Asia La nuova normalità dell’economia cinese Nello del Gatto 10/02/2015 |
La “nuova normalità” dell’economia cinese scuote un po’ Pechino, ma continua a fare invidia ai paesi di tutto il mondo. La crescita attuale è “solo” al 7,4%, il dato è il più basso dal 1990, quando la Cina crebbe al 3,8% a causa delle sanzioni imposte dopo i fatti di Piazza Tiananmen.
Ed è anche la prima volta dal 1998 (i dati sono pubblici solo dal 1995) che la crescita cinese è inferiore al target fissato dal governo che, per il 2014, era del 7,5%. La crescita ha totalizzato 63,64 trilioni di yuan (10,26 trilioni di dollari) che non permettono alla Cina il soprasso sugli Stati Uniti come pronosticato, lasciando il paese del dragone al secondo posto tra le migliori economie al mondo.
La crescita cinese rallenta
È comunque la prima volta che la Cina supera i 10 trilioni e le sono serviti 14 anni mentre agli Usa 30 per raggiungere il risultato nel 2001.
Nonostante il record a 10 trilioni, il reddito pro-capite cinese è rimasto basso, intorno al novantesimo posto nel mondo, con 200 milioni di cinesi che vivono sotto la soglia di povertà. La riduzione della crescita ha portato anche le province cinesi a ridurre i loro target, alcuni anche di 5 punti, riportando tutto ad una situazione più normale.
Le autorità cinesi si sono affrettate a parlare di una “nuova normalità” della loro economia, dopo una crescita che ha superato il 10% dal 2000 al 2012, quando poi è stata registrato un Pil al 7,7% mantenuto anche nel 2013.
E le previsioni non sono rosee: secondo il Fondo monetario internazionale, la Cina dovrebbe crescere del 6,8% (-0,3 punti) nel 2015 e nel 2016 del 6,3% (-0,5 punti). L’annuncio della normalità serve anche a calmierare posizioni e preoccupazioni: in primis quella della ricaduta occupazionale, temuta non poco da Pechino, ma anche quella del debito pubblico.
Mercato immobiliare e dell’acciaio in calo
Le cause del rallentamento della crescita cinese derivano in primo luogo da un cambiamento della stessa da un sistema basato sulle esportazioni dovute ai bassi prezzi di produzione, a un sistema basato sul consumo interno.
Il mercato immobiliare è in calo. Si tratta di uno dei fattori più importanti dell’economia cinese, nel quale gli investimenti l’anno scorso sono cresciuti del 10,5%, molto al di sotto del 9,8% di crescita del 2013. Ora le vendite sono in calo del 7,6% e con l’aumento dello spazio non venduto del 26,1%.
Il calo dell’immobiliare porta quello dell’acciaio: anche se la produzione ha raggiunto il record di 822,7 milioni di tonnellate l’anno scorso (circa la metà della produzione globale) la crescita è stata solo dello 0,9%, il dato più basso dal 1981.
Nel 2014, sono calati gli investimenti in infrastrutture, scesi a un tasso di crescita del 15,7%, contro un aumento su base annua del 19,6% nel 2013.
I dati diffusi dall’istituto nazionale di statistica hanno dimostrato una ripresa dell’economia cinese nell’ultima parte dell’anno, con buoni segnali da vendite al dettaglio e la produzione industriale: la stessa ha registrato un calo rispetto al 2013, all’8,3% su base annua, in calo rispetto al 9,7% del 2013.
Taglio dei tassi di interesse
Le autorità erano già preoccupate, non a caso a novembre hanno deciso di tagliare i tassi di interesse. Difficile che, come fatto nel 2008, butteranno soldi nel sistema, perché aumenterebbero già il notevole debito (240% del Pil), ma continueranno a cercare di stimolare la domanda interna cercando sempre più di lasciare un modello industriale pesante verso uno più efficiente aumentando i consumi interni.
Il nuovo anno non è cominciato sotto il buon auspicio. L’attività manifatturiera ha rallentato il suo corso, con il dato più basso dall’ottobre 2012 a 49,8, sotto di 0,3 rispetto a dicembre. Un dato superiore al 50 indica espansione, mentre al di sotto indica contrazione. Stessa performance anche per i servizi, che comunque si mantengono nella zona di crescita.
Liquidità e bolle speculative
Il pericolo è soprattutto la liquidità. Le province sono gravemente indebitate sin dal 2008 e si cerca di trovare un metodo per favorire le aziende. La Banca centrale cinese ha deciso di tagliare il coefficiente della riserva obbligatoria delle banche di 50 punti base proprio per dare più liquidità a sostegno delle imprese.
La banca centrale ha anche deciso di ridurre di ulteriori 50 punti per alcune banche commerciali, impegnate soprattutto verso alcuni settori strategici come l’agricoltura.
Si temono però bolle speculative. A provocarle potrebbero essere denaro non reale immesso nel mercato (si sta allargando lo scandalo di banche false e di sistemi finanziari malati) e un innalzamento dell’inflazione che rende il potere di acquisto basso.
Il dragone, ha bisogno di riforme strutturali importanti per normalizzare la sua economia. Si sta cercando di migliorare soprattutto l’accesso al mercato. Dopo alcune sperimentazioni di innovazioni economiche e finanziarie nell’area di libero scambio di Shanghai (aperta a settembre 2013), le autorità hanno ora deciso di estendere queste novità a tutto il paese.
Il governo ha ben chiaro che senza riforme strutturali l’economia cinese avrà sempre una parte malata, ma non può riformare di colpo. I tempi cinesi sono lunghi.
Nello del Gatto, dopo aver lavorato come giornalista di nera e giudiziaria nella provincia di Napoli seguendo i più importanti processi di camorra, si è dedicato agli Esteri. Nel 2003 era alla stampa della presidenza italiana del consiglio dell'Ue; poi 6 anni in India come corrispondente per l'Ansa e successivamente a Shanghai con lo stesso ruolo.
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La crescita cinese rallenta
È comunque la prima volta che la Cina supera i 10 trilioni e le sono serviti 14 anni mentre agli Usa 30 per raggiungere il risultato nel 2001.
Nonostante il record a 10 trilioni, il reddito pro-capite cinese è rimasto basso, intorno al novantesimo posto nel mondo, con 200 milioni di cinesi che vivono sotto la soglia di povertà. La riduzione della crescita ha portato anche le province cinesi a ridurre i loro target, alcuni anche di 5 punti, riportando tutto ad una situazione più normale.
Le autorità cinesi si sono affrettate a parlare di una “nuova normalità” della loro economia, dopo una crescita che ha superato il 10% dal 2000 al 2012, quando poi è stata registrato un Pil al 7,7% mantenuto anche nel 2013.
E le previsioni non sono rosee: secondo il Fondo monetario internazionale, la Cina dovrebbe crescere del 6,8% (-0,3 punti) nel 2015 e nel 2016 del 6,3% (-0,5 punti). L’annuncio della normalità serve anche a calmierare posizioni e preoccupazioni: in primis quella della ricaduta occupazionale, temuta non poco da Pechino, ma anche quella del debito pubblico.
Mercato immobiliare e dell’acciaio in calo
Le cause del rallentamento della crescita cinese derivano in primo luogo da un cambiamento della stessa da un sistema basato sulle esportazioni dovute ai bassi prezzi di produzione, a un sistema basato sul consumo interno.
Il mercato immobiliare è in calo. Si tratta di uno dei fattori più importanti dell’economia cinese, nel quale gli investimenti l’anno scorso sono cresciuti del 10,5%, molto al di sotto del 9,8% di crescita del 2013. Ora le vendite sono in calo del 7,6% e con l’aumento dello spazio non venduto del 26,1%.
Il calo dell’immobiliare porta quello dell’acciaio: anche se la produzione ha raggiunto il record di 822,7 milioni di tonnellate l’anno scorso (circa la metà della produzione globale) la crescita è stata solo dello 0,9%, il dato più basso dal 1981.
Nel 2014, sono calati gli investimenti in infrastrutture, scesi a un tasso di crescita del 15,7%, contro un aumento su base annua del 19,6% nel 2013.
I dati diffusi dall’istituto nazionale di statistica hanno dimostrato una ripresa dell’economia cinese nell’ultima parte dell’anno, con buoni segnali da vendite al dettaglio e la produzione industriale: la stessa ha registrato un calo rispetto al 2013, all’8,3% su base annua, in calo rispetto al 9,7% del 2013.
Taglio dei tassi di interesse
Le autorità erano già preoccupate, non a caso a novembre hanno deciso di tagliare i tassi di interesse. Difficile che, come fatto nel 2008, butteranno soldi nel sistema, perché aumenterebbero già il notevole debito (240% del Pil), ma continueranno a cercare di stimolare la domanda interna cercando sempre più di lasciare un modello industriale pesante verso uno più efficiente aumentando i consumi interni.
Il nuovo anno non è cominciato sotto il buon auspicio. L’attività manifatturiera ha rallentato il suo corso, con il dato più basso dall’ottobre 2012 a 49,8, sotto di 0,3 rispetto a dicembre. Un dato superiore al 50 indica espansione, mentre al di sotto indica contrazione. Stessa performance anche per i servizi, che comunque si mantengono nella zona di crescita.
Liquidità e bolle speculative
Il pericolo è soprattutto la liquidità. Le province sono gravemente indebitate sin dal 2008 e si cerca di trovare un metodo per favorire le aziende. La Banca centrale cinese ha deciso di tagliare il coefficiente della riserva obbligatoria delle banche di 50 punti base proprio per dare più liquidità a sostegno delle imprese.
La banca centrale ha anche deciso di ridurre di ulteriori 50 punti per alcune banche commerciali, impegnate soprattutto verso alcuni settori strategici come l’agricoltura.
Si temono però bolle speculative. A provocarle potrebbero essere denaro non reale immesso nel mercato (si sta allargando lo scandalo di banche false e di sistemi finanziari malati) e un innalzamento dell’inflazione che rende il potere di acquisto basso.
Il dragone, ha bisogno di riforme strutturali importanti per normalizzare la sua economia. Si sta cercando di migliorare soprattutto l’accesso al mercato. Dopo alcune sperimentazioni di innovazioni economiche e finanziarie nell’area di libero scambio di Shanghai (aperta a settembre 2013), le autorità hanno ora deciso di estendere queste novità a tutto il paese.
Il governo ha ben chiaro che senza riforme strutturali l’economia cinese avrà sempre una parte malata, ma non può riformare di colpo. I tempi cinesi sono lunghi.
Nello del Gatto, dopo aver lavorato come giornalista di nera e giudiziaria nella provincia di Napoli seguendo i più importanti processi di camorra, si è dedicato agli Esteri. Nel 2003 era alla stampa della presidenza italiana del consiglio dell'Ue; poi 6 anni in India come corrispondente per l'Ansa e successivamente a Shanghai con lo stesso ruolo.
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