Asia Elezioni in Giappone, un test ad Abenomics Mark W. Valentiner 12/12/2014 |
Abenomics a scrutinio degli elettori. Il primo ministro giapponese Shinzo Abe si appresta infatti ad affrontare il prossimo 14 dicembre le elezioni per il rinnovo anticipato della Camera bassa.
Le votazioni avvengono in un momento particolarmente difficile per l’economia del Sol Levante che sta vivendo una profonda crisi, in particolare dall’introduzione, lo scorso aprile, di un aumento dell’Iva dal 5 all’8% (si prevede un secondo aumento dall’8 al 10% per l’ottobre 2015).
La ricetta che fa declassare il Sol Levante
Questa manovra avrebbe dovuto arginare il debito pubblico del paese, il più alto a livello globale. Questo ha influenzato negativamente la capacità di spesa dei consumatori, trascinando l’economia nipponica in una curva discendente.
Gli ultimi dati non fanno che confermare tale trend: dopo il declassamento del paese da parte di Moody’s al rating di A1, l’8 dicembre il Pil del terzo trimestre è stato rivisto, al ribasso (-1,9%,).
Tale proiezione mostra quanto sia lontano un possibile recupero per l’economia, mettendo a nudo la fragilità dell’Abenomics, il cui punto di massima debolezza è l’incontro tra uno yen sempre più debole e i salari che non riescono a sostenere inflazione e l’aumento della pressione fiscale.
Solamente due anni fa, nelle elezioni del 2012, il programma del futuro premier prometteva il grande rilancio del paese, attraverso l’applicazione di tre misure fondamentali: un radicale allentamento monetario, maggiore spesa pubblica e riforme coraggiose.
Nelle intenzioni di Abe questa doveva essere la ricetta per risolvere per sempre il malessere economico del Giappone che, invece, si ritrova oggi in una recessione senza precedenti.
Abe chiama alle urne
Perché, quindi, il primo ministro ha deciso proprio ora per la chiamata alle urne? Anche se il suo governo ha una maggioranza rilevante, Abe sembra voler attuare una mossa strategica che ha come fine il consolidamento del suo potere, prima che la sua popolarità possa diminuire irrimediabilmente.
Il primo ministro spera che una vittoria possa conferirgli il mandato necessario per portare a compimento gli Abenomics.
C'è anche un altro motivo dietro la richiesta di nuove elezioni: Abe avrebbe la possibilità di affrontare in maniera diretta i propri avversari, non solo la debole opposizione del Partito Democratico del Giappone, ma, soprattutto i suoi veri oppositori: l’ala tradizionalista del suo partito.
Vari economisti liberaldemocratici spingono per l’attuazione dell’aumento delle tasse come da programma, per rimettere sotto controllo il galoppante debito nazionale. Temono infatti una crisi di fiducia dei mercati che impedirebbe al Giappone di vendere in futuro le proprie obbligazioni.
Abe invece è convinto che l’unica possibilità sia quella di stimolare l’economia, rinviando il secondo aumento delle tasse, in programma per il prossimo ottobre.
Rendendo l'aumento delle imposte l’argomento protagonista delle elezioni, il premier sta stringendo una morsa attorno ai propri oppositori interni che si trovano così davanti a un perentorio aut-aut: confermare la sua leadership oppure rischiare di dover affrontare non solo la crisi del paese, ma anche quella del partito.
Nonostante la partita sembri per il premier più dura del previsto, il leader liberaldemocratico può contare ancora su sondaggi favorevoli, sostenuti dallo slogan “non c’è alternativa all’Abenomics” e su un sostanziale appoggio da parte dei mercati finanziari.
Trans-Pacific Partnership
Se dovesse vincere le elezioni in modo definitivo e chiaro, per i prossimi quattro anni non dovranno più essere indette elezioni votazioni. Si aprirebbe la strada a un vero governo riformista.
Nel breve periodo, la speranza è riposta in un rilancio della competitività commerciale attraverso la Trans-Pacific Partnership (Tpp) per la quale Abe è determinato a spingere per un rapido accordo sui negoziati con gli Usa.
Ma le trattative devono confrontarsi con il veto imposto da particolari gruppi di pressione, in primis il settore agricolo che spesso impone il blocco dei colloqui commerciali.
La chiamata alle urne sembra quindi un’opportunità per utilizzare il sostegno pubblico come arma per silenziare ogni opposizione. La maggioranza della popolazione ritiene - come Abe - importanti le riforme strutturali. In pochi però sembrano disposti a mettersi in fila davanti ai seggi.
Solo un rinnovamento profondo del Giappone potrà, citando lo stesso Shinzo Abe, far diventare il paese “ancora una volta il centro del mondo e brillare".
Mark W. Valentiner è stagista di ricerca all'Istituto Affari Internazionali.
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La ricetta che fa declassare il Sol Levante
Questa manovra avrebbe dovuto arginare il debito pubblico del paese, il più alto a livello globale. Questo ha influenzato negativamente la capacità di spesa dei consumatori, trascinando l’economia nipponica in una curva discendente.
Gli ultimi dati non fanno che confermare tale trend: dopo il declassamento del paese da parte di Moody’s al rating di A1, l’8 dicembre il Pil del terzo trimestre è stato rivisto, al ribasso (-1,9%,).
Tale proiezione mostra quanto sia lontano un possibile recupero per l’economia, mettendo a nudo la fragilità dell’Abenomics, il cui punto di massima debolezza è l’incontro tra uno yen sempre più debole e i salari che non riescono a sostenere inflazione e l’aumento della pressione fiscale.
Solamente due anni fa, nelle elezioni del 2012, il programma del futuro premier prometteva il grande rilancio del paese, attraverso l’applicazione di tre misure fondamentali: un radicale allentamento monetario, maggiore spesa pubblica e riforme coraggiose.
Nelle intenzioni di Abe questa doveva essere la ricetta per risolvere per sempre il malessere economico del Giappone che, invece, si ritrova oggi in una recessione senza precedenti.
Abe chiama alle urne
Perché, quindi, il primo ministro ha deciso proprio ora per la chiamata alle urne? Anche se il suo governo ha una maggioranza rilevante, Abe sembra voler attuare una mossa strategica che ha come fine il consolidamento del suo potere, prima che la sua popolarità possa diminuire irrimediabilmente.
Il primo ministro spera che una vittoria possa conferirgli il mandato necessario per portare a compimento gli Abenomics.
C'è anche un altro motivo dietro la richiesta di nuove elezioni: Abe avrebbe la possibilità di affrontare in maniera diretta i propri avversari, non solo la debole opposizione del Partito Democratico del Giappone, ma, soprattutto i suoi veri oppositori: l’ala tradizionalista del suo partito.
Vari economisti liberaldemocratici spingono per l’attuazione dell’aumento delle tasse come da programma, per rimettere sotto controllo il galoppante debito nazionale. Temono infatti una crisi di fiducia dei mercati che impedirebbe al Giappone di vendere in futuro le proprie obbligazioni.
Abe invece è convinto che l’unica possibilità sia quella di stimolare l’economia, rinviando il secondo aumento delle tasse, in programma per il prossimo ottobre.
Rendendo l'aumento delle imposte l’argomento protagonista delle elezioni, il premier sta stringendo una morsa attorno ai propri oppositori interni che si trovano così davanti a un perentorio aut-aut: confermare la sua leadership oppure rischiare di dover affrontare non solo la crisi del paese, ma anche quella del partito.
Nonostante la partita sembri per il premier più dura del previsto, il leader liberaldemocratico può contare ancora su sondaggi favorevoli, sostenuti dallo slogan “non c’è alternativa all’Abenomics” e su un sostanziale appoggio da parte dei mercati finanziari.
Trans-Pacific Partnership
Se dovesse vincere le elezioni in modo definitivo e chiaro, per i prossimi quattro anni non dovranno più essere indette elezioni votazioni. Si aprirebbe la strada a un vero governo riformista.
Nel breve periodo, la speranza è riposta in un rilancio della competitività commerciale attraverso la Trans-Pacific Partnership (Tpp) per la quale Abe è determinato a spingere per un rapido accordo sui negoziati con gli Usa.
Ma le trattative devono confrontarsi con il veto imposto da particolari gruppi di pressione, in primis il settore agricolo che spesso impone il blocco dei colloqui commerciali.
La chiamata alle urne sembra quindi un’opportunità per utilizzare il sostegno pubblico come arma per silenziare ogni opposizione. La maggioranza della popolazione ritiene - come Abe - importanti le riforme strutturali. In pochi però sembrano disposti a mettersi in fila davanti ai seggi.
Solo un rinnovamento profondo del Giappone potrà, citando lo stesso Shinzo Abe, far diventare il paese “ancora una volta il centro del mondo e brillare".
Mark W. Valentiner è stagista di ricerca all'Istituto Affari Internazionali.
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