisione di molti talebani avvenuti tra l’inizio e la metà degli anni 20002. Queste difficoltà portarono a forti tensioni tra l’organizzazione talebana e soprattutto tra i vertici di comando. Tuttavia, l’insurrezione trovò il modo di mitigare queste debolezze e continuò a condurre la sua Jihad contro gli Stati Uniti con un certo successo.

Quando poi gli Stati Uniti concentrarono i loro sforzi sul sostegno alle infrastrutture governative e sulla stabilità politica dell’Afghanistan, come previsto dalla dottrina della counter-insurgency, i talebani furono nuovamente costretti ad adattarsi. Tra il 2010 e il 2019, l’organizzazione talebana si trasformò da un’insurrezione prevalentemente di tipo militare ad un’organizzazione politica in competizione con il governo centrale in Afghanistan, mentre la morte del leader spirituale dell’insurrezione, il mullah Omar, rallentò solo momentaneamente il movimento.

La continua consapevolezza dei punti di forza e di debolezza, della metodologia e dell’ideologia dei talebani consentì all’insurrezione di adattarsi e di trarre vantaggio dai cambiamenti avvenuti in Afghanistan negli ultimi anni.

Quasi due decenni dopo l’annientamento del regime talebano, i rappresentanti di entrambe le parti in conflitto, gli Stati Uniti e i talebani, iniziarono i negoziati di pace, fino a quando nel 2021 i talebani presero definitivamente il potere. Nella loro storia, i talebani hanno attraversato diverse fasi di dominio e di ritirata, ma la loro capacità di evolversi in un’entità politica a più livelli ha assicurato la loro continua presenza in Afghanistan.

Nel 2019 i negoziati Stati Uniti-talebani avevano l'intento di trovare un accordo e mentre i talebani volevano la completa rimozione delle truppe alleate dall’Afghanistan, al contrario gli Stati Uniti chiedevano l’impegno che il Paese non tornasse ad essere il rifugio di organizzazioni terroristiche. L’assenza della classe dirigente afghana nei colloqui di pace, rappresentò un importante tassello mancante per il futuro del Paese e dimostrò l’incapacità degli Stati Uniti di imparare dal passato. Quando gli Stati Uniti negoziarono con le truppe del Vietnam del Nord, senza la presenza dei funzionari del Sud, dopo solo due anni il governo cadde nel 1975.3

Durante i negoziati di pace, gran parte del paese rispecchiava ancora le condizioni degli anni novanta e le divisioni etniche e tribali che divisero l’Afghanistan e che diedero il via all’ascesa dei talebani erano tuttora presenti. Questo era anche riconoscibile quando i rappresentanti politici della Repubblica Islamica faticavano ad avere una maggioranza nell’elettorato poiché i gruppi etnici sostenevano principalmente i propri programmi e i propri candidati.

La corruzione nei gruppi politici continuava ad ostacolare il progresso, mentre le elezioni democratiche in Afghanistan venivano continuamente ritardate a causa della violenza. Nonostante diversi trilioni di dollari di aiuti e decenni di intervento da parte degli Stati Uniti e dell’Occidente, il Paese continuava a non riuscire a garantire i diritti democratici fondamentali e solo Kabul ed alcune grandi città davano una parvenza di democrazia.

L’opinione pubblica americana iniziò in gran parte a perdere interesse per il futuro dell’Afghanistan. Secondo alcuni sondaggi del 2018, solo il 58% dei votanti sapeva che gli Stati Uniti erano ancora coinvolti in operazioni militari in Afghanistan4 e altre erano ormai le sfide internazionali che prendevano il sopravvento sulle preoccupazioni dei media.

Durante i negoziati del 2019, i talebani approfittarono dei “cessate il fuoco” per tornare meglio addestrati ed equipaggiati e per continuare la loro Jihad ideologica, fino al 2021 quando presero rapidamente il potere nel Paese e il governo collassò.

In tutto ciò, considerando l’ingenuità politica dell’Occidente, vi è la questione di cosa abbia rappresentato il fallimento in Afghanistan per gli Stati Uniti e per tutto l’Occidente. Secondo alcuni analisti geopolitici, siamo di fronte al declino di una superpotenza, mentre per altri come Dario Fabbri, i fatti in Afghanistan rappresenterebbero una fase di maturità degli Stati Uniti, “quella che appare disfatta è manovra riuscita, malgrado il caos di Kabul. Gli Usa si affrancano da un paese ingestibile, in cui rischiano di finire invischiati gli avversari di sempre. Il destino del Numero Uno non cambia, purché gli americani non cedano all’emozione5”.

È interessante sapere che la costosa guerra in Afghanistan, finanziata dalla spesa pubblica americana, fu sostenuta anche dalla Cina, la quale ha acquistato il debito americano, secondo la massima napoleonica “Non interrompere mai il tuo nemico mentre sta facendo un errore6”.

Quando le forze statunitensi entrarono in Afghanistan, lo fecero sulla base di una forte componente emozionale dovuta all’11 settembre. Gli Stati Uniti non avevano alcuna comprensione del complesso panorama del paese afghano e non avevano nemmeno alcun piano per il futuro a lungo termine del paese. L’uso di dottrine e strategie obsolete, applicate ad una situazione afghana incompresa, provocò migliaia di vittime.

Gli Stati Uniti e le altre potenze dell’Occidente hanno imparato molto dall’esperienza dell’Afghanistan, ma rimane la necessità di saper agire in modo rapido ed efficiente, adattandosi ai cambiamenti del ritmo operativo e di saper considerare le sfumature culturali delle nazioni ospitanti.

La Tesi è consultabile, previa autorizzazione dell'Autore, presso la EMEROTECA del CESVAM


1 Eric S. Margolis, War at the Top of the World: The Struggle for Afghanistan and Asia (Toronto: Key Porter, 2007), 65.


2 Antonio Giustozzi, Decoding the New Taliban: Insights from the Afghan Field (New York, NY: Columbia University, 2009), 114-116.


3 “Afghanistan Talks Sound A Lot Like ‘Peace with Honor’ Ending to the Vietnam War,” USA Today, February 10, 2019

4 “Do Voters Know We’re Still At War With Afghanistan?” Rasmussen Reports, July 30, 2018

5 Lezioni Afghane - n°8 - 2021

6 Alessandro Manzoni, “il cinque maggio”

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