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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Per il medoto di ricerca ed analisi adottato

Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

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mercoledì 16 aprile 2014

Cina: Il problema inquinamento

Cina e ambiente
Se il fiume giallo diventa nero
Giuliano Crisanti
10/04/2014
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La Cina negli ultimi anni ha manifestato al mondo il suo enorme potere economico. Esistono tuttavia grandi problematiche interne che da tempo affliggono il vasto territorio cinese. Possiamo dunque considerarlo un paese in grado di guidare l’economia internazionale?

Falde acquifere cinesi inquinate
Pur detenendo il 40% delle risorse idriche mondiali, la Cina sta affrontando uno dei più grandi drammi ambientali per quanto riguarda la scarsità dell’acqua. Il problema non risiede nell’effettiva disponibilità dell’elemento, ma dal pesante inquinamento delle falde acquifere.

Due sono i fattori che alimentano tale fenomeno: la mancata tutela da parte delle autorità all’ecosistema e l’eccessivo sfruttamento dei depositi idrici nell’industria.

La Cina vanta infatti un’incredibile produzione energetica per mezzo delle numerose centrali a carbone presenti sul territorio. Questo enorme apparato produttivo ha reso possibile la grande spinta economica di Pechino negli ultimi anni, trascurando tuttavia gli effetti sull’ecosistema.

Queste grandi centrali energetiche, per poter restare attive, necessitano di spropositate quantità di acqua per il raffreddamento (circa 15 mila tonnellate l’anno per singola installazione); il governo cinese, ben consapevole di questo, ha programmato per il 2015, la costruzione di altre 450 nuove centrali a carbone.

Questo apparato industriale cinese, oltre a consumare notevoli quantità d’acqua, incide ulteriormente sul problema idrico aggravando le condizioni ambientali delle riserve stesse; i rifiuti industriali stanno inquinando le falde acquifere a livelli allarmanti, apportando danni persino all’agricoltura.

La Banca Asiatica dello Sviluppo, che ha studiato con cura l’andamento delle risorse idriche negli ultimi cinquant’anni, ha stimato come la disponibilità d’acqua pro capite in Cina sia diminuita del 60%, percentuale che nel 2025 potrebbe arrivare al 70%.

Il settore del carbone assorbe ben il 20% del consumo totale di acqua della Cina, mentre l’agricoltura prende un altro 62%. Il “popolo giallo” sussiste quasi esclusivamente di agricoltura; solamente negli ultimi anni sono subentrate le proteine nella dieta cinese, richiedendo maggiori apporti di liquidi all’organismo.

Altro dato allarmante è quello verificato dalla Commissione sanitaria di Pechino (istituita appositamente negli ultimi anni): il 90% delle acquee sotterranee è contaminato da rifiuti di depurazione e rifiuti industriali. Già nel 2010 in 183 città cinesi l’acqua era stata considerata imbevibile.

La ricchezza del fiume Giallo
I più grande corso d’acqua cinese, il Fiume Giallo (黄河 - Huáng He), è stato da sempre una benedizione per l’agricoltura del paese. Esso, cosi come tutti i suoi affluenti, irrigava e fertilizzava gli appezzamenti siti appositamente nei pressi dei suoi argini. Al giorno d’oggi, questo fenomeno di “esondazione benefica”, si sta rivelando nocivo alla produzione dei beni di primaria sussistenza, quali i cereali (la Cina è infatti primo produttore mondiale di grano e il secondo di mais).

Questo corso d’acqua viene chiamato Fiume Giallo non per caso: le sue acque sono infatti dense e limacciose, si tratta del fiume più fangoso del pianeta. Ogni tonnellata d’acqua porta infatti 40 chilogrammi di limo, il quale rende (o per meglio dire, rendeva) fertili i campi. Quello che un tempo fertilizzava le terre, ore le devasta, spargendo sui campi coltivati rifiuti industriali.

Il Fiume Giallo è il principale corso d’acqua cinese, lungo 5,464 chilometri, con una capacità media di 2,571 metri cubi al secondo; parliamo dunque di un titano dell’H2O, capace di fornire acqua a oltre 155 milioni di persone ed irrigare il 15% delle terre agricole cinesi. Il fiume nasce nella “regione dei mille laghi”, ma negli ultimi vent’anni oltre la metà di quei laghi è scomparsa.

Secondo fonti ufficiali del ministero dell’Agricoltura, “il Fiume Giallo ha sempre ospitato oltre 150 specie di pesci, ma un terzo sono ora estinte”. Ogni anno, fino a poco tempo fa, venivano pescate nel fiume 700 tonnellate di pesce; questa quantità è diminuita attualmente del 40%.

Sempre secondo questa fonte, sono gli impianti idroelettrici che hanno bloccato le vie di migrazione dei pesci, riducendo la portata dell’acqua, già aggravata dal costante inquinamento. Solamente sulle rive del Fiume Giallo e dello Yangtze (altro fiume importante, lungo circa 6.418 chilometri), sono siti 11 mila impianti chimici; queste installazioni, solamente nel 2005, hanno riversato 4,35 miliardi di tonnellate di scarichi idrici inquinanti.

Altro elemento che ha aggravato la condizione ambientale dei fiumi è stato il frequente cadere di piogge acide; nel 2005 solamente Pechino, ha registrato emissioni per 26 milioni di tonnellate di biossido di zolfo (Pechino è considerata attualmente una delle città più inquinate del mondo) Secondo dati ufficiali del Sepa (Amministrazione per la protezione ambientale dello stato, ogni anno si distruggono circa 13 milioni di tonnellate di prodotti agricoli contaminati da metalli.

I contadini nello Shandong
Caso eclatante quello dei contadini nello Shandong (provincia costiera situata lungo la regione più orientale della Repubblica popolare cinese), costretti a coltivare ed attingere acqua per uso personale da un fiume nero come la pece.

Le autorità non appaiono preoccupate di quanto stia accadendo nei pressi di Pechino, lungo il fiume Zhangweixin, dove i contadini sono costretti ad irrigare i campi con acqua fetida e coperta di schiuma. Questo fiume, nasce prima di Dexhou e percorre 460 chilometri fino a sfociare nel mare Bohai; è stato scientificamente accertato l’inquinamento all’80% di questo corso d’acqua.

Cai Wenxiao, vice direttore dell’Ufficio per la protezione ambientale a Dezhou, spiega che l’inquinamento del fiume Zhangweixin proviene soprattutto dalle province a monte, dove i cantieri e gli impianti chimici dello Henan, gettano rifiuti in affluenti del fiume. I residenti hanno protestato contro i governi locali, non solo senza ottenere alcun risultato o indennizzo, ma ricevendo minacce dai funzionari locali.

Questo evento, piccolo per quanto riguarda la sua rilevanza all’interno di un paese che rasenta il miliardo e mezzo di abitanti, mostra quanta attenzione dedichi il governo al problema della salute pubblica.

A conferma di quanto detto, Zhang Dexin, capo del dipartimento economico dell’università locale, osserva che il 75% della popolazione lavora nell’agricoltura, ma contribuisce solo per il 4,4% del Pil. Asserisce inoltre che al paese occorrono grandi impianti chimici ed energetici per far crescere l’economia e assorbire i lavoratori rurali, tollerando quindi un certo grado di inquinamento.

Giuliano Crisanti è economista presso l’Università Europea di Roma.
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