di Emanuele Giordana
Ranil Wikremesinghe è da ieri il nuovo Presidente dello Sri Lanka eletto col voto dei 225 deputati che gli hanno tributato 134 voti contro i soli 82 del suo maggior rivale, Dullas Alahapperuma. Le ragioni della scelta sembrano da ricercare in una miscela di fattori ma soprattutto in due concetti: continuità, ossia conoscenza della macchina dello Stato per evitare che precipiti nel caos, e rispettabilità agli occhi degli stranieri con cui andranno negoziati i debiti per 50 miliardi di dollari dello Sri Lanka. Ma agli occhi del popolino, che ne voleva le dimissioni da Premier – gli ha incendiato la casa e occupato gli uffici – Ranil rappresenta una continuità di altro tipo. Quanto alla rispettabilità, proprio la sua appartenenza a una continuità garantita da sei mandati come Premier, la fa apparire ai più davvero discutibile. Anche perché, nominato Presidente temporaneo dall’ex capo dello Stato in fuga (rifugiatosi a Singapore), Wikremesinghe ha imposto e prolungato la stato di emergenza.
Uomo storicamente del centro destra, sostenuto dallo Sri Lanka Podujana Peramuna (Slpp) – il partito di famiglia del clan Rajapaksa – Ranil è stato ritenuto l’unico in grado di negoziare la situazione debitoria con Fmi, Bm. indiani e cinesi. Ha sbaragliato Alahapperuma, uomo dello Slpp che godeva dell’appoggio esplicito di Mahinda Rajapaksa, segnando anche una frattura nel partito di maggioranza ormai in netta crisi di identità. Il paradosso è dunque che è stato eletto da un partito con cui si è sempre scontrato anche per aver tentato due volte – invano – la corsa alla presidenza La sinistra, rappresentata dal candidato Anura Kumara Dissanayake, leader della partito ex insurrezionalista Janatha Vimukthi Peramuna, ha ricevuto solo i voti dei suoi unici tre parlamentari.
Se per lo Slpp Wikremesinghe rappresenta la possibilità di evitare una futura debacle elettorale e se per Ranil la presidenza è il modo per continuare ad essere arbitro dei destini del Paese, è abbastanza chiaro come la sua elezione possa esser stata digerita dalla piazza. Che, al momento, ha però evitato una nuova vampata di protesta in uno stato di tensione che la fa immaginare pronta a rianimarsi sotto ceneri ben accese.
Del resto, quando in maggio Mahinda Rajapaksa, fratello del Presidente, dovette dimettersi da Premier sull’onda della protesta popolare, Gotabaya Rajapaksa ricorse a Ranil Wikremesinghe sperando che gli levasse le castagne dal fuoco. Ma il nuovo sodalizio tra ex nemici, ora reiterato dal voto parlamentare di ieri, non ha fatto che proiettare nell’immaginario popolare l’idea – non del tutto peregrina – che di queste élite non ci sia da fidarsi. Gotabaya per altro è scappato dando a lui l’incarico di Presidente temporaneo. Difficile immaginare che Ranil non sapesse che chi lo nominava stava facendo le valige con la complicità della marina militare.
In copertina Ranil Wikremesinghe
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