domenica 30 giugno 2024
giovedì 20 giugno 2024
domenica 9 giugno 2024
Antonio TRogu. I Paesi del Club dell'Atomo Pakistan
Per quanto riguarda il programma nucleare pakistano,
Islamabad ha avviato il suo programma di studi allo scopo di annullare il
divario militare con l'India. Nel periodo compreso tra gli anni ottanta e novanta, il Pakistan ha
condotto una serie di esperimenti nucleari atti a verificare l'affidabilità del
proprio apparato,e il 28 maggio 1998 ha portato a termine nel Belucistan il
primo test nucleare.
Pur
entrando a pieno titolo tra i Nuclear Weapon States, il Pakistan non ha
sottoscritto il Trattato di Non Proliferazione Nucleare, né risulta
firmatario del Comprehensive Nuclear Test Ban Treaty (CTBT).
Il
programma nucleare pakistano, inizialmente, era basato sull’utilizzo di uranio
altamente arricchito (HEU) come materiale fissile che, opportunamente trattato,
raggiungeva lo stadio di weapons grade, utilizzabile per scopi militari. Da
stime approssimative, la quantità di uranio e di plutonio già nel 2008 era
sufficiente per 80 dispositivi nucleari, il cui numero poteva crescere in
presenza di tecnologie più avanzate. Islamabad si è avvalsa in passato di
strumenti tecnologici di derivazione occidentale poiché unitamente all’assistenza sin dai primi anni ’70 fornita
dai cinesi al programma nucleare pakistano, ha acquisito il necessario know-how
in Europa, dove il responsabile del programma nucleare pakistano ha lavorato
presso l’Urenco, azienda specializzata nell’arricchimento dell’uranio con sedi
in Europa e Stati Uniti. La fitta rete di contatti internazionali nel frattempo
attivata si è rivelata poi utile per la vendita clandestina di tecnologia
e informazioni sui dispositivi nucleari anche alla Corea del Nord, all’Iran e
alla Libia. apporti tra Pakistan e India hanno rivestito e rivestono ancora
oggi un ruolo non marginale sulle rispettive dottrine nucleari e sulla corsa
agli armamenti atomici.
Islamabad
si è rifiutata di siglare il Trattato di Non Proliferazione Nucleare e il
Comprehensive Test Ban Treaty, chiedendo all’India di firmare per prima,
consapevole della superiorità militare del paese confinante, ma ha anche
respinto l’offerta indiana di un accordo bilaterale sull’adozione di una
politica strategica basata sul “No First Use”, proponendo il bilanciamento
delle forze in campo, convenzionali e non, di entrambi i Paesi. Le proposte e i
rilanci, di volta in volta avanzati dai due Paesi ma conclusi sempre con un
nulla di fatto, hanno indotto il Pakistan, anche nell’intento di sopperire alle
notevoli carenze delle sue forze convenzionali, all’adozione di una politica
strategica aggressiva fondata sul “first use”. Ma quale e’ stato il punto di
partenza della strategia nucleare pakistana? Il Pakistan, preoccupato
dall’indubbia superiorità convenzionale indiana e dalla sua ingerenza nelle sue
questioni interne, quali la secessione di suoi territori verso l’indipendenza
(il Bangladesh), ha avviato il programma nucleare, ritenendolo necessario per
la sua sopravvivenza. Il livello di allarme è cresciuto con i test nucleari
indiani del 1974, percepiti da Islamabad come espressione di un
incontestabile gap che andava colmato al più presto. Ancora nel 1974,
il Pakistan non disponeva di capacità autonome di produzione di combustibile
nucleare e di strutture tecnologicamente avanzate; l’unica risorsa era
rappresentata da uno sparuto manipolo di scienziati che avevano acquisito in
Occidente il know how utile per la realizzazione di uranio naturale
quale combustibile per un piccolo reattore nucleare ad acqua pesante,
sottoposto peraltro a regime di salvaguardia internazionale. Il Pakistan ha
effettuato sei test nucleari tra il 28
ed il 30 maggio ’98 in risposta alle cinque esplosioni nucleari effettuate dall’India tra l’11 ed il 13 maggio 1998.
La
politica nucleare di Islamabad, illustrata dal Primo Ministro Pakistano si
focalizza sulle capacità di risposta ad eventuali aggressioni attribuendo alla
militarizzazione nucleare indiana la responsabilità della reazione del
Pakistan. La strategia nucleare pakistana, dovendo rispondere ad un ampio
spettro di possibili minacce, prevede il ricorso agli armamenti nucleari anche
in caso di un attacco militare convenzionale, nell’intento di sopperire alla
debolezza strategica e al ridotto numero delle sue forze convenzionali. La
catena di comando e controllo che gestisce l’arsenale nucleare pakistano è
strettamente compartimentato: l’organizzazione consiste in un National Command
Authority (NCA), una Strategic Plans Division (SPD) ed uno Strategic
Forces Commands. Il National Command
Authority, istituito nel 2000, supervisiona tutte le organizzazioni, civili e
militari, coinvolte nella gestione dell’arsenale nucleare, comprese quelle che
effettuano attività di ricerca sugli armamenti nucleari. Il sistema prevede il
consenso all’interno del NCAper la decisione di uno strike nucleare e due,
massimo tre persone, che autenticano i codici di lancio per gli armamenti
nucleari. Risulta molto meno chiaro il sistema di comando e controllo quando un
eventuale attacco sul territorio pakistano si sia già verificato o si debba
garantire la sopravvivenza degli armamenti e consentire un secondo
strike. Il Governo pakistano ha affermato che, per incrementare la sicurezza,
le testate nucleari sono conservate separatamente dai vettori, con codici
diversi per ognuno di tali componenti. Il Pakistan possiede tre tipi di vettori
missilistici con capacità nucleari, l’Hatf III (Ghaznavi) con un range di
300/400km, l’Hatf IV (Shaheen) con capacità di trasporto strategico fino a 450
km e l’Hatf V (Ghauri) che raggiunge i 1500km. Islamabad sta sviluppando anche
l’Hatf VI (Shaheen 2) un MRBM a due stadi che, una volta operativo, sarà in
grado di raggiungere obiettivi situati a 2000km. Eventuali test missilistici,
in base all’Accordo concluso con l’India nell’ottobre 2005, verranno notificati
prima dell’effettuazione. Stime recenti, provenienti da fonti aperte, inducono
a ritenere che il Pakistan sia attualmente in possesso di un numero compreso
tra i 90 e i 110 dispositivi nucleari.