Asia

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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Per il medoto di ricerca ed analisi adottato

Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

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sabato 28 maggio 2011

Turchia Convegno Novembre 2011

La Società Geografica Italiana,

ha il piacere di inviarLe in allegato la call for papers per l'importante convegno internazionale che si terrà a Istanbul dal 22 al 25 novembre 2011, dal titolo Culturale Heritage - Istanbul 2011. Science and Technology for the Safeguard of Cultural Heritage in the Mediterranean Basin. La Società Geografica, infatti, all'interno dell'evento organizza e coordina una parte della Sessione dedicata ai Museums projects & benefits, che avrà come titolo Museums Projects among Tourism, Local Systems and International Networks for the Mediterranean Heritage. A Geographical Debate.
Si ricorda, come menzionato all'interno, che la scadenza per la presentazione degli abstract alla coordinatrice scientifica, prof.ssa Fiorella Dallari, è fissata al 20 giugno p.v. Nell'allegato, si troveranno tutte le specifiche del caso.

Nella speranza di aver fatto cosa gradita, si porgono cordiali saluti,

Simone Bozzato
Segretario generale della Società Geografica Italiana

mercoledì 4 maggio 2011

IRAN

L’Iran nella scacchiera internazionale: funzionalità al sistema o elemento deviante?

Maurizio Cocianch


1. Premessa

Il ruolo del processo democratico interno all’Iran è una chiave di lettura di centrale importanza per l’analisi e la pianificazione della politica estera di molti importanti attori dello scenario internazionale.

Gli Stati Uniti, Israele, l’Unione Europea, la Cina e la Russia sono coinvolti in un processo a diversi livelli che si prefigge come obiettivo il blocco della proliferazione nucleare a fini bellici in Iran. La complessità del proposito si evidenzia nella difficoltà che si incontra nel trovare un accordo strategico che possa permettere all’Iran di ottenere i suoi obiettivi strategici ed alle potenze occidentali di evitare una deviazione dal Trattato di Non Proliferazione. Il mancato rispetto da parte dell’Iran del TNP andrebbe sicuramente a significare la proliferazione di armi nucleari.

Gli interessi in gioco dei diversi attori coinvolti sono molteplici. La Russia, l’India e la Cina hanno goduto in modo diverso di questa instabilità andando a rafforzare la loro posizione energetica a livello globale ed assicurandosi rapporti privilegiati con la seconda riserva mondiale di gas ed uno dei più grossi produttori di petrolio del pianeta. Gli Stati Uniti manifestano un maggiore interesse nella stabilità regionale e nella tutela del TNP. Israele mantiene le distanze in quanto si sente minacciato direttamente dall’Iran nucleare. L’Europa non unita vuole affermarsi come attore globale mediate la risoluzione della crisi. Sul tavolo ci sono troppi attori e l’unico che beneficia di questa situazione è il regime iraniano che può sfruttare l’incertezza nella mediazione e le diverse posizioni dei mediatori.

Una cosa è sicura, la deviazione dell’Iran dalle disposizioni dal TNP comporterebbe ulteriori tensioni nel quadrante mediorientale, che potrebbero sfociare anche in azioni militari dirette verso gli impianti di arricchimento dell’uranio localizzati sul territorio iraniano e nel suo sottosuolo.

L’azione militare sarebbe un fallimento per tutti. Il processo di cambiamento interno subirebbe un arresto immediato a fronte di un compattamento sulle posizioni di regime. L’instabilità nel quadrante sarebbe alimentata dal nazionalismo iraniano e nello scenario in cui si entrerebbe le soluzioni sarebbero ancora più complesse e dolorose.

La comprensione delle modalità evolutive della società iraniana diventa sempre più importante in un contesto dove il compromesso sembra sempre più difficile.





2. Il rafforzamento della democrazia e l’inserimento nei processi di globalizzazione: una soluzione possibile

Le evoluzioni interne alla Repubblica islamica andranno ad influenzare pesantemente lo scenario internazionale. Si può prevedere che l’orientamento di politica internazionale dell’Iran andrà a modificarsi nel medio periodo in quanto la maggioranza della popolazione, composta da giovani con meno di trent’anni, manifesta una forte insoddisfazione nei confronti dello Stato e delle istituzioni. Questa insoddisfazione e la mancanza di libertà potrebbero portare ad un soft regime change, e, quindi, all’avvicinamento dell’Iran alla comunità internazionale ed alle sue regole.

L’Iran è pervaso da un forte nazionalismo e le metodologie di approccio che hanno gli altri Stati nel processo di mediazione ne dovrebbero tener debitamente conto. Inoltre, la popolazione ha un’accentuata sensibilità verso gli stimoli esterni e le pressioni mediatiche a cui viene sottoposta. Per questa ragione le azioni intraprese nel processo di mediazione devono essere calibrate in modo da non alimentare il fuoco della Repubblica islamica, permettendo all’attuale regime di mantenersi in vita mediante la strumentalizzazione della percezione di pericolo esterno e della volontà di potenza regionale.

In questo momento si sta assistendo chiaramente ad un processo di rivoluzione sociale. Una tipologia di rivoluzione sicuramente con effetti a lungo termine, che è caratterizzata dall’apparente immobilità ma che a seguito di stress esterni potrebbe accelerare, o deviare, il suo processo. Questa lentezza nel cambiamento è frustrante soprattutto per la giovane popolazione iraniana, in quanto il bisogno di cambiamenti viene avvertito ma vi è al contempo il forte nazionalismo che mantiene la situazione stabile.

Il processo di globalizzazione alimenta in modo diretto il processo di cambiamento all’interno della Repubblica islamica. Questo processo risente delle azioni della comunità internazionale e può essere sicuramente accelerato e “guidato” dai Paesi interessati alla stabilità nella regione mediorientale. Diverse sono le tipologie di azioni intraprese per alimentare il processo di cambiamento all’interno dell’Iran, soprattutto da parte degli Stati Uniti. Anche non disponendo dello strumento diplomatico, gli USA sono attivamente coinvolti in processi mediatici e di finanziamento delle opposizioni all’interno del Paese. Si corre il rischio che delle azioni troppo spinte possano influenzare negativamente l’opinione pubblica e produrre effetti indesiderati. Data la composizione della popolazione e la potenzialità economica dell’Iran si dovrebbe agire sul medio periodo, andando ad implementare azioni informative e di sussidio verso i giovani in modo che questi diventino sempre più partecipi del processo di globalizzazione culturale e quindi riuscire a far loro condividere i valori basilari delle nostre democrazie, come la uguaglianza e la libertà.

1.1 Conflittualità esplicita con gli Stati Uniti

La difficoltà di rapporti esistente tra Stati Uniti ed Iran è cosa nota. Da entrambe le parti non vi sono segnali, o sono molto deboli, che permettano di stabilire quando potrà riprendere un rapporto diplomatico e commerciale tra i due Paesi.

Da parte dell’Iran, o meglio dalla parte integralista della popolazione, gli Stati Uniti incarnano il concetto di “Grande Satana”. I principi occidentali sono visti come pericolosi per il mondo islamico e per il Paese, il materialismo e la corruzione sono nemici da combattere. Le manifestazioni nei confronti del nemico statunitense sono frequenti ma, seguendo un approccio realista, non sembra possibile che l’Iran adotti una politica aggressiva verso gli Stati Uniti. I decisori politici, e Khamenei in particolare, sono consci delle ripercussioni che il suo Paese subirebbe in caso di aggressività.

Da parte statunitense sono stati numerosi i segnali che hanno permesso di comprendere l’atteggiamento del presidente Bush nei confronti dell’Iran. Fin dal discorso d’inaugurazione dei suoi quattro anni di presidenza ha inserito l’Iran nell’”asse del male” assieme all’Iraq ed alla Corea del Nord.

Vari sono stati i richiami al ruolo della Repubblica islamica nel sostegno al terrorismo e alla sua volontà di sviluppare programmi missilistici e nucleari, corroborati dalla notizia che l’Ucraina ha venduto all’Iran 12 missili Cruise destinati al trasporto di testate nucleari con portata di 3000 chilometri . Questi missili sarebbero in grado di colpire obiettivi strategici per l’Iran come ad esempio Israele.

Come molti analisti rilevano da parte americana si rischia di avere una conoscenza approssimativa della realtà politica interna all’Iran, e si correre il rischio d’interpretazioni non precise della reale situazione. Questa mancanza d’informazioni e di filtri empatici è data principalmente dalla mancanza di rapporti diplomatici e commerciali tra i due Paesi. Le percezioni sono mediate da seconde o terze parti che non fanno altro che alimentare i pregiudizi già esistenti .

Se non fosse per la posizione geopolitica del Paese e per la scarsa fiducia che nutrono gli Stati Uniti nei confronti del suo governo teocratico la posizione dell’Iran non dovrebbe destare alcuna preoccupazione.

L’Iran però si trova al confine con un Iraq non stabile ed in una regione dove la tensione tra Israele e Palestina è ancora al livello di guardia. Dopo l’elezione di Hamas le problematiche sembra si stiano accentuando anche a causa degli attacchi mirati che Israele continua a portare a termine contro i vertici dell’organizzazione palestinese ora al potere.

Israele non è un Paese riconosciuto dalla Repubblica Islamica e più volte si è manifestato, perlopiù sotto forma di slogan politico, la volontà di “cancellarlo dalle carte geografiche”. Tesi avvalorata dalle dichiarazioni di un alto funzionario che ha detto: “noi non useremo mai armi nucleari contro stati membri dell’Onu. La frase, posso assicurare, non è stata scelta a caso. Avremmo potuto dire “contro altri stati”. Così dal momento che l’Iran non riconosce l’entità sionista come uno stato, Israele sarebbe rimasto fuori da questa solenne promessa. Invece non l’abbiamo fatto. Devo aggiungere altro?” .

Gli Stati Uniti provano nei confronti dell’Iran una sensazione di pericolo e di incertezza e, come più volte manifestato dallo stesso Presidente Bush, non si escluse che gli stessi possano intervenire militarmente se il processo diplomatico e le sanzioni economiche dovessero fallire.

La richiesta di stanziamenti al Congresso da parte del Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld per un ordigno nucleare a speciale penetrazione, adatto alla distruzione di impianti e basi sotterranee, lascia presagire la preparazione ad un eventuale attacco preventivo alle facilities nucleari nascoste, che gli americani presumono esistere .

In tutti i casi il governo americano sta studiando le possibili modalità di intervento per “facilitare” un cambio di governo a Teheran.

Anche Israele ha più volte fatto intendere che un attacco preventivo alle strutture nucleari è possibile, una possibilità che è ancora più evidente dopo l’acquisto da parte israeliana di 6 bombe convenzionali con forte potere di penetrazione ed alcune migliaia di bombe da aereo ad alta precisione .

Risulta ben noto che ci sono movimenti, anche se limitati, all’interno di Israele e Stati Uniti a favore di un attacco preventivo nei confronti dell’Iran nel caso in cui le poco efficaci, sempre secondo queste correnti di pensiero, politiche diplomatiche europee non andassero a buon fine .

1.2 L’intesa a tre europea ed il ruolo dell’Italia

L’Italia nel tavolo delle trattative tra Iran ed Europa per quanto riguarda la questione nucleare risulta assente, e non per sua volontà. Nonostante gli interessi economici e geopolitici che la nostra nazione possiede nei confronti dell’Iran è stata esclusa dal gruppo leader, un Direttorio a tre composto da Francia, Gran Bretagna e Germania. Questo può essere considerato un vero e proprio “declassamento” dell’Italia nello scenario politico europeo .

Il Direttorio europeo, o come più diffusamente chiamato in gergo diplomatico EU 3 o UE 3, si è manifestato per la seconda volta con la missione nell’ottobre 2003 da parte dei Ministri degli Esteri Dominique de Villepin, Joschka Fischer e Jack Straw a Teheran per l’inizio dei negoziati che li vedrà impegnati nel tentativo di frenare le ambizioni nucleari iraniane.

La volontà di avere un programma nucleare, dichiaratamente per scopi civili, crea forti preoccupazioni in seno agli Stati Uniti, all’Unione Europea ed all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), organismo facente parte delle Nazioni Unite.

Il gruppo EU 3 si è proposto di intervenire direttamente tramite un approccio diplomatico per attuare un’intermediazione tra la volontà e gli interessi europei e statunitensi e le legittime rivendicazioni nucleari iraniane.

L’Iran è un firmatario del trattato TNP, il che gli consente l’attuazione di una legittima politica nucleare per fini civili, che comprende anche il processo di arricchimento dell’uranio.

Altri incontri, però a livello diplomatico, sono seguiti a quelli dell’ottobre 2003 a Teheran. Nel luglio e nel settembre 2004 la Francia, la Gran Bretagna e la Germania hanno cercato di imporre gli accordi stipulati nel precedente incontro.

L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea Javier Solana ha partecipato all’incontro successivo tenutosi nel novembre 2004 a Parigi, legittimando in un certo qual modo il gruppo d’intervento EU 3.

Alla fine di questi incontri è stata presentata all’AIEA una proposta di accordo con l’Iran che prevedeva la sospensione temporanea dell’arricchimento dell’uranio tramite impianti di centrifugazione. Questo accordo ha bloccato il deferimento da parte dell’AIEA al Consiglio di sicurezza dell’ONU della politica nucleare iraniana, come più volte sollecitato dagli Stati Uniti. In questo caso sarebbe in ogni modo stato probabile il veto da parte della Cina e della Russia, visti i loro interessi diretti dal punto di vista energetico e strategico, per le eventuali sanzioni economiche.

Naturalmente l’Iran pretende delle contropartite reali da parte europea , e non solo, per la sua collaborazione in campo della non proliferazione. A maggior ragione del fatto che può rivendicare la piena legittimità del processo di arricchimento dell’uranio secondo i trattati TNP. La discussione su queste contropartite è iniziata a Parigi il 12 dicembre 2004 tra i Ministri degli Esteri del Direttorio.

Grazie alla sospensione temporanea delle sue attività di arricchimento l’Iran ha ottenuto l’inizio da parte della Commissione europea delle trattative per un accordo di commercio e di cooperazione.

Gli Stati Uniti si sono resi disponibili a mettere a disposizione degli incentivi economici in cambio della rinuncia dell’Iran al suo programma nucleare, dimostrando il supporto, almeno a parole, all’intervento diplomatico europeo. La contropartita chiesta dagli americani all’EU 3 è stato l’impegno di deferire l’Iran al Consiglio di Sicurezza se Teheran dovesse continuare ad opporsi alla rinuncia totale dell’arricchimento dell’uranio.

1.3 Il ruolo di Mosca

Un attore che potrebbe avere un ruolo cruciale nella partita tra Occidente ed Iran è sicuramente la Russia.

Gli interessi economici e strategici che la legano al più importante Paese del Medio Oriente sono molteplici, vanno dal petrolio agli accordi energetici. Una commistione che potrebbe agevolare l’adeguamento della politica nucleare iraniana ai requisiti richiesti dagli Stati Uniti e dall’Europa per abbassare la soglia di rischio percepita in questo momento.

Gli atteggiamenti di Mosca rimangono comunque ambigui. Dalle dichiarazioni di Putin dopo l’incontro con Bush a Bratislava il 24 febbraio 2004 si è inteso che la Russia fosse allineata con le vedute statunitensi per quanto riguarda la proliferazione di armi nucleari. Ma al contempo è chiaro che non crede possibile, o intende farlo capire, che l’Iran possa sviluppare tecnologie nucleari militari dall’esperienza nucleare civile. La costruzione di una centrale nucleare per la produzione elettrica, che sarà operativa nel 2006, non viene ritenuta prodromo di una proliferazione successiva. Nella costruzione della centrale la Russia è uno dei maggiori interessati, in quanto fornisce sia la tecnologia che presumibilmente, se il processo di arricchimento dell’uranio verrà bloccato, anche il combustibile fissile.

Questa collaborazione economica è stata sancita anche da un discorso di Putin a seguito di un incontro con il Capo del Consiglio di Sicurezza iraniano Rowani, avvenuto nel febbraio 2005, dove ha dichiarato esplicitamente: “Le recenti iniziative di Teheran ci hanno convinto che l’Iran non ha intenzione di produrre l’arma atomica. Su questa base proseguiremo la cooperazione bilaterale in tutti i settori, compreso quello dell’energia nucleare” .





1.4 I difficili rapporti di “vicinato” con Israele

Dopo che il 26 ottobre 2005 il neopresidente Mahmud Ahmadi-Nejad ha pronunciato ad un congresso dedicato al sionismo la frase che “Israele va cancellato dalla carta geografica” il mondo si è ricordato che tra Israele ed Iran esiste una conflittualità radicata.

Il rapporto di tensione tra Israele e l’Iran ha raggiunto oggi il suo apice e vi è un reale rischio per gli equilibri della regione derivante dalla possibili evoluzioni di questa difficile “vicinanza” tra una potenza nucleare, o presunta tale, ed una con un processo nucleare in elaborazione.

Israele innanzi tutto non è riconosciuto come Stato legittimo da parte della Repubblica Islamica, e non sono nuove dichiarazioni di questo tipo nei confronti dello Stato ebraico. L’ayatollah Khomeini ha iniziato ad utilizzare questa dialettica di tensione fin dal 1979, riconoscendo in Israele un nemico, più virtuale che reale, da combattere e per cui coalizzare le forze sociali interne.

Ma il sentimento anti-sionista era già presente nella popolazione iraniana durante il periodo dello scià. Attualmente la percezione di questo problema da parte della popolazione sta cambiando. Il cittadino medio solidarizza ancora con il popolo palestinese ma non crede sia più il caso di avere un coinvolgimento diretto dell’Iran nel conflitto come avveniva in passato .

Non pochi problemi crea questo mancato riconoscimento di Israele e, soprattutto, il supporto ad organizzazioni terroristiche operanti in Palestina per la liberazione dall’”invasore” ebraico. Le formazioni terroristiche appartenenti alla jihad, come Hezbollah, hanno da sempre fatto riferimento per quanto riguarda la formazione ed il finanziamento all’Iran. Finché non ci sarà un riconoscimento di Israele sicuramente il processo di pace con i palestinesi sarà più difficile.

Lo Stato israeliano si sente fortemente minacciato dalla volontà di potenza nucleare dell’Iran e dall’implementazione di sistemi d’arma missilistici in grado di colpire il suo territorio . In varie occasioni, e l’ultima il 5 dicembre 2005, Israele si è dichiarato favorevole ad un attacco preventivo su Teheran e le sue centrali nucleari.

La volontà espressa di costruire un secondo impianto nucleare ha nuovamente posto la questione di un attacco preventivo, una posizione che è stata espressa anche dall’ex primo ministro Benjamin Netaniahu .

Dopo il crollo del regime iracheno l’Iran ed Israele si sono ritrovati nella posizione di uniche potenze regionali, in concorrenza tra loro per ottenere la leadership. Comunque, Israele non è disposta ad attuare una politica di equilibrio di potenza con Teheran, e quindi è probabile un attacco preventivo per evitare la costruzione di assetti nucleari. Non è pensabile che la situazione si risolva tramite rapporti diplomatici diretti, l’unica soluzione prospettabile è tramite la mediazione dell’EU 3 o di Mosca per il raggiungimento di un equilibrio.

2 SCENARI POSSIBILI

2.1 Proliferazione senza attacco

Uno dei tre scenari che si ritiene più probabili è quello dove l’Iran riesce a perseguire una politica di proliferazione delle armi nucleari senza subire attacchi alle infrastrutture atte alla produzione degli armamenti o del combustibile fissile.

Non è ipotizzabile che l’Iran dichiari apertamente la volontà di perseguire tali politiche. E’ invece molto probabile che segua l’esempio di Paesi come l’India ed il Pakistan, che sono arrivati all’arma nucleare senza dichiararlo esplicitamente ma facendolo percepire solo attraverso i test nucleari effettuati alla fine degli anni ’90.

Per perseguire la costruzione di armamenti nucleari l’Iran non potrebbe dare l’accesso all’AIEA per i controlli sulle centrali e sulle basi dedicate. Si creerebbe una conflittualità con questo organismo internazionale che farebbe immediatamente risaltare la volontà, anche se non esplicitata, di costruire armamenti nucleari.

In questa tipologia di scenario si immagina che Israele non attacchi l’Iran in quanto valuti questo attacco pericoloso per la radioattività emessa nella regione e per l’inefficacia dello stesso.

Questo tipo di scenario è quello meno probabile, anche alla luce delle ultime dichiarazioni di Israele e dalle reazioni passate a volontà di proliferazione in Iraq.

Se però questo si avverasse, per l’Iran sarebbe una vittoria strategica in quanto riuscirebbe a far parte del “club nucleare” aumentando la percezione di sicurezza e creando un fattore aggregante a sostegno dell’attuale governo, che sarebbe visto dalla popolazione come forte a livello internazionale.

2.2 Proliferazione con attacco israeliano

Questo scenario acquista consistenza in questo periodo grazie alle dichiarazioni fatte dal governo israeliano di voler “prevenire” una proliferazione nucleare iraniana. Questa risulta essere una minaccia credibile ed il comportamento dell’Iran sembra non valutarla in modo troppo negativo. Infatti ci sono state dichiarazioni di voler perseguire la politica nucleare civile con la costruzione di una seconda centrale attiva dopo Bushehr entro il 2006. Contemporaneamente si è però cercato di riattivare il processo di mediazione europeo per creare una sorta di bilanciamento dei rischi. La tensione che si sta creando però potrebbe essere eccessiva per la sensibilità israeliana, che potrebbe non tener conto del processo di mediazione ed attaccare comunque.

Un attacco israeliano potrebbe avere un effetto positivo per il governo iraniano in quanto prenderebbe ancora più consistenza la figura del nemico, necessaria per ottenere il supporto popolare, e quindi il “sacrificio”, al perseguimento della politica nucleare bellica. Questa verrebbe fatta percepire come indispensabile alla sicurezza del Paese e quindi un sacrificio economico maggior da parte della popolazione verrebbe accettato.

Non è prospettabile che si blocchi la volontà di perseguire l’arma nucleare in quanto le basi a disposizione per le ricerche sono difficilmente individuabili ed il programma di ricerca è già in stato avanzato.

Un attacco israeliano avrebbe un effetto negativo sull’equilibrio mediorientale e sul processo di democratizzazione iraniano. Si darebbe consistenza e legittimità al governo attuale, bloccando tutte le correnti democratiche.



2.3 Non proliferazione grazie alla mediazione del gruppo EU 3 supportato da Mosca

La soluzione che prevede la mediazione del “Direttorio” europeo, supportato ed in coordinazione con la Russia, è la soluzione che si ritiene possa portare ai migliori risultati per quanto concerne la transizione democratica iraniana ed il processo di stabilità.

Probabilmente anche dopo adeguati incentivi economici e l’accettazione formale di un accordo di non proliferazione l’Iran potrebbe perseguire comunque la volontà nucleare.

Il vantaggio sarebbe duplice, innanzitutto godrebbe dei forti incentivi economici che l’Europa e la Russia sono disposti a mettere a disposizione per la stabilità, poi l’Iran riuscirebbe comunque a raggiungere lo status di potenza regionale. La violazione degli accordi e quindi la devianza è difficilmente controllabile, sono necessari strumenti di incentivazione e di controllo molto complessi e condivisi con il governo iraniano.

Anche in questo scenario la posizione del governo sarebbe vincente, le sanzioni alle quali potrebbe venir sottoposto dopo l’accertamento del possesso delle armi nucleari sarebbe insufficiente e senza possibilità di poter modificare la situazione in essere.

Oltretutto le sanzioni potrebbero avere effetti degenerativi per il mercato petrolifero e quindi anche per l’Occidente ed i Pesi consumatori, un’arma a doppio taglio con la quale non si vuole rischiare.

CONCLUSIONI

Con la volontà da parte dell’Iran di acquisire armamenti nucleari, la possibilità di un attacco da parte di Israele o da parte degli Stati Uniti, dotati di maggiori capacità tecnologiche, appare meno remoto. Soprattutto se il processo di mediazione dovesse fallire e quindi non si riuscisse, mediante incentivi economici e di sicurezza, ad incanalare l’Iran verso un processo di non proliferazione, anche all’interno di uno sviluppo di tecnologie nucleari civili per la produzione di energia. Quest’opzione non avrà risultati benefici sulla situazione nel suo complesso.

Un’intromissione di Israele, o degli Stati Uniti, nelle questioni interne iraniane non farebbe altro che innescare un processo degenerativo all’interno della società persiana. Lo spirito nazionalista, che è già molto alto, diventerebbe lo strumento utilizzato dal regime per una coesione nei confronti delle sue politiche e gli permetterebbe di aumentare il grado di sacrificio richiesto alla popolazione in termini di benessere economico e di libertà. L’attacco non fermerebbe la volontà di perseguire un “interesse nazionale prioritario” che verrebbe visto dalla popolazione come necessario per proteggersi dagli “invasori”. Il primo attacco innesterebbe un circolo vizioso dal quale non sarebbe facile uscire, se non attraverso una guerra guerreggiata, esattamente quello che il popolo iraniano non vuole.

Sperando che questo attacco non ci sia, altre potrebbero essere le soluzioni che le democrazie coinvolte potrebbero adottare per diminuire la percezione di rischio che l’Iran suscita.

Innanzitutto la mediazione diplomatica dell’Europa è necessaria. Non si vuole dare all’Europa una centralità assoluta, dimenticando il ruolo degli Stati Uniti, ma nel caso in questione sembra evidente che, assieme alla Russia, è l’unico soggetto che può mettere sul tavolo incentivi credibili per portare alla modificazione delle politiche di proliferazione nucleare. L’Europa viene vista dall’Iran come un soggetto credibile ed in grado di offrire, essendo un fondamentale partner commerciale, vantaggi economici di un certo rilievo. Comunque, l’Europa per assumere maggiore credibilità dovrebbe agire congiunta, attraverso i suoi organi istituzionali, e non attraverso la “rappresentanza” di solo tre Paesi. Se però questo non fosse possibile per divergenza di vedute interne, la trattativa di EU 3 dovrebbe continuare, magari con l’inserimento dell’Italia, dati i traffici di assoluto rilievo che ha con la Repubblica Islamica.

La Russia ha una forte influenza sull’Iran, per questo dovrebbe agire in modo coordinato con l’EU 3 o in futuro con l’Unione Europea nel suo complesso. Il suo aiuto all’Iran nello sviluppo delle tecnologie nucleari civili dovrebbe al contempo garantire la non proliferazione di armi. Questo probabilmente potrebbe essere fatto attraverso l’accentramento dei processi di arricchimento sul suo territorio, sempre sotto il forte controllo dell’AIEA.

Il processo più importante che dovrebbe essere facilitato, e che sicuramente darebbe i migliori risultati, è il cambiamento dall’interno. Questo non inteso come il favoreggiamento di una nuova rivoluzione, ma come la facilitazione di un cambiamento sociale che potrebbe permettere, anche a medio termine, una modificazione dell’assetto istituzionale innanzitutto della Repubblica Islamica per poi arrivare alla democrazia.

Quest’obiettivo potrebbe essere raggiunto attraverso l’intervento umanitario “non invasivo” sul territorio iraniano nel momento del bisogno, come durante i fenomeni sismici, per poi arrivare alla diffusione dei media occidentali. Tutti i Paesi, anche gli Stati Uniti, potrebbero adottare una politica di questo tipo per avvicinare l’Iran alla democrazia.

L’importanza della circolazione delle persone non deve essere trascurata, gli iraniani che vanno all’estero per apprendere e che poi tornano in patria sono dei “cavalli di Troia” della democrazia. Gli studenti in primis dovrebbero avere la possibilità di studiare negli Stati Uniti, la loro meta preferita, per poi tornare in Iran con nuove idee e voglia di cambiamento.

Il popolo iraniano è pronto per forti cambiamenti, ora spetta alle “democrazie occidentali” capire come utilizzare l’onda della globalizzazione per cambiare in modo non traumatico il regime istituzionale di un Paese.

BIBLIOGRAFIA

Articoli

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- Trita PARSI, Gerusalemme e Teheran non sono nemici naturali, Limes “L’Iran tra maschera e volto”, n:5/2005, Gruppo editoriale L’Espresso

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Siti internet

http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/2/3687_1