Produzione e sviluppo, proliferazione verticale e
orizzontale
Nel ventesimo secolo, Stati Uniti e Unione Sovietica intrapresero una corsa al
riarmo basata sulla produzione e sullo sviluppo di sempre più potenti armi
nucleari. Nell'immediato dopoguerra al termine della seconda
guerra mondiale,
gli Stati Uniti erano inferiori ai sovietici nel campo della missilistica a
medio raggio, ma recuperarono il divario tecnologico con il lavoro di
scienziati tedeschi sopravvissuti al collasso della Germania nazista. Di
contro, l'URSS indirizzò le forze della sua economia pianificata nella
direzione della corsa al riarmo e con lo sviluppo del missile SS-18 alla
fine degli anni settanta, raggiunse la supposta capacità
di sferrare un "primo attacco" agli occidentali con possibilità di
successo.
Al culmine della corsa agli
armamenti, a cavallo tra il 1960 e il 1970, Stati Uniti e Unione Sovietica arrivarono a spendere ciascuna
tra i 70 e gli 80 miliardi di dollari all'anno in armamenti. L'economia degli
Stati Uniti si rivelò la sola in grado di sostenere lo sforzo, non essendo
impegnata nella ricostruzione grazie alla sostanziale assenza di combattimenti
sul territorio metropolitano americano. Al contrario, l'Unione Sovietica, le
cui infrastrutture avevano subito estesi danni durante il conflitto, non era in
grado di reggere il confronto indefinitamente; in aggiunta uno sforzo economico
prolungato avrebbe ridotto la disponibilità di beni di consumo primari per i
suoi cittadini. Gli scompensi causati dalla competizione per la corsa agli
armamenti con gli Stati Uniti, crearono grossi problemi economici durante il
tentativo del leader sovietico Michail
Gorbaciov di
mettere in atto la sua idea di konversiya, la transizione verso
una economia
mista, e accelerò il
collasso dell'Unione Sovietica. Poiché le due superpotenze , piuttosto che seguire un
piano predeterminato si impegnavano meramente a competere l'una contro l'altra
nell'accumulare armamenti, entrambe presto raggiunsero una capacità di
distruzione enormemente superiore a quella necessaria per sconfiggere
l'avversario.
Accanto
alla proliferazione orizzontale, ossia all’ingresso di nuovi membri nel gruppo
nucleare, si parla anche di proliferazione verticale, cioè l’aumento e
l’ammodernamento degli arsenali. Oltre alle bombe A e H, sono state sviluppate
la bomba al neutrone (bomba N), che sprigiona la maggior parte della sua
energia sotto forma di radiazioni, e la bomba al cobalto (bomba gamma o G), in
cui, al momento dell’esplosione, i neutroni prodotti si uniscono al cobalto,
forte emettitore di raggi gamma. Sono state poi progettate le bombe sporche (o
armi radiologiche), costituite da materiale radioattivo non fissile (che quindi
non può esplodere) trattato in modo da essere molto volatile e associato a una
carica esplosiva per disperdere il materiale radioattivo nell'ambiente,
contaminando cose e persone. Accanto a queste è già in sperimentazione l’utilizzo
di bombe atomiche miniaturizzate, una nuova generazione di testate nucleari di
bassa potenza (low yield warheads o mini-nukes).
La proliferazione orizzontale di armi nucleari e, in
generale di distruzione di massa, identifica nel Terzo Mondo un “triplice” problema: 1)
rimette in discussione i rapporti di forza con l’Occidente; 2) pone armi
potenzialmente distruttive nelle mani di leader impreparati a controllarne la
gestione; 3) crea il
rischio di acquisizione di tali armi da parte di
organizzazioni terroristiche transnazionali che potrebbero utilizzarle,
eventualmente, contro i contingenti delle missioni internazionali, o anche per
attentati in grande stile nelle città occidentali. Del resto, soprattutto nelle
attuali “guerre asimmetriche” è sufficiente un ordigno nucleare “artigianale”
fatto esplodere nella metropolitana di una capitale europea , o in una città
degli Stati Uniti, per sortire effetti devastanti non solo dal punto di vista
materiale, ma anche, e soprattutto, dal punto di vista psicologico, con tutte
le conseguenze che ne derivano (vedi l’attentato nella metropolitana di Tokyo
nel ’95, con il gas nervino “sarin”).
In
tempi recenti una potente spinta al rafforzamento del regime di non
proliferazione è venuto dalle iniziative di disarmo delle potenze nucleari. La decisa
riduzione di enfasi sulle armi nucleari portata avanti da USA e Russia negli
anni 87-94, le iniziative di disarmo e i trattati relativi, il trattato (in
preparazione) sulla proibizione totale degli esperimenti nucleari [1]
sono tutti elementi che hanno contribuito e contribuiscono a diminuire il ruolo
delle armi nucleari nella politica internazionale. Infine il regime di non
proliferazione ha beneficiato dal fallimento o dal volontario abbandono di
alcuni tentativi di proliferazione. Il Sud Africa aveva costruito 6 bombe
rudimentali a fissione del tipo gun-assembly poi successivamente smantellate
mentre Brasile ed Argentina hanno abbandonato i loro progetti nucleari.
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