Lunedì 11 Aprile, i talebani hanno annunciato l’inizio della così detta offensiva di primavera, l’annuale ripresa delle attività di insorgenza coincidente con l’inizio della bella stagione. All'annuncio dell’operazione, quest’anno chiamata “Operazione Omari” in onore dello storico leader Mullah Omar, deceduto la scorsa estate, sono seguite le dichiarazioni del Ministero della Difesa che ha parlato di una pronta controffensiva da parte delle Forze di sicurezza afghane (ANSF), chiamata “Operazione Shafaq”, per cercare di arginare una minaccia che appare ormai sempre più pressante. Già nei giorni scorsi, come preludio dell’offensiva, i combattenti talebani avevano rivendicato due attenti a distanza di poche ore. A Jalalabad City (nella provincia di Nangarhar) una bomba su un bus dell’Esercito ha provocato la morte di 12 uomini e il ferimento di 38, mentre a Kabul un ordigno posato su strada è detonato al passaggio di un veicolo con personale del Ministero dell’Istruzione, uccidendo due persone e ferendone altre cinque. Mentre nel recente passato l’impraticabilità delle impervie vie di comunicazione interne aveva effettivamente rallentato l’avanzata dei miliziani ribelli nei mesi invernali, negli ultimi due anni i talebani hanno guadagnato un controllo talmente capillare del territorio da essere ormai in grado di mettere costantemente in seria difficoltà le autorità di Kabul e le ANSF.
Ad oggi, i talebani controllano o contestano alle Forze di sicurezza afghane circa 80 distretti su 400, non solo nelle tradizionali enclaves nel sud e nell'est del Paese, ma anche nelle regioni settentrionali, in passato storiche roccaforti delle forze di opposizione alla militanza. Oltre ai successi registrati questo inverno nella conquista della provincia meridionale dell’Helmand, i talebani hanno ormai rafforzato la propria presenza anche al nord, sia nella provincia di Kunduz sia in quella di Baghlan. In proposito, con la recente conquista di diverse basi militari e checkpoints a Dandghur (nei pressi del capoluogo di Baghlan), l’insorgenza sarebbe ora in grado di controllare importanti vie di comunicazioni verso il confine con il Tajikistan. L’attuale forza della militanza sembra essere confermata anche dalla recente scelta di numerosi comandanti, che momentaneamente avevano abbandonato la causa talebana per unirsi alla così detta branca Khorasan dello Stato Islamico, di tornare tra le fila dell’insorgenza. In un momento in cui le ANSF si dimostrano inadeguate nel rispondere ai problemi di sicurezza interna, il rinsaldamento del fronte talebano sembra destinato ad esacerbare ulteriormente la già profonda instabilità all’interno del Paese.
Fonte CESI Geopolitikal 214
Ad oggi, i talebani controllano o contestano alle Forze di sicurezza afghane circa 80 distretti su 400, non solo nelle tradizionali enclaves nel sud e nell'est del Paese, ma anche nelle regioni settentrionali, in passato storiche roccaforti delle forze di opposizione alla militanza. Oltre ai successi registrati questo inverno nella conquista della provincia meridionale dell’Helmand, i talebani hanno ormai rafforzato la propria presenza anche al nord, sia nella provincia di Kunduz sia in quella di Baghlan. In proposito, con la recente conquista di diverse basi militari e checkpoints a Dandghur (nei pressi del capoluogo di Baghlan), l’insorgenza sarebbe ora in grado di controllare importanti vie di comunicazioni verso il confine con il Tajikistan. L’attuale forza della militanza sembra essere confermata anche dalla recente scelta di numerosi comandanti, che momentaneamente avevano abbandonato la causa talebana per unirsi alla così detta branca Khorasan dello Stato Islamico, di tornare tra le fila dell’insorgenza. In un momento in cui le ANSF si dimostrano inadeguate nel rispondere ai problemi di sicurezza interna, il rinsaldamento del fronte talebano sembra destinato ad esacerbare ulteriormente la già profonda instabilità all’interno del Paese.
Fonte CESI Geopolitikal 214
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